I fantasmi del Commissario Ricciardi, sospeso tra tv di ieri ed oggi: l’effetto, però, funziona
Lino Guanciale ed il suo Commissario Ricciardi sono sospesi tra i tempi e tra i generi: l’effetto, però, funziona
Più si segue Il Commissario Ricciardi più viene in mente una parola: “ibrido”. Già le opere di Maurizio de Giovanni da cui la serie di Raiuno è tratta, e poi la serie stessa, hanno questa capacità di unire passato e presente, classico e contemporaneo.
C’è la Napoli di una volta, un’ambientazione storica che riporta Mussolini a comparire (o citato o sfocato, sullo sfondo delle scene) in prima serata su Raiuno, il genere del giallo che più giallo non si può e del melò puro su tutti i fronti. Poi, però, c’è anche l’irriverenza di chi resiste al regime, la sceneggiatura che risolve il caso a colpi di deduzione ed il sovrannaturale dei fantasmi e delle loro ultime parole.
Ecco, i fantasmi: ne Il Commissario Ricciardi tutti i personaggi, non solo il protagonista, hanno a che fare con un presenze ingombranti nelle loro vite. La giovane Enrica (Maria Vera Ratti) sente le insistenze della madre a trovare marito come ostacolo verso il suo vero amore, ovvero lo stesso Ricciardi; il Brigadiere Maione (Antonio Milo) avverte quanto la morte del figlio Luca stia facendo crollare la sua famiglia; Garzo (Mario Pirrello) è vittima delle pressioni della sua stessa ambizione.
Tra tutti loro, è però Ricciardi il più onesto, almeno con se stesso: la sua scelta di condurre una vita solitaria, sacrificando la propria felicità, è generata proprio dal suo dono. Ma si può essere felici ed al tempo stesso poter aiutare gli altri? Secondo Ricciardi no: un ragionamento, il suo, che è motore principale del personaggio, a cui Lino Guanciale dà la giusta benzina, abituato com’è ormai ad interpretare in tv uomini che faticano nei rapporti interpersonali.
Sono quindi i fantasmi a muovere tutta la serie? No: l’impegno nel portare in tv una saga letteraria che, su carta, gioca sapientemente con la fantasia dell’autore, è stato tanto, e si vede. Fin dai primi minuti Il Commissario Ricciardi fa staccare il pubblico dall’oggi e lo trasporta in un passato accurato, che si prende i tempi giusti e che dà alla colonna sonora particolare importanza nel descrivere i momento non gialli, ovvero quelli legati al sentimento.
Il Commissario Ricciardi non è una serie dei giorni nostri, ma neanche una serie di altri tempi: è, appunto, un ibrido, una produzione sospesa tra due tempi, che però non si sente schiacciata, tutt’altro. Si fa dondolare dai generi, creandosi uno proprio spazio ed una narrazione rispettosa della fonte letteraria. Il merito di Ricciardi è questo: fare di quei fantasmi del passato seriale la propria forza e trasformazione.