Home Il Commissario Montalbano Il Commissario Montalbano ritrova equilibrio e passione (anche per una Livia ‘formato famiglia’)

Il Commissario Montalbano ritrova equilibrio e passione (anche per una Livia ‘formato famiglia’)

Il Commissario Montalbano è tornato con tutto il suo repertorio, ma anche con qualche novità.

pubblicato 1 Marzo 2016 aggiornato 2 Settembre 2020 04:01

Il Commissario Montalbano ritrova smalto nel primo dei due film tv che compongono la decima stagione del ciclo dopo qualche film tv in cui messa in scena e disegno del personaggio appariva appannato. Una Faccenda Delicata propone un Salvo Montalbano più ‘centrato’ non tanto nella conduzione delle indagini – che restano uno dei suoi cavalli di battaglia – ma proprio come personaggio. Il Commissario sembra aver superato quella ‘frenesia’ che ha segnato le ultime stagioni letterarie e televisive: messe da parte le scappatelle e i nervosismi da ‘puledro in gabbia’, Salvo sembra aver trovato una sua nuova dimensione che si riverbera in una gestione più serena, ironica, divertita e leggera anche del Commissariato, o meglio del rapporto con Mimì, Fazio e Catarella.

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Il ‘nuovo’ Salvo non sbraita al telefono, non infierisce più di tanto con il povero Mimì – lui invece regredito a una fase ‘pre-Beba’ non solo per la scappatella con una teste, ma anche nella gestione cieca e testarda dell’indagine che lo trasformano quasi in un alter ego del PM Tommaseo -, si lascia portare nel gorgo dei segreti che l’omicidio della prostituta 70enne scatena, ma senza farsi travolgere. Un Montalbano lucido in linea con una Livia del tutto rinnovata, e non solo nelle fattezze.

La Livia di Sonia Bergamasco torna un po’ alle origini: è una donna consapevole dei limiti del suo compagno, ma mai come ora appare innamorata e aperta a questo compagno imperfetto, capace di essere onesto e mascalzone nello stesso tempo. Dopo anni di abbaiate, Livia e Salvo tornano a ridere e stare insieme, merito anche di una ‘rinascita sexy’ dell’eterna fidanzata genovese. C’è tanta voglia di famiglia in questa nuova stagione, ma non è nè rivendicata, né fuggita: è vissuta con una naturalezza che sembra segno di una maturità ‘ritrovata’. La morte di François, appena accennata, sembra averli riavvicinati e sembra aver dato loro quella quotidianità cui Salvo era allergico fino a poco fa. Cene in casa, film sul divano, persino un cane cui il commissario si affeziona. Un altro Salvo, insomma, che però non stona, anzi sembra sintonizzarsi su questa nuova Livia, accettata persino da Adelina,  anche lei conquistata dalla pelosa new entry. Le cose stanno cambiando a Marinella, ma funzionano. Ed è questo l’aspetto che più di altri distanzia la versione tv da quella letteraria: del resto questa prima puntata nasce da due racconti di periodi diversi. E l’ingresso di una nuova interprete ha inevitabilmente ridisegnato il rapporto tra Salvo e Livia. A mio avviso in meglio. Ha ridato senso al personaggio della fidanzata.

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Sul fronte narrativo, le due indagini non sono, invece, affatto equilibrate: l’innesto della ‘storia pedofila’ è abbastanza fine a se stessa e fin troppo rapidamente risolta, anche perché decisamente telefonata. La vicenda principale – quella dell’omicidio – invece gira bene, per centri concentrici, che avviluppano progressivamente il Commissario, che ha non pochi problemi a non farsi distrarre dalle vie semplici, quelle in cui casca in maniera fin troppo banale il buon Mimì. In questo senso, si sta definendo in maniera ancora più netta un’antinomia tra Mimì, il vice-commissario impulsivo e facilone, e Catarella, sempre più ‘lanciato’ sul piano investigativo e non solo ‘informatico’. Nel mezzo Fazio, che non perde la sindrome dell’anagrafe, ma che è ormai organicamente cresciuto, diventando l’ombra di Montalbano: partito come il puledro di razza, diventato poi il ‘perfetto’ (e irritante) assistente che anticipa pensieri e mosse, ora Fazio ha la maturità del Commissario e che lo rende una sorta di suo ‘doppio’. Servono sempre meno parole perché i due si capiscano. E la sceneggiatura lo mostra in maniera efficace.

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Le parole chiave, in fondo, del plot di questa prima puntata – e anche della coppia protagonista – sono ‘amore’ e ‘bambini’: un abbinamento che spesso torna nelle indagini di Montalbano. Da una parte i bambini usati per vendette personali da parte di una mamma abbandonata dall’amante, dall’altra  bambini testimoni cruciali per la risoluzione dell’indagine e ancora il racconto di una ‘fecondazione eterologa’ ante-litteram, di quelle che riempiono tante storie ‘minime’. E devo dire che mai come in questi giorni la storia di Maria, di quell’uomo che le chiese un figlio per colmare il senso di vuoto di una famiglia senza figli condiviso, per un certo periodo, con la moglie sterile è di una eccezionale attualità.

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Sul piano della confezione, la sensazione è che Sironi abbia voluto compattare tutto l’immaginario visivo di Montalbano in una sola puntata: tante le inquadrature al telefono sui terrazzi, in diverse condizioni di luce – dal mattino all’immancabile tramonto -, peraltro insistite; c’è la nuotata con annessa asciugata sul terrazzino inferiore: non manca anche la camminata sexy con occhiali da sole presa dal basso verso l’altro. Gli stilemi di Montalbano, insomma, ci sono tutti. E ci si concede tempo. Ho avuto la sensazione che ci si sia concesso il tempo di assorbire storia e personaggi, godendosi la scena senza inseguire il taglio e il montaggio ‘ritmico’. Anche in questo senso il principio dell’abbandono alla storia trova una sua possibile dimensione nella confezione.

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Cambiano un po’ gli scorci di Vigàta: ci si inerpica su vette che sembrano appartenere ad altri set, inediti finora. Ma si vive meno il paese in questa puntata: c’è tanta ‘casa’ invece. Ed è una svolta per Montalbano. Vediamo se la seconda confermerà il trend.

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