La confusa e commovente intervista a Toni Capuozzo
A Le invasioni barbariche stasera ho assistito ad una delle più belle interviste di sempre. In studio il giornalista Mediaset (vicedirettore del Tg5) Toni Capuozzo, persona che ho sempre stimato per il suo modo “diretto” di fare giornalismo, per il suo modo alternativo di trattare temi scottanti. Non è uno di quei giornalisti incravattati ed
A Le invasioni barbariche stasera ho assistito ad una delle più belle interviste di sempre. In studio il giornalista Mediaset (vicedirettore del Tg5) Toni Capuozzo, persona che ho sempre stimato per il suo modo “diretto” di fare giornalismo, per il suo modo alternativo di trattare temi scottanti.
Non è uno di quei giornalisti incravattati ed impettiti che legge le notizie. Il suo accento friulano ed il suo modo di vestire, le sue camiciole a maniche corte e i suoi smanicati, le sue borse sotto gli occhi lo rendono indubbiamente un giornalista unico, e questo indipendentemente dalle idee politiche.
Tra un argomento politico ed una domanda attinente al suo lavoro di inviato, l’intervista è giunta – involontariamente – su un tema molto personale, quello dei figli. Capuozzo ha rivelato di avere due figli naturali ed un “mezzo” figlio, un bambino che ha portato via da Sarajevo durante la guerra quando aveva 7 mesi e che ha cresciuto, almeno fino all’età di 5 anni, dandogli tutto ciò che poteva. Il motivo che l’ha spinto a strappare il bambino alla sua terra e a portarlo in Italia è quanto di più nobile ci possa essere: orfano di madre e senza una gamba da quando aveva 3 mesi a causa dello scoppio di una bomba, il bimbo aveva bisogno di una protesi, di un “aiuto” per quando, come tutti i piccoli della sua età, avrebbe provato ad alzarsi in piedi, a camminare.
Parlando di questo bambino Capuozzo è un fiume in piena. Apre mille parentesi senza richiuderle per la voglia di raccontare questo affetto che lo lega ancora oggi al ragazzo, ora adolescente, nonostante l’abbia dovuto riportare in patria quando aveva 5 anni. Portarlo in spiaggia quando viveva con lui non era facile, racconta, perché molti lo guardavano e chiedevano che cosa fosse successo…e per non parlare di continuo dello scoppio della bomba, un giorno Capuozzo si è inventato un presunto attacco di uno squalo, provocando il rifiuto del bagno in mare da parte di tutti i bambini che avevano ascoltato la storia.
Si imbarazza e gli occhi gli si bagnano quando parla dell’ultimo incontro, in gennaio. Ora il figlioccio è un 15enne, avrà probabilmente le prime cotte, vivrà le prime storie e farà, prima o poi, l’amore per la prima volta. Riportarlo a Sarajevo è stato difficile, ma ora si rende conto di quanto quella vita più “semplice”, per il ragazzo, sia migliore di quella che avrebbe potuto avere da noi. Lì non deve raccontare a nessuno per quale motivo sia senza gamba.
Commovente.