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La guerra è finita, serie Rai1: conferenza stampa

La presentazione della serie tv di Rai1 con Michele Riondino, Isabella Ragonese e Valerio Binasco

pubblicato 7 Gennaio 2020 aggiornato 9 Novembre 2020 14:40

  • 12.37

    Sta per iniziare la conferenza.

  • 12.41

    Il direttore di Rai Fiction Tinni Andreatta: “Questa è parsa a noi una storia necessaria, indispensabile. Racconta la resurrezione di un gruppo di bambini e ragazzi sfuggiti ai campi di concentramento. Racconta di un futuro che ricomincia, lasciandosi alle spalle un passato doloroso. Il servizio pubblico ha il dovere della memoria. È la prima volta che la Rai traduce una vicenda ispirata ad una storia reale – con libertà di invenzione dei personaggi – di questo genere con una serie”.

  • 12.44

    Andreatta: “Questa storia nasce da una vicenda vera, ma è una elaborazione complessa, con una ricchezza narrativa di toni e personaggi variegata; è una storia che mette al centro la rinascita dei bambini, la loro possibilità di avere un futuro e una vita piena di speranza. Vite spezzate che possono riavere un futuro grazie al lavoro degli adulti che si occupano del loro recupero”.

  • 12.45

    Andreatta: “Ognuno dei nostri interpreti è portatore di una forte lacerazione. Davide e Giulia sono i due protagonisti. Lei porta i sensi di colpa per il padre negazionista”.

  • 12.46

    Andreatta: “Il bambino Giovannino passa dal silenzio alla parola, è un personaggio esemplificativo”.

  • 12.47

    Il produttore Carlo Degli Esposti (Palomar): “Per Perlasca mi scattò un meccanismo per cercare di capire cosa fosse questa storia. Fu il primo racconto della Rai su questi argomenti. A distanza di 20 anni ho letto un libro che raccontava la sotria di La guerra è finita. Ne abbiamo tratto una storia originale, per essere liberi nel racconto. In questa storia ho portato l’esperienza di aver lavorato per alcuni anni con i bambini in Braccialetti rossi. Questo è il Braccialetti rossi del Dopoguerra”.

  • 12.51

    Il produttore nota che è “singolare e drammatico” che La guerra è finita vada in onda quando sembra possibile l’inizio di una nuova guerra mondiale.

  • 12.52

    Il produttore: “Il film è bello, l’ascolto è un di più in questi casi. Lo spettatore entra in quegli anni, in quei fatti. Non neghiamoci che l’Italia è cambiata e ci sono tanti meccanismi che stanno piano piano riprendendo faticosamente a funzionare. Un film del genere ci dà anche un termometro sul come siamo messi nel Paese. Spero che il pubblico ci dia un grande segnale di speranza”.

  • 12.54

    Il produttore: “La decisione di non girarla nei luoghi veri, ma in Emilia Romagna, è anche grazie al supporto della Regione e della Film Commission”.

  • 12.55

    Lo sceneggiatore Sandro Petraglia: “È quasi impossibile raccontare i lager. Questo film non racconta l’orrore dei campi – se non per qualche flash – ma il dopo. Il dopo è pieno di speranza”.

  • 12.59

    Petraglia: “Nel 1945 in Italia nessuno sapeva niente di cosa fosse successo nei lager. Il pubblico scopre attraverso gli attori le sensazioni provate quando si è scoperto l’orrore dei campi di concentramento”.

  • 13.00

    Il regista Michele Soavi: “Sono un regista di genere, di intrattenimento, mentre questo è un film di impegno civile. Mi sono aggrappato alla storia di mia nonna, che si chiamava Levi, e ad una filastrocca che mi ha turbato tantissimo da ragazzo, ossia Re degli elfi di Goethe”.

  • 13.04

    Il regista: “Ringrazio tutti gli attori, è stato un lavoro duro, siamo stati 4 mesi – i più caldi – in un casale, sembravamo agli arresti domiciliari. È stata una esperienza formativa per tutti”.

  • 13.05

    Soavi presenta anche il cast dei più giovani. C’è anche Federico Cesari di Skam Italia e Carmine Buschini di Braccialetti Rossi.

  • 13.08

    Michele Riondino: “Questo film dà la possibilità ascoltare le storie che solitamente ascoltiamo da chi è sopravvissuto, da una persona adulta. Qui, invece, sono le vittime a parlare, appena salvate. Sul set noi attori adulti abbiamo avuto la responsabilità di raccontare certe cose in maniera credibile, ma anche sbagliata, tutelando i più piccoli”.

