Il collegio 3 tra autogestione e mancata soggezione verso i professori: quando i ruoli sono invertiti e le espulsioni provocano spallucce
Il collegio 3, il ruolo tra professori e studenti sempre più labile. E nemmeno le espulsioni spaventano più…
La terza puntata de Il Collegio ha visto due espulsioni: Evan Nestola (a inizio puntata) e Michael Gambuzza (nella parte finale). Ma, nel corso delle due ore di programma, le conseguenze (ipotetiche e ideali) verso alcuni studenti, per i loro, comportamenti avrebbero portato a sfoltire metà classe.
Davvero, non sono un bacchettone, eh. Anzi. Non mi scandalizzo per un “cazz0” durante una lezione (magari non strillato…) o per qualche scambio di opinione tra insegnante e studente. Anche se questo dovesse avvenire in un ipotetico 1968 o in tv. Ma quello che è andato in onda per buona parte del tempo è stata una serie di continui e sfrontati atti di spavalderia che non fanno affatto sorridere e che, il più delle volte, mi hanno portato a sperare –pregare– che si trattasse di un copione da seguire. Perché, almeno in quel caso, mi sentirei rasserenato, in parte.
Gli studenti che stanno seguendo questo esperimento sociale (cit.) vivendo nel passato 1968 sono allergici, intolleranti, lontanissimi da qualsiasi regola minima. Rispondono (male) ai professori, non comprendono minimamente la diversità dei ruoli (insegnante/studente), borbottano davanti alle telecamere e con i compagni, sbuffano fieri, a voce alta, di fregarsene di Leopardi perché “tanto è morto mica devo andare al suo compleanno”.
L’impressione principale nell’assistere a questa terza puntata (che immagino non sia così diversa dalle altre) è proprio che gli scolari siano convinti che tutto, a loro sia concesso. E l’idea che a seguirli vi sia una telecamera, rende probabilmente il loro comportamento ancora più galvanizzante. Le riprese e la messa in onda sembrano quasi rendere più epico e divertente rispondere a tono, sparare castronerie e comportarsi in maniera arrogante o maleducata.
C’è chi si alza per scrivere, alla lavagna, una frase con lo scopo di prendere in giro la professoressa di matematica di turno. Il docente di un’altra materia, entra, si indigna e caccia dall’aula lo studente. Il risultato? Sempre un disinteresse costante per la punizione da parte dei diretti coinvolti e sguardo sbigottito, del sottoscritto, da casa. E, ripeto, non perché io sia un rigidone amante delle regole ma semplicemente perché, nel contesto raccontato (al centro del format) l’anello debole diventano i professori mentre gli studenti sembrano avere il potere di poter dire e fare tutto.
C’è il tema dell’autogestione, in questa terza puntata. E allora via di corse, di balletti in cortile con il giradischi. Ma la musica non piace e così, ecco l’intenzione di recuperare gli smartphone chiusi nel cassetto, entrando nell’ufficio dell’istituto. Ovviamente con telecamere al seguito, pronte a registrare ogni attimo. “Prendi il cellulare”, “No, lascialo, rischiamo di farci togliere questo beneficio” dice una voce fuori dal coro che sembra possedere un raziocinio sufficiente.
l’autogestione viene poi annullata dal rettore e si torna alle lezioni. Insieme a quelle, ovviamente, il cazzeggi0 plateale, lo scazz0, gli sbadigli volutamente non nascosti e quella ostentata spocchia che tanto sembra attirare la lucina rossa delle telecamere. Ma il messaggio che traspare è sempre quello sbagliato…
Dimostrazione assoluta lo abbiamo nei momenti delle due espulsioni di cui vi abbiamo parlato a inizio articolo. Un ragazzo viene cacciato perché ha infranto le regole tagliandosi i capelli come voleva lui. Un altro, invece, ha strillato “Non urlare!” alla professoressa di matematica che lo ha ripreso più volte e gli ha ordinato di uscire dalla classe dopo l’ennesimo comportamento ‘strafottente’. Due espulsioni dal collegio che hanno portato a cosa? Spallucce. Sì, semplicemente spallucce. Valigia in mano, abbracci e baci ai compagni, letterina di commiato e quella chiara e palpabile sensazione che la punizione non sia tale e che, a chi è stato cacciato, non importa proprio nulla. Ma zero.
Da uno a dieci? #IlCollegio #Rai2 pic.twitter.com/Z7R4c6vZN8
— Rai2 (@RaiDue) 26 febbraio 2019
Anzi, chissà, volete mettere la gioia di poter usare nuovamente lo smartphone e la connessione 4G?
Assistere a queste due ore di programma provoca un corto circuito delle intenzioni iniziali. La rigidità delle regole (in questo caso nel 1968 rappresentato) si scontra con l’atteggiamento moderno dei giovani scelti per comporre questa classe. Non sto dicendo che tutti siano così, nel 2019. Ma buona parte di quelli che compongono questa classe… sì. E se le rigide regole vengono dribblate, ignorate, sbeffeggiate e, insieme a loro, anche i professori… a cosa stiamo assistendo? Alla rappresentazione di una arroganza di atteggiamenti spesso esibita, protagonista ed esempio negativo che non è nemmeno “divertente” ma irrita solamente.
E quell’autogestione di prova della puntata di oggi sembra semplicemente essere perenne da parte di alcuni studenti, convinti di poter dire e fare quello che (ca**o, ma bisbigliato) vogliono.