L’Ispettore Coliandro, quella strana creatura mitologica della fiction italiana: la recensione dell’ottava stagione
Un anti-eroe di cui non avevamo bisogno, ma di cui non possiamo più fare a meno, grazie anche al suo interprete Giampaolo Morelli ed al resto del cast
L’Ispettore Coliandro è sempre uguale a se stesso, eppure L’Ispettore Coliandro è sempre nuovo. E’ uno dei misteri della fiction italiana: la formula messa a segno da Carlo Lucarelli e dai Manetti Bros., applicata ad altri titoli della tv nostrana, avrebbe effetti disastrosi. Nella serie tv cult di Raidue, invece, il risultato è ogni volta sorprendente. E la regola si conferma anche nell’ottava inedita stagione, in onda per quattro settimane da oggi, 22 settembre 2021 (ma in anteprima esclusiva su RaiPlay ormai da due settimane).
Com’è possibile? Un mistero è tale perché non viene svelato, però ci sono alcuni elementi che possiamo trovare e che ci permettono di capire meglio il fenomeno Coliandro. Innanzitutto, il suo interprete: Giampaolo Morelli, in questi anni, è più che cresciuto come attore, tant’è che potrebbe anche lasciare questa serie per dedicarsi ad altri impegni. Ma il suo attaccamento all’Ispettore Coliandro è troppo forte, e lo si vede in ogni scena che gira: pensare a Coliandro con un altro volto sarebbe impossibile (gli “ultras” della serie, come sono definiti i suoi fan, parlerebbero addirittura di bestemmia).
Un dettaglio non da poco, che ritroviamo anche nel resto del cast storico della serie: Paolo Sassanelli, Caterina Silva, Veronika Logan, Alessandro Rossi, Benedetta Cimatti, Massimiliano Bruno e Luisella Notari. Il mondo Coliandro è tale però grazie anche a chi lo pensa e lo crea: da una parte Carlo Lucarelli e Giampiero Rigosi e, dall’altra, i Manetti Bros., da sempre registi della serie, quest’anno però sostituiti in due episodi da Milena Cocozza.
E’ evidente che, nonostante Coliandro sia in onda dal 2006, questo gruppo praticamente immutato sia estremamente attaccato al prodotto. Anche questo ha contribuito non solo a rafforzare il legame con i fan, ma anche a dare al protagonista stesso un’aurea quasi mitologica. Ebbene sì: L’Ispettore Coliandro ormai fa parte dell’Olimpo delle serie tv italiane, sebbene -proprio come gli capita nella vita di tutti i giorni- non riceva sempre i giusti apprezzamenti.
Chi conosce poco Coliandro potrebbe fraintendere alcuni dialoghi e scene, additando al tutto un senso anacronistico: l’Ispettore, d’altra parte, è effettivamente maschilista, si nutre di stereotipi in ogni situazioni ed è anche un po’ razzista. Eppure, tramite Coliandro Lucarelli ed i Manetti Bros. fanno un lavoro non di esaltazione di questi difetti ma, al contrario, di scherno verso chi ancora oggi ha questo atteggiamento.
Sebbene non lo ammetterà mai, Coliandro sa di vivere in un mondo che è ben differente da quello che immagina, però non è disposto a cambiare ed ad evolversi con esso. Così facendo resta indietro e quel macho che fino a trent’anni fa poteva essere considerato secondo alcune etichette un eroe ora è solo una divertita rappresentazione di un’Italia che no, non ce la fa.
Così facendo, Coliandro resta eterno in un mondo che sa cambiare, diventa l’unica certezza nella Bologna multietnica messa in scena dal racconto, ed anche i suoi errori diventano suoi punti di forza. Punti che, immutabili, ci ricordano un mondo lontano ma che, se cerchiamo bene, esiste ancora. Per questo L’Ispettore Coliandro piace: è l’anti-eroe di cui non avevamo bisogno, ma di cui ormai non possiamo più fare a meno.