Kalipè, Massimiliano Ossini si conferma un buon divulgatore (ma datagli dei testi decenti!)
Kalipè fa un primo “passo corto e lento”. Debutto discreto, sporcato da testi banali e spazi non ben amalgamati. Gli ingredienti però ci sono
Kalipè parte da una certezza: Massimiliano Ossini, conduttore e ideatore della trasmissione, è un ottimo divulgatore e ha fatto della natura il proprio habitat ormai da anni. La prima puntata, in questo, è una conferma di quanto già si può ammirare da alcune stagioni con Linea bianca. Emergono però al debutto anche alcuni limiti già riscontati nello stesso programma di Rai 1: i testi su cui si regge la narrazione risultano spesso deboli, per non dire inconsistenti (“che bello se esistesse un cerotto per i nostri ghiacciai” oppure “è proprio vero che l’umiltà è dei più grandi”).
I principali pregi del programma? Sicuramente le immagini, quando guidano davvero il racconto di Kalipè e non sono solo elemento accessorio per incorniciare incontri con ospiti vip, come sono stati nella prima puntata Nek e Sting. Il miglior segmento di puntata è indubbiamente quello in cui Ossini esplora il Vatnajokull, calandosi nelle cavità e nelle spaccature del ghiacciaio. Forse non è un caso che l’ambiente sia quello a lui affine della montagna e del ghiaccio: di sicuro l’Ossini esploratore è quello che funziona di più – su quello intervistatore forse bisogna ancora un po’ lavorare, almeno nei dialoghi con gli ospiti non scientifici…
I principali difetti di questa prima puntata? L’apertura con Nek non aiuta a mettere fuoco fin dal primo minuto la trasmissione che ci si troverà di fronte per le due restanti ore: forse sarebbe risultata più congeniale la partenza con alcune delle tante immagini girate per tutto il mondo da Ossini e la sua squadra. In generale i momenti pop, con ospiti famosi e in entrambi i casi con due cantanti, raffreddano leggermente l’atmosfera di Kalipè, che ha il suo principale punto di forza nel calore (paradossale nel caso del ghiacciaio) sprigionato dalle riprese dei luoghi raccontati.
Il programma vince la scommessa di raccontare il cambiamento climatico, ancorando tale denuncia a dati concreti e a immagini e luoghi precisi. L’ampiezza e la multiformità del progetto rendono per ora il marchio di fabbrica poco riconoscibile, ma i requisiti per trasformare Kalipè in un titolo ben distinguibile e di successo ci sono tutti, partendo proprio da Massimiliano Ossini, l’ancora su cui si costruisce la trasmissione. Una maggiore attenzione ai testi e una maggior coerenza fra i blocchi di puntata, anche nell’inserimento degli ospiti, potrebbero fare la differenza.