La fiction su Puccini smielata e imprecisa. Operisti e soprani contro la Rai: “Banalità e luoghi comuni”
Successo di pubblico per la fiction Rai incentrata sul personaggio di Giacomo Puccini. Il problema, a quanto pare, è proprio lui, il protagonista, il compositore italiano, considerato tra i più grandi operisti della storia, lui, la sua musica e gli eventi legati alla sua vita, privata e professionale. L’auditel vince su tutto, questo è pacifico,
Successo di pubblico per la fiction Rai incentrata sul personaggio di Giacomo Puccini. Il problema, a quanto pare, è proprio lui, il protagonista, il compositore italiano, considerato tra i più grandi operisti della storia, lui, la sua musica e gli eventi legati alla sua vita, privata e professionale. L’auditel vince su tutto, questo è pacifico, ma gli esperti di opera, i “colleghi” di Puccini, quelli che oggi fanno scricchiolare le assi di legno dei palcoscenici italiani e internazionali e fanno alzare in piedi le signore impellicciate, tuonano, perché, a loro dire, la sceneggiatura del prodotto fa acqua da tutte le parti. Lo riferisce quest’oggi il Corriere della Sera.
“Volevo vederla ma dopo aver sentito ripetere per l’ennesima volta ‘Turandò’, alla francese, ignorando che sia un nome cinese, inventato da Gozzi, ho pensato che era meglio lasciar perdere e ho spento la tv”.
Sono le parole, mica tanto velate, di Fiorenza Cedolins, soprano più volte impegnata nell’interpretazione di Puccini, da Turandot a Bohème, Tosca, Manon Lescaut. Certo, diranno i puristi dell’intrattenimento, l’etimologia del lemma “fiction” parla chiaro, seppure nella sua “anglosassonità”: finzione, recitazione, fantasia. Viene da fare una riflessione, a questo punto, ma sarebbe troppo lunga, sull’arte, sulla creazione: di cosa parliamo quando parliamo di arte? Parliamo di qualcosa che rispecchia, e fedelmente, la realtà, oppure di un martello che la plasmi, la trasformi, questa realtà, secondo necessità drammaturgiche e, perché no, commerciali, di botteghino? La risposta la affidiamo volentieri a filologi e apologeti del ragionamento.
“Povero Puccini, neanche la musica gli hanno lasciato. Forse Frisina esce dai Raccomandati…”.
E’ il grido di dolore di Enrico Stinchelli, conduttore, insieme a Michele Suozzo, de “La barcaccia”, fondamentale appuntamento per gli amanti dell’opera in onda su Radio3. Il lamento è motivato dal fatto che nemmeno le musiche della fiction sono a firma di Puccini. Forse per una questione di costi e diritti? Invece le ha firmate un prete, don Marco Frisina, appunto, già autore delle colonne sonore per serie tv, diciamo così, relative a storie e situazioni “sacre”, quali “Tristano e Isotta” o “Giovanni Paolo II”, passando per la Callas e Onassis. I due conduttori radiofonici continuano:
“Ieri mattina ci hanno sommerso di mail e messaggini per inveire contro la prima puntata. Infarcita di banalità e luoghi comuni in perfetto stile Rai Fiction. Che sia Puccini, Leonardo o Padre Pio, è sempre la stessa pappa. E poi Baricco viene a dire di dar più soldi alla tv… La tv oggi sa fare solo questo”.
Accuse anche da parte di Paolo Benvenuti, regista di “Puccini e la fanciulla”, applaudito alla Mostra di Venezia e al Festival di Rotterdam:
“Un filmato sciatto già nei dettagli, nella saracinesca moderna che si vede, nel muro di cemento anni ’60, nelle pettinature femminili sbagliate”.
Problemi, sempre secondo gli esperti, anche per la sceneggiatura firmata da Francesco Scardamaglia, Nicola Lusardi e Fabio Campus. Commenta Giovanna Lomazzi, vice presidente “Aslico”, l’Associazione Lirico Concertistica italiana:
“Hanno infarcito la storia di errori, non ultimo il ribadire che Dora fosse l’amante di Puccini. E poi far dire a Boni-Puccini che Elvira è il suo grande amore quando lo sanno anche i sassi che la poverina veniva tradita con tutte”.
Le critiche, naturalmente, nonostante la collaborazione della Fondazione Festival Puccini, riguardano l’aspetto “gossiparo” della storia raccontata, quello pecoreccio, à la Fabrizio Corona; gli amori e i tormenti, caricati ad arte e colorati delle tinte paonazze della necessità televisiva, piuttosto che celebrati in bianco e nero secondo un costume più cronachistico.
Comprensibile, se il tutto viene inquadrato, appunto, dal lato produttivo: la necessità di togliere pubblico ai grandi talent show e reality show del lunedì sera è forte, si fa sentire e predomina. Chi è senza peccato scagli la prima pietra, verrebbe da dire. Gli ascolti di Puccini, nonostante la concorrenza serrata sono stati buoni e ci sarà sicuramente qualcuno in questo momento, seduto intorno a tavoli tecnici, che starà brindando agitando cravatte e facendo tintinnare i gemelli dei polsini. Questo è lo show business, questa è la televisione: Puccini e i suoi appassionati si aspettavano forse un documentario. Hanno preso un granchio.