La morte di Mino Reitano e l’ipocrisia televisiva
In questi giorni (giustamente) i media si sono occupati di Mino Reitano e della sua morte, una notizia che ci rende tristi ma che non deve sminuire l’indagine critica su come la tv si è comportata nei suoi confronti, ieri, non oggi.Mino in questi giorni è stato oggetto di lode e onore a Porta a
In questi giorni (giustamente) i media si sono occupati di Mino Reitano e della sua morte, una notizia che ci rende tristi ma che non deve sminuire l’indagine critica su come la tv si è comportata nei suoi confronti, ieri, non oggi.
Mino in questi giorni è stato oggetto di lode e onore a Porta a Porta, La Vita in Diretta, un breve e sintetico omaggio di Platinette ad Amici di Maria De Filippi, oggi all’Italia allo Specchio di Francesca Senette e in molte altre sedi catodiche che potrete sicuramente indicarci nei commenti.
Il cantante 64enne di “Italia” e “Avevo un cuore che ti amava tanto” era ormai diventato in molte sedi televisive (così numerose da rendere ineducata e non necessaria un’esemplificazione) il cantante dello scherno, l’imbucato d’eccezione, l’uomo che doveva essere fermato fisicamente durante le sue esibizioni per evitare che andasse avanti.
Un artista e un personaggio che però era solo parzialmente consapevole della sua funzione televisiva. Lui era così e non ci marciava sopra, ci credeva davvero, anche nei suoi tanto noti eccessi. Ogni tanto, quando veniva ospitato in tv, i toni erano quelli di chi faceva un grosso favore al “poverino” da contenere per evitare che si prendesse tutto il braccio.
Non possiamo fare di qualche filo d’erba un fascio, sia chiaro, ma le lodi sperticate di questi giorni in ogni rete sono inaccettabili se private della realtà chiaramente percepita qualche anno prima. Un santo, se lo è, è santo anche prima di essere morto, senza ipocrisie.