Irene Grandi e il testo della possibile vincitrice del Festivalbar
Irene Grandi è una delle possibili – probabili – vincitrici dell’edizione 2007 del Festivalbar. Non lo dico soltanto io, lo dicono persone molto più esperte di me in ambito musicale, anche se basta aver ascoltato una radio qualsiasi in questi ultimi mesi per essersi resi conto di quanto Bruci la città venga trasmessa. E’ una
Irene Grandi è una delle possibili – probabili – vincitrici dell’edizione 2007 del Festivalbar. Non lo dico soltanto io, lo dicono persone molto più esperte di me in ambito musicale, anche se basta aver ascoltato una radio qualsiasi in questi ultimi mesi per essersi resi conto di quanto Bruci la città venga trasmessa.
E’ una canzone orecchiabile e di impatto immediato, non lo metto in dubbio, e il video “ambientato” su Second Life ne ha sicuramente aiutato la diffusione anche televisiva, contribuendo a farne il successo che è.
Ma…c’è un ma. Avete mai ascoltato con attenzione il testo? E qui esco dall’ambito televisivo per attirarmi le ire di tutti i fan di Irene Grandi, di Francesco Bianconi dei Baustelle, co-autore, e di questa canzone in particolare: è uno dei più brutti e slegati che io abbia ascoltato in questi ultimi anni. Sì, c’è di molto peggio, ci sono quei testi da rapper pseudopredicatore che, pur essendo scritti in un italiano a volte fluente, fanno letteralmente rizzare i capelli, ma quelli sono ingiudicabili a prescindere.
Ciò che non apprezzo in Bruci la città non è certo il significato del testo, la voglia di rimanere con il proprio amato ad ogni costo, anche se si dovessero verificare vere e proprie catastrofi. No, è invece quel tentativo di fare poesia che riesce solo in parte e che risulta, per quasi l’intera durata della canzone, grossolano, dozzinale ed ostentato.
Vi cito un paio di strofe:
Muoia quello che
è altro da noi due
almeno per un poco
almeno per errore.
[…]
io non ho
niente da fare
questo è quello
che so fare
Io non posso che adorare
non posso che leccare
questo tuo profondo amore
questo tuo profondo
Non basta mettere delle frasi d’impatto come “non posso che leccare” e tentare di essere ermetici per essere poetici; non basta scrivere qualcosa di provocatorio come “muoia sotto un tram più o meno tutto il mondo” per fare un buon testo; non basta usare l’imperativo ed essere innovativi per ottenere un buon risultato.
Questo è ciò che penso della canzone che con molta probabilità vincerà il Festivalbar. E ora, cari fan di Bruci la città, potete anche insultarmi, anche se, dopo aver “buttato il sasso”, ritiro un po’ la mano ammettendo che se ci mettessimo ad analizzare i testi in lingua straniera che tanto amiamo, finiremmo col non ascoltarne più la maggior parte.
Per fare un po’ la ruffiana comunque vi “regalo” il video della canzone.