La strada dei miracoli consacra “Papa Francesco” Facchinetti. Con tanta fede nel suo business
Francesco Facchinetti poteva diventare il primo vero Papa Francesco: lo ha svelato a La strada dei miracoli di Safiria Leccese su Rete4
E’ un Francesco Facchinetti sottratto al cazzeggio del web e trasfigurato in un’aura di santità quello che è andato ospite a La strada dei miracoli. Safiria Leccese ha, aperto, infatti le porte del suo trash-santuario catodico alla vacua parlantina dell’ex giudice di The Voice (che le ha regalato una rosa immacolata), giustificando ogni suo fallimento televisivo come momento di redenzione mistica. E, facendone, alla fine un martire dello spettacolo.
Innanzitutto abbiamo scoperto, dopo tanti anni, che il tormentone di Dj Francesco ha una genesi terapeutica:
“Io ho visto il mondo da un occhio solo per 10 anni. Ho visto il mondo dal tampone oculare per dieci anni. Per allenare la vista dovevo mettere il tampone da dove ci vedevo. Avevo l’occhio pigro, per questo mi sono affezionato al Capitan Uncino”
Per il resto il giovane figlio dei Pooh, di cui Rete4 ha proposto una serie di rvm per il suo ottuagenario pubblico, ha rivelato che da piccolo puntava direttamente alla Santa Sede:
“A sei anni dicevo che da grande volevo fare o il contadino, perché dalla terra nasce tutto, o il Papa. Volevo diventare Papa Francesco. Lui fa la cosa stupenda di guardare negli occhi e di toccare le persone, è molto fisico”.
Tutto merito di sua madre, che lo ha spinto sin da piccolo a fare volontariato:
“Io ho avuto la possibilità di vivere tanto la mia vita grazie ai miei genitori. Mia madre mi ha sempre lasciato le porte aperte per provare ogni emozione immaginabile. Mi ha insegnato ad avere fede, serve molto avere in casa qualcuno che ti dia quest’educazione. All’età di 11-12 anni mia madre ha detto di non voler passare il Natale con me. Ha detto ‘o è Natale tutti i giorni, o non è Natale mai. Te lo voglio dimostrare facendo un’altra cosa’. E’ andata a gestire una comunità. Non ho sofferto perché mi aveva lasciar solo, ma siccome sono sempre stato uno curioso e abituato ad avere i miei in giro per il mondo, subito dopo Natale, verso gennaio-febbraio, mia mamma mi ha portato in questa comunità piena di ‘barboni’. Era l’inizio degli anni Novanta, c’erano anche molti malati di AIDS. Ho toccato con mano quella che è la fede e non avevo paura dopo aver conosciuto il Frate che dirigeva la comunità. A 12 anni, anziché giocare a campetto, ho imparato ad amare l’uomo”.
Il pellegrinaggio spirituale sulle orme di Padre Pio ha fatto il resto:
“A San Giovanni Rotondo ho percepito il bene e il male, ovvero che poteva esserci anche una forza negativa. Carpivo il male come senso fisico. Io e il frate della comunità eravamo in giro di notte. Ho sentito una forza negativa. Lui mi ha detto che se sentivo il male in questo posto c’era tanto bene. O bisogna passare momenti difficoltosi per sentire la felicità oppure, se c’è tanta felicità, si sente comunque una forza detrattrice. In quel caso mi è successo di toccare con mano cosa fosse una forza molto forte”.
Il tutto remixato con aneddoti semiseri:
“Ho spento il generatore dei Pooh su Piccola Ketty quando si sono riuniti. mio padre doveva dire no all’idea di fare un pezzo con me a Sanremo”.
Immancabile il momento manifesto anti-droga:
“Quando ho visto a 15 anni – ero un punk con la cresta – un ragazzo che aveva preso un solo acido nella sua vita e si era ridotto malissimo ho capito che tutta quella roba non valeva un grammo della mia adrenalina. Anche se sembro così interattivo penso che bisogna amare se stessi e non pensare che con altre cose puoi essere migliore di quello che sei. Sei da solo quando prendi queste cose. Mia madre mi ha fatto toccare con mano, lasciato vivere, mi ha indirizzato verso dei muri senza che mi rompessi del tutto”.
Ecco che Facchinetti ha spacciato la sua svolta professionale per una libera scelta, quasi che a un certo punto abbia detto lui no alla tv e non il contrario (dopo il flop colossale di Rai Boh alla fine di una lunga serie di insuccessi):
“La svolta arriva a 30 anni in un momento in cui ho capito che quello che pensavo di poter diventare non era realizzabile. Ho capito di non essere una persona di talento, che quando sei giovane pensi di conquistare il mondo. Ho capito di avere dei limiti. Sono partito da zero. Nella vita si perde un sacco di volte, c’è il momento della cantina, in cui tutti se ne vanno e nessuno ti aiuta a pulire casa. Ho capito che avevo dei limiti, ma ho capito che qualcuno poteva portarmi col suo talento dove io non potevo andare. Ho rinunciato a fare tanta televisione e a cantare e mi sono concentrato più sugli altri. E’ molto più bello riconoscere del talento in qualcuno e aiutarlo a realizzare il suo sogno. Qualcuno ha detto ultimamente che i ragazzi italiani sono persi. I ragazzi hanno voglia di fare, ma bisogna aprirgli il garage, sono molto meglio di me. I giovani, al giorno d’oggi, hanno una velocità di apprendimento incredibile, ma sono delle Ferrari chiuse. Io voglio far vincere questo Gran pPemio almeno a uno di loro. Questo è l’unico mio vero talento, riesco a vedere un talento grezzo già con la casa costruita. Incontro ragazzi molto giovani che mi raccontano la SUA storia”.
Peccato che anche la carriera imprenditoriale di Facchinetti, che si autopromuove sul web con “parodie involontarie di Steve Jobs” degne del Bagaglino, tra telefonini e webcam che non decollano sul mercato, continui ad arrancare. Il vero miracolo sarebbe, per una volta, dar voce ai fatti e non ai suoi facili entusiasmi visto che per ora, nel suo business, “ha fede” solo lui.