Il mondiale avvelenato
Sarà un mondiale di calcio decisamente atipico, quello che si sta avvicinando. Tanto per cominciare, perché la RAI non trasmetterà tutte le partite e ritorneremo indietro di almeno una trentina d’anni, quando il posto per vedere i mondiali era il bar: le televisioni non erano in tutte le case, il tubo catodico era un investimento
Sarà un mondiale di calcio decisamente atipico, quello che si sta avvicinando.
Tanto per cominciare, perché la RAI non trasmetterà tutte le partite e ritorneremo indietro di almeno una trentina d’anni, quando il posto per vedere i mondiali era il bar: le televisioni non erano in tutte le case, il tubo catodico era un investimento per i locali. Oh, sì, certo, l’Italia è appannaggio anche del servizio pubblico, ma gli appassionati non si fermeranno a pochi grappoli di partite.
La stessa cosa è accaduta per un po’ per il campionato, ma il mondiale è il mondiale.
Però.
Però quest’anno c’è qualcosa di diverso. C’è che il calcio degli interessi, delle fideiussioni, delle quotazioni in borsa, delle intercettazioni e dei furbetti, dell’italietta e dei miliardi ha avvelenato il clima. E chi rischia grosso, in questo senso, è proprio la televisione che, con il suo meccanismo perverso e a tratti insulso, ha alimentato – insieme alla quotazione in borsa delle squadre – un calcio che trascende dallo sport e diventa semplicemente affari. La tv rischia di soccombere a causa del sistema stesso che ha alimentato. Ma l’Italietta riuscirà, questo è fuori discussione, a resuscitarla, trovando qualche capro espiatorio e fingendo che tutto sia sotto controllo. Almeno provarci, a ricordarlo oggi per il futuro, è già qualcosa.