Il Nostro Generale fa edutainment con la fiction e la docu-serie: la recensione
La fiction non si pone problemi nel diventare all’occorrenza docu-serie per evitare didascalismi ma per fare Servizio Pubblico
All’apparenza Il Nostro Generale potrebbe sembrare la “solita” fiction agiografica, ovvero una di quelle sere tv che accompagnano il pubblico lungo il racconto della vita di un personaggio che ha contribuito a fare la Storia del nostro Paese. In realtà, la miniserie di Raiuno e RaiPlay ha una doppia faccia: da una parte è in effetti un racconto che prende per mano il pubblico con il più classico dei linguaggi; dall’altra, invece, intraprende la strada della docuserie, pur non essendo una docu-fiction a tutti gli effetti.
Il Nostro Generale, la recensione
La ricerca documentaristica presente in quei titoli la si ritrova anche ne Il Nostro Generale dove, però, a prevalere è il lavoro di scrittura da fiction. Affidandosi alle sapienti tastiere di Monica Zapelli e Peppe Fiore, il lavoro di interpretazione prevale su quello di semplice racconto della realtà, che comunque rimane grazie al racconto del personaggio inventato appositamente di Nicola (Antonio Folletto).
È lui ad intervallare le scene nel corso degli episodi facendo il punto della situazione sul contesto storico in cui Dalla Chiesa (un Sergio Castellitto che anche in questo caso si mette a disposizione di un racconto d’impegno sociale) e i suoi ragazzi del Nucleo Antiterrorismo devono lavorare. Dei mini-spiegoni che evidenziano la vera natura di questa fiction.Il Nostro Generale è infatti un prodotto di edutainment a tutti gli effetti, un genere che difficilmente si vede in prima serata ma che si è voluto portare all’attenzione del grande pubblico con questa storia.
E l’operazione, nel suo complesso, è riuscita. Non stiamo parlando di una serie dall’ambizione sovversiva o provocatrice; siamo piuttosto dalle parti del racconto popolare e, per questo, della necessità che sia compreso a tutti.
In altre parole, la scelta di Stand By Me è stata quella di affidare alla voce fuori campo di Nicola ed alle immagini di repertorio quello che sarebbe potuto diventare, per dirla alla Boris 4, “lo dimo”, ovvero dei lunghi e fastidiosi dialoghi che avrebbero descritto situazioni di cui i personaggi sono già al corrente, ma che devono essere esplicati per il pubblico.
Ecco che, quindi, nel suo voler essere il più popolare possibile, Il Nostro Generale ha comunque cercato non la strada più semplice, ma quella che fosse davvero utile a trasformare una fiction in una pagina di Servizio Pubblico a tutti gli effetti.