L’altra Italia: titolo sbagliato, conduttore egocentrico, confusione
Su Rai 2, giovedì sera, ha avuto inizio il nuovo programma di approfondimento giornalistico di Antonino Monteleone, L’altra Italia.
In una serata televisiva storica per Rai 2, che rimembra i tempi d’oro di Michele Santoro, di cui nessuno, negli anni a venire, è riuscito a ripeterne le gesta e i risultati, Antonino Monteleone ha tentato il grande salto come conduttore di un programma d’approfondimento tutto suo, lasciando il rifugio sicuro de Le Iene e creando L’altra Italia.
Dal programma in questione, già a partire dal titolo, era legittimo attendersi il racconto di un paese che non vediamo, relegato ai margini, un’Italia inedita mai documentata o documentata poco.
Monteleone, invece, in apertura di programma, ha così argomentato la scelta di questo titolo, anticipando di fatto i contenuti della prima puntata:
L’altra Italia, per me, è quella che guarda con preoccupazione alle guerre che infiammano il mondo.
L’altra Italia sono milioni di persone bloccate in treno o in stazione.
L’altra Italia è quella dei giovani che hanno rinunciato al diritto del voto.
L’altra Italia è la Calabria, la terra dove sono nato, lo sguardo dei giovani desiderosi di cambiamento e il nostro sguardo.
Tralasciando l’egocentrismo di Monteleone (“La terra dove sono nato”, “Il MIO reportage”, “Non resisto a fare l’inviato”, io, io, io, senza contare i continui complimenti degli ospiti), con il quale il conduttore ha sottolineato a più riprese anche l’atipicità di lanciare un reportage da lui stesso realizzato (forse Monteleone non ha mai visto una puntata di Propaganda Live), L’altra Italia, alla fine, disattende le promesse iniziali (o forse il titolo è semplicemente sbagliato e fuorviante) e quello che fa è trattare temi di stretta attualità, con la pretesa, il vanto e l’ostentazione di essere costantemente “Fuori dal Coro”…
Mettendo da parte anche la narrazione fortemente pro-Israele di una puntata quasi tutta dedicata alla guerra in Medio Oriente, Monteleone riesce nell’impresa di essere egocentrico e impersonale (nel suo stile di conduzione) al medesimo tempo: il conduttore lancia i cartelli come fa Floris, fa il conto alla rovescia nel minuto d’oro, improvvisa sketch non riusciti fuori dallo studio, prima della puntata…
Nei dibattiti, inoltre, il conduttore si limita a dirigere un freddo schema “domanda-risposta” e nulla più. Da questo punto di vista, il blocco con il sindaco di Roma, Gualtieri, protagonista si è salvato, in una sorta di “Gualtieri contro tutti” di “costanziana” memoria.
Delle note di colore previste per questa prima puntata, nessuna ha funzionato: dalla tremenda telecronaca del traffico di Roma ad opera di Pierluigi Pardo all’impalpabile contenuto del content creator di turno: una finta, timida, irriverenza. La parola “satira” non la citiamo neanche per sbaglio.
Alla fine, di questa prima puntata, è rimasta solo la tronfia ostentazione di superiorità da parte del conduttore, che si è lasciato andare anche a mini-lezioni di giornalismo, ricerca di sensazionalismo qua e là e un’apparente inefficacia anche nel trattare temi più leggeri come l’Italia assente dai mondiali di calcio da dieci anni.
Anche quest’ultimo tema, con tanto di doveroso ricordo di Totò Schillaci, che c’entra con questa fantomatica “altra Italia”?
Confusione, tanta confusione.
Solo il primo servizio è apparso coerente con la missione iniziale del programma ma evidentemente la vera missione di L’altra Italia era un’altra.