Il fattore umano: Non è un Paese per gay, viaggio nella Turchia omofoba
Il programma di inchieste andrà in onda stasera alle 23.15 su Rai 3.
Non è un paese per gay è il titolo del viaggio in Tunisia che la trasmissione Il fattore umano propone stasera alle 23.15 su Rai 3, a cura di Chiara D’Ambros e Matteo Delbò.
Si tratta di uno dei Paesi del mondo dove la comunità LGBTQIA+ è colpita da leggi omofobe: sono previsti fino a 3 anni di carcere per chi viene identificato come persona LGBTQIA+ e dal 2011 al 2020, stando a quanto dice l’associazione Damj, sarebbero state 2699 le persone arrestate. Lo spazio pubblico non è sicuro per omosessuali, lesbiche e transgender in Tunisia, così come per gli attivisti che si battono per il riconoscimento dei loro diritti.
Una mancanza di libertà che accomuna la Tunisia ad altri Paesi nel mondo: stando a quanto recita il rapporto del dicembre 2020 di Ilga World (International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex Association) 69 Paesi membri dell’ONU continuano a criminalizzare atti sessuali omosessuali consensuali tra adulti. In 6 Nazioni è prevista la pena capitale. In queste ultimi giorni il presidente tunisino Kais Saied ha presentato una nuova costituzione che verrà votata il 25 luglio, a un anno esatto dal giorno del suo insediamento.
Nella nuova costituzione ci sarà spazio per maggiore libertà per la comunità LGBTQ o prevarrà la spinta conservatrice che caratterizza il Presidente? Le cose non vanno meglio negli altri paesi del Maghreb: in Marocco, Algeria e Libia l’omosessualità è vietata. Nemmeno le primavere arabe, che nel 2011 hanno portato un forte vento di cambiamento in tutta l’area, sono riuscite a smantellare le leggi che risalgono al periodo coloniale e che criminalizzano la comunità LGBTQIA+.
A fare da guida al reportage de Il fattore umano sarà lo scrittore marocchino Abdellah Taia, che ha subito direttamente la discriminazione e la violenza in quanto omosessuale. Per lui la questione LGBTQIA+, prima ancora che una questione morale o sociale, si presenta una questione politica. Ovunque c’è ancora molta resistenza rispetto alle rivendicazioni dei gay, denuncia Taia. La questione LGBT+ non è mai una priorità. Lo diventa se la comunità si rende visibile e troppo spesso in questi casi viene attaccata, piuttosto che ascoltata. Succede nel Maghreb, è accaduto in Turchia qualche giorno fa.