Per definire in estrema sintesi Io e te basterebbe citare un passaggio di Gallo Cedrone: “Armando, sai qual è il problema di questa casa? Che non si ride mai”. Appunto. A Io e te non si ride mai, né per volontà del conduttore né indirettamente.
L’anno scorso perlomeno c’erano Valeria Graci e Sandra Milo a ravvivare lo studio. Più la seconda, a dire il vero, con la ‘posta del cuore’ dell’attrice che si trasformava in un momento surreale, tra suggerimenti improponibili e prese di posizione fuori dagli schemi. In fondo esattamente quello che serviva ad un pubblico in cerca di svago.
Anche la versione invernale riuscì a regalarsi qualche minima rottura del cerimoniale, grazie soprattutto ai racconti senza censure di Enrico Lucherini, memoria storica del cinema italiano. Ma se vai in onda dopo mezzanotte puoi pure addormentarti, se ti piazzano nella fascia post-prandiale no.
Io e te andrebbe modificato in Io e Io. La trasmissione è infatti una continua auto-descrizione di Pierluigi Diaco. Se nel 2002 fece parlare di sé per la volontà annunciata di lanciare le uova all’arrivo di Roberto Benigni a Sanremo, diciotto anni dopo sono l’educazione e le presunte buone maniere a prendere il sopravvento. Rigorosamente rivendicate e ostentate.
Diaco parla in prima persona, sempre. In una sorta di teoria tolemaica, dove lui è al centro e tutto il resto gli gira attorno.
Per Pierluigi non sono importanti i social, ricettacolo di immondizia dove si scatenano le peggiori menti dell’universo. Non sono importanti gli ascolti, anzi meno ne fai e più fa figo, perché si sa, le robe di qualità per legge non deve filarsele nessuno. Non sono importanti le critiche – quindi manco questo pezzo – perché l’etichetta della ‘bella tv’ se l’è già assegnata lui. Non sono importanti le regole televisive, dimenticate da un Diaco che per almeno cinque minuti al giorno chiude gli occhi, si isola dal mondo, gesticola come un direttore d’orchestra e impone agli spettatori l’ascolto di un brano a sua scelta. La parentesi dovrebbe alimentare riflessione e raccoglimento, in realtà genera solo imbarazzi.
Poi ci sono le interviste, portate avanti in maniera affatto omogenea. Quando l’ospite parla troppo Diaco lo frena subito: “Vuoi condurre tu?”. A casa il sogno di tutti è che la risposta sia un “sì”. Ma il desiderio non si avvera mai. Al contrario, spesso l’intervistato subisce l’umore del conduttore. Come Jo Squillo, ‘infilzata’ dal primo minuto nonostante avesse portato in dono una torta vegana per festeggiare il compleanno del padrone di casa. “Rispetto il tuo pensiero, ma non lo condivido. Non sopporto i vegani che fanno la lezioncina su cosa bisogna mangiare”.
Nessuna scenata invece nei confronti di Milena Vukotic, intimidita e spiazzata davanti al ripetuto invito di intonare una canzone napoletana. In quel caso Diaco sorride, incassa e non reagisce.
A salvarsi è perlomeno Katia Ricciarelli. La soprano ha più volte dimostrato di possedere ironia e abilità al cazzeggio. Tuttavia è un diesel, che ha bisogno di tempo e partner giusti. Katia ci prova, ma si torna ciclicamente al punto di partenza: “Sai qual è il problema di questa casa? Che non si ride mai”.