Il pubblico Rai invecchia. Si corre ai ripari
Lo sapevate che l’età media degli spettatori Rai è 51,6 anni? Quella Mediaset invece 44,9, quasi 7 anni in meno (dato influenzato, ad onor del vero, dal pubblico giovane di Italia1). A preoccupare Claudio Cappon e soci però, non è tanto l’età media degli spettatori, quanto l’aumento esponenziale della stessa: dal 2003 al 2007 infatti,
Lo sapevate che l’età media degli spettatori Rai è 51,6 anni? Quella Mediaset invece 44,9, quasi 7 anni in meno (dato influenzato, ad onor del vero, dal pubblico giovane di Italia1).
A preoccupare Claudio Cappon e soci però, non è tanto l’età media degli spettatori, quanto l’aumento esponenziale della stessa: dal 2003 al 2007 infatti, come si può leggere sul Corriere della sera di oggi, il pubblico Rai è “invecchiato” di 2,8 anni, mentre quello del Biscione di 1 anno e mezzo. E se andiamo a vedere il satellite, si parla addirittura di un ridicolo +0,3.
Il dato, già di per sè preoccupante, peggiora ulteriormente se si prende in considerazione il prime time della rete ammiraglia: RaiUno infatti ha collezionato un aumento di 3,4 anni, contro, ad esempio, la diminuzione del 3,1 della rete giovane Mediaset, Italia1.
L’invecchiamento del pubblico, che tradotto “in cifre” potrebbe portare ad un abbassamento sostanzioso degli introiti pubblicitari – è pur sempre la fascia medio-giovane quella disposta a spendere di più, quindi maggiormente “condizionabile” dagli spot – è solo uno dei tanti elementi che hanno convinto la Direzione Rai a presentare un nuovissimo e vasto piano editoriale che dovrebbe entrare in vigore dall’autunno dell’anno a venire.
Nel progetto di Cappon, ampia critica viene rivolta ai cosiddetti “doppioni” presenti attualmente nel palinsesto delle tre reti Rai, ossia programmi rivolti ad uno stesso target presenti in contemporanea su più reti (ad esempio, Festa italiana e L’Italia sul due, o Mattina in famiglia e Sabato & domenica). Trasmissioni diverse permetterebbero di catturare l’attenzione di una più ampia fascia di pubblico e concentrerebbero di conseguenza l’attenzione dello stesso genere di pubblico su una sola rete.
Si torna inoltre a parlare di produzioni interne, con la nascita di una nuova struttura realizzativa, e di maggiore controllo verso le acquisizioni provenienti dall’esterno, con l’abbandono totale del genere reality.
Ma la maggiore attenzione sarà rivolta verso il genere cosiddetto “culturale”, da anni abbandonato dalla Tv di Stato, che dovrà occupare posti importanti nel palinsesto delle tre reti, anche a costo di rinunciare a qualche punto di share nel breve periodo. Questo dovrebbe, da un lato, ridare “dignità” alla Rai e dall’altro, catturare una grossa fetta di pubblico più giovane e culturalmente “interessato”.
Le idee, insomma, ci sono. Bisognerà ora vedere se si tradurranno in realtà e se, tra uno scossone politico e l’altro, Cappon riuscirà a dare stabilità ad un settore che da tempo ha focalizzato la propria attenzione verso obiettivi che poco avevano a che fare col “servizio pubblico”.