Home Notizie Il voyeurismo in tv? L’ha inventato Boncompagni

Il voyeurismo in tv? L’ha inventato Boncompagni

Ciclicamente, nella storia della televisione italiana, ci sono programmi che tornano a far parlare di sè per la loro carica attualizzante. Uno di questi è sicuramente Non è la Rai (questo il sito ufficiale), e approfitto della notizia dell’ultim’ora, che vedrebbe alcune delle ragazze storiche come Pamela Petrarolo, Ilaria Galassi e Francesca Pettinelli riesumate dal

28 Novembre 2006 13:30

gianni boncompagni non è la raiCiclicamente, nella storia della televisione italiana, ci sono programmi che tornano a far parlare di sè per la loro carica attualizzante. Uno di questi è sicuramente Non è la Rai (questo il sito ufficiale), e approfitto della notizia dell’ultim’ora, che vedrebbe alcune delle ragazze storiche come Pamela Petrarolo, Ilaria Galassi e Francesca Pettinelli riesumate dal programma di Raidue Libero, per affrontare un tema di scottante interesse.
Quand’è nato il vouyerismo televisivo?
Ebbene, in una mia recente consultazione della preziosa Garzantina di Aldo Grasso, ho avuto una conferma ai miei sospetti. In tv si è incominciato a parlare di vouyerismo, in quanto sinonimo di lolitismo, proprio a partire dalla trasmissione cult di Gianni Boncompagni. Il termine, derivato dal francese, equivale a scopofilia, deviazione consistente nel provare piacere alla vista di immagini o di atti erotici (dal greco skopein, guardare). Ebbene, il programma più discusso degli anni’90, verso cui il sottoscritto prova un rimpianto particolare pur riconoscendone evidenti nonsense strutturali, ha segnato l’iniziazione del pubblico italiano alla sessualità catodica. Nonostante ideatore e addetti ai lavori insistessero più volte sulla freschezza e l’assenza di malizia nelle ragazze, intorno agli studi del Palatino prese vita una sorta di eccitazione collettiva, fatta di idolatria esasperata, desiderio irrefrenabile di assaporare il frutto proibito e non ancora sbocciato. A quanto pare, non furono solo fans sfegatati a cogliere la potenza del fenomeno, ma anche fior fior di intellettuali.
Tempo fa mi è capitato tra le mani un libro altrettanto di culto, Woobinda di Aldo Nove, che attraverso una sorta di linea di paragone tra il cordone ombelicale e il liquido amniotico, esprimeva il suo autentico godimento verso il mondo di fantasie spalancato da quelle vallette sguazzanti in piscina, dal gioco della nonna di Mary alle epifanie di Miriana.
Ebbene, preso atto di queste premesse, facciamo un passo avanti. Tornando alla voce Voyeurismo dell’Enciclopedia della Televisione, viene presentata un’analisi più ampia del caso che non mi sento di sottovalutare. Grasso, infatti, ritiene che l’atteggiamento del guardone che il piccolo schermo indurrebbe nel fruitore non è del tutto inconsapevole, ma affonda le proprie radici in una disposizione mentale che vaga nell’aria in attesa che qualcuno le dia forma…

“I programmi delle ninfette sono per lo più detestabili. E’ evidente, però, che se quelle ragazze appaiono in video, è perchè ci sono dei genitori che che le hanno spinte verso quella vetrine, che non hanno saputo suggerire loro esempi alternativi. E’ verosimile che il vouyerismo derivi da altre cadute di gusto, da altri abbassamenti della guardia”.

Insomma, se di problema si deve parlare, la sua causa è da ricondursi, secondo Aldo Grasso, all’insofferenza manifestata via via dalla Tv per tutto ciò che possiede una qualità e richiede un impegno, un attenzione non cursoria. Non è la Rai, dunque, sarebbe stata l’apripista del disimpegno televisivo, un’istigazione al dilettantismo a colpi di playback e gare di ammiccamento a dispetto del talento.
Boncompagni, invece, ribattezzato da Enrico Vaime il Mago Zurlì porcellone, avrebbe avuto il ruolo un semplice Galileo dei Guardoni, fondatore di un harem verginale nato per soddisfare delle precise richieste del pubblico e rispondere a un sentimento di trasgressione latente.

“Quella che Boncompagni confeziona è una tv vacua, una tv servile e opportunista soprattutto nei confronti dello sponsor. Nata da un pensiero anemico, essa non merita la ricompensa di una ricerca. E’ solo vuoto, anche se vuoto impuro. Prendersela con Boncompagni e non con quei genitori tutti sorrisi e canzoni è filisteismo: l’uno fa, con qualche ignobiltà, il suo mestiere, ma gli altri sono volontariato della stupidità”.

Voi come la vedete? Non è la Rai è da promuovere o bocciare? Gianni Boncompagni è genio o carnefice?
Per riflettere, vi lascio a questo video di Youtube, il cui montaggio pepato denuncia a pieno il nocciolo della questione…