  • 13.10

    Riondino: “La perdita di un cucchiaio comportava nei campi di concentramento la condanna a morire di fame”.

  • 13.11

    Riondino: “Il valore aggiunto di questo progetto è voler raccontare il dramma dell’Olocausto con la forza narrativa del diario di Anna Frank”.

  • 13.13

    Isabella Ragonese: “Giulia è un personaggio che fa i conti col suo passato; non ha vissuto la Guerra sulla sua pelle, Il senso di colpa è per il padre, ed è un motore per voler far parte della comunità della Bella Italia. Giulia crede, al contrario del personaggio Ben, nel valore della testimonianza. Fare i conti col proprio passato e non dimenticare è un modo per andare avanti”.

  • 13.18

    Andrea Bosca interpreta Stefano Dell’Ara: “Un personaggio che mi ha molto emozionato; un avvocato, prima militare, poi la prigionia in India. Quando ho conosciuto questa storia mi sono detto che è un po’ come se questo Stefano fosse un po’ tutti noi. Mi sono chiesto quale fosse la voce interna di questo personaggio: è la voce dell’indifferenza. Noi attori non facciamo i neochirurghi, ma le storie talvolta mi hanno salvato la vita”:

  • 13.19

    Il produttore Max Gusberti: “C’è un elemento in comune con Perlasca, è il senso etico della vicenda. Epica è la storia, come solo la realtà riesce ad esserlo, in certi tornanti della Storia. I bambini qui devono ritrovare la forza per raccontare storie che non vogliono raccontare”.

  • 13.29

    Gusberti: “In questo film si respira una grande idealità ed oggi se ne vede molto meno. E poi c’è molta commedia umana”. Soavi: “In questa serie non si piange soltanto, ma si ride anche, per fortuna”.

  • 13.31

    Andreatta sul fatto che oggi ci sono bambini che vivono – migrando dai paesi in guerra o poveri – situazioni in qualche modo simili a quelle raccontate nella serie: “Le storie che scegliamo di raccontare affondano le radici nel passato, ma hanno un valore nel presente. Il rapporto tra passato e presente è molto importante in La guerra è finita”.

  • 13.32

    Il giornalista Paolo Scotti de Il Giornale: “Questi fatti storici sono molto conosciuti dai giovani, c’è rischio overdose? Perché noi si parla mai di gulag?” Petraglia sbotta: “Che rottura di c0glioni che sei, sempre le solite cose”.

  • 13.42

    Riondino contro il giornalista: “Lei alimenta revisionismo basato su reinterpretazione della storia dal punto di vista di chi ha interessi nel raccontare la storia secondo un punto di vista soggettivo e personale? Da giornalista sta sminuendo l’esperienza di individui di persone che hanno perso la vita, comparandoli ad altre vittime che non hanno nulla a che fare con la nostra storia. Non si parla di gulag? Perché in Italia non li abbiamo subiti. Noi parliamo di italiani che hanno ammazzato altri italiani”. E cita in senso critico lo slogan politico “Prima gli italiani”.

  • 13.42

    Degli Esposti: “Io vorrei morire di retorica se tu chiami questa retorica. Se c’è una graduatoria delle vittime, possiamo pensare a un intrattenimento per vedere quali sono le popolarità dei diversi tipi di vittime”.

  • 13.44

    Degli Esposti: “Due ragazzi che dicevano minchiate sull’Olocausto, due giorni fa, hanno picchiato uno che voleva fermarli. E allora io voglio morire di retorica, se questa è retorica”.

  • 13.44

    Finisce la conferenza.

Sta per iniziare a Roma la conferenza stampa di presentazione di La guerra è finita, la serie tv in quattro serate con Michele Riondino, Isabella Ragonese e Valerio Binasco e diretta da Michele Soavi. Si tratta di una produzione Palomar, in collaborazione con Rai fiction. Messa in onda prevista su Rai1 da lunedì 13 gennaio ore 21.25.

La guerra è finita inizia poco dopo la Liberazione, nei mesi in cui – dopo la tragedia dei campi di sterminio – i sopravvissuti tornano a casa. Tra questi, anche bambini e adolescenti che hanno visto e vissuto l’orrore. Questa storia parla di loro e di adulti coraggiosi che aiutano questi ragazzi a tornare alla vita. In un’Italia provata, miserabile, ridotta in macerie, i ragazzi scoprono il rispetto reciproco, la solidarietà, la voglia di giocare, studiare, lavorare, amare e raccontare la loro perduta umanità.

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