Cucina, stacchetti musicali, quiz, interviste strappalacrime. Il Grande match si dimentica il calcio parlato
Unire calcio e intrattenimento non è semplice. E il programma di Flavio Insinna lo conferma
Che Il Grande match al suo debutto su Rai1, venerdì 10 giugno, non abbia convinto è una certezza. Che l’intenzione di unire calcio e intrattenimento sia assai complicata lo è altrettanto. Soprattutto se ti puoi permettere come guest star della prima puntata al massimo Paola Minaccioni.
Come se non bastasse l’infinita e superflua passerella iniziale (oltre 8 minuti netti), con la presentazione e l’ingresso in studio dei vari componenti del cast fisso, ad allontanare il più possibile il pubblico generalista dalla tv ci pensa la noiosa lezione tattica di Federico Balzaretti su Francia-Romania con tanto di schermo calato dall’alto e scrivania/cattedra.
Flavio Insinna sin dal monologo di apertura mantiene il suo stile enfatico e retorico ma si dimostra incapace di interagire con gli esperti presenti in studio. E così i loro interventi finiscono per comporre una rassegna di pareri più o meno prestigiosi tutti slegati uno dall’altro. Zazzaroni prova a imbastire un minimo di talk, ma poi scivola sulla gaffe “il problema è che è africano” a proposito di Yaya Touré e della scarsa affidabilità della sua parola (secondo mister Mancini). Il limite più evidente resta comunque l’incapacità di parlare di calcio in modo brillante e divertito senza comporre una confusa accozzaglia di formati e generi televisivi.
La componente entertainment è giustificata con la presenza della piccola orchestra – con Serena Rossi in stato interessante – in studio (ma gli stacchi musicali appesantiscono la diretta), con l’intervista all’attrice (ed è subito emotainment con le lacrime della Minaccioni), con la gag della carpa, con l’immotivato quiz e con l’immancabile (ma evitabilissimo) angolo cucina.
P.s. Solidarietà ad Arrigo Sacchi, a suo agio nel programma come un astemio sociopatico in discoteca a Formentera a Ferragosto.