La Rai pronta ad eliminare la clausola maternità, ma cambia poco
Lorenza Lei interviene sulla questione della clausola anti-maternità nei contratti di consulenza della tv pubblica.
Continua a tenere banco la questione della cosiddetta clausola “anti maternità” contenuta nei contratti di consulenza della Rai. Sul tema è intervenuto il direttore generale Lorenza Lei dichiarando la disponibilità dell’azienda a modificare quelle clausole, ma la nota stampa di Viale Mazzini (oltre ad essere una giustificata autodifesa della tv di Stato) è anche un bagno di realismo rispetto ad una questione che andrebbe guardata in un’ottica più generale.
Molto significativo sul tema questo passaggio:
I lavoratori autonomi non godono delle tutele previste dallo Statuto dei Lavoratori, evidentemente per la scelta del legislatore – e non certo della Rai – di regolare in modo diverso le due tipologie contrattuali. E i contratti di lavoro autonomo hanno da sempre previsto clausole che regolano la impossibilità di proseguire il rapporto, sia per causa del lavoratore che per causa dell’Azienda, con previsione, solo per quest’ultima, di una somma risarcitoria da versare al collaboratore in caso di recesso anticipato.
Rimane evidente, a chi abbia una minima familiarità o esperienza personale da mettere in campo, che l’indignazione di tanti (partiti politici in primis) per il fatto che un contratto di consulenza preveda fra le cause di chiusura anticipata un impedimento quale la maternità sia soltanto ipocrisia.
Vale per tutti i “consulenti esterni”, in tutte le aziende: i lavoratori autonomi non godono di diritti, se non possono lavorare (perché si sono fratturati una mano o perché sono incinta cambia soltanto nella forma) sono tagliati fuori dal lavoro. La questione andrebbe spostata su un altro terreno: perché la Rai (e tante altre aziende nel paese pubbliche e private) ha bisogno di collaboratori esterni inquadrati in queste forme contrattuali che per legge non hanno tutele di alcun genere?
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