Insediamento Biden, la tv esalta una liturgia pubblica senza pubblico
Senza pubblico, l’insediamento di Biden è stato un grande evento televisivo e mediatico che ha saputo fare di necessità virtù.
L’insediamento di Joe Biden come 46° Presidente degli Stati Uniti d’America è stato tra i più attesi degli ultimi 20 anni, secondo solo (a occhio e a mia opinione) all’arrivo di Barack Obama alla Casa Bianca in quel 20 gennaio del 2009, tra bagni di folla e inni cantati da Ella Fitzgerald.
Dodici anni dopo, il VicePresidente di Obama si ritrova a giurare fedeltà alla Costituzione e al popolo americano in una cerimonia che sarà ricordata per molti motivi. Intanto perché blindata come mai prima, con migliaia di soldati schierati intorno al Campidoglio dopo l’impensabile assalto del 6 gennaio: oltre 20.000 uomini della sola Guardia Nazionale in forze a Washington per scongiurare qualsiasi tentativo di nuova manifestazione pro-Trump, che intanto è andato via senza accogliere sulla soglia della Casa Bianca i nuovi inquilini come invece vuole la tradizione. Un balletto di ipocrisie evitato, per certi versi. In compenso l’ultimo atto di Donald Trump come presidente (oltre alla grazia a 143 condannati tra cui Steve Bannon) è stato un discorso d’addio davanti all’Air Force One, che lo avrebbe portato nella sua tenuta in Florida, tra militari in alta uniforme e tappeti rossi, concluso con YMCA dei Village People. Neanche i più sfacciati sceneggiatori di sitcom USA avrebbero potuto scrivere una conclusione del genere.
Al netto delle considerazioni di natura più ‘strettamente’ politica, la Cerimonia di insediamento di Biden ha dovuto affrontare l’emergenza Covid: è la prima grande liturgia USA – dopo il Ringraziamento, per certi versi – a doversi misurare con il vuoto, con la mancanza di pubblico, con le mascherine. E ce l’ha fatta, se qualcuno avesse avuto dubbi.
Una liturgia intrinsecamente pubblica – talmente pubblica da essere celebrata sempre all’aperto con qualsivoglia tempo e che ha come funzione principale quella di compattare in un afflato di orgoglio collettivo un Paese dalle mille anime – è riuscita nel suo intento anche senza pubblico. Come? Grazie alla tv. Perché la tv riesce a fare questo, è chiamata a fare questo, è nata per fare questo. Perché cerimonie come queste sono riti televisivi prima di essere celebrazioni pubbliche. E il comitato organizzatore dell’insediamento ha dimostrato di saperlo molto bene.
Il vuoto lasciato dalla mancanza delle 200.000 persone nelle tribune lungo il National Mall è stato compensato da una scenografia di bandiere a stelle e strisce che hanno dato un colpo d’occhio suggestivo, superando anche le barriere anti-sfondamento che hanno puntellato l’area; il silenzio dettato dall’assenza del pubblico festante è stato compensato dai microfoni ambientali sistemati sulla scalinata piena di vip che non hanno fatto mancare il proprio supporto. Vip mascherinati e distanziati: neanche l’eccezionalità dell’evento ha concesso ‘strappi’ ai protocolli di distanziamento, che in questa particolare circostanza, poi, dovevano servire da esempio a un Paese che con Trump ha negato, e poi sottovalutato, la gravità del Covid.
E così la tv ha perfettamente svolto il proprio ruolo: portare l’emozione nelle case degli americani, e del mondo, renderli partecipi di un evento che non avrebbero mai potuto vivere live e che nell’impossibilità di essere vissuto live anche da altri ha finito per avere un valore ancor più ‘democratico’ ed egualitario.
Il palco era perfetto, la scena ben pensata, i personaggi in ruolo, la liturgia rispettata, l’emozione palpabile anche nell’inno cantato da Lady Gaga e nell’esibizione di Jennifer Lopez. Una liturgia che non rinuncia alla solennità propria delle incoronazioni (percepita soprattutto nell’alternanza di momenti rituali tra sacro e profano e nel ricorso alle bande militari, con quelle trombe da banditori) che si ritrova anche nelle coreografie dei corpi militari e nei grandi Balli celebrativi: una solennità regale che poi si fonde a quel gusto per lo show proprio delle grandi cerimonie USA. E a proposito di incoronazioni, questo insediamento ha avuto la sua regina: Lady Gaga. Lo scettro? Il suo microfono dorato, dal lungo filo altrettanto dorato, che sarà presto imitato dai neomelodici del mondo…
Ma torniamo alla tv e alle ‘grandi cerimonie dei media’: senza lamentarsi delle mancanze dovute alla pandemia, l’insediamento di Biden è stato uno spettacolo televisivo per nulla decurtato nella sua sostanza, che ha ricordato ancora una volta che certi eventi sono prima di tutto mediatici e in seconda battuta pubblici. Anche noi in Italia abbiamo le nostre grandi cerimonie, che però non hanno a che fare con le Istituzioni (sempre pronte, però, a dare il peggio di sé in diretta tv – cfr. ultima Crisi di Governo). La nostra grande cerimonia è Sanremo: il paragone sembra azzardato – e in fondo lo è – ma questo non toglie che il Festival sia il nostro rito collettivo annuale, celebrato in presenza e soprattutto in tv. Sanremo è un evento intrinsecamente televisivo anche se si vuole trattare come un concerto live: essere tv non è una diminutio, ma una consapevolezza. Ma bisogna capirlo. E questa è un’altra storia.