Il Clandestino, Edoardo Leo e Rolando Ravello a TvBlog: “L’arte e la cultura non devono essere clandestini, ci permettono di riconoscerci”
Attore protagonista e regista de Il Clandestino raccontano la nascita della formula della serie tv, tra investigazione e comedy, e l’importanza che l’arte e la cultura dovrebbero avere nella società
Abbiamo iniziato a conoscere Luca Travaglia la settimana scorsa: questa sera, lunedì 15 aprile 2024, su Raiuno e RaiPlay va in onda la seconda puntata de Il Clandestino, la nuova serie tv con protagonista Edoardo Leo, nei panni appunto dell’ex ispettore dell’Antiterrorismo che dopo un errore che è costato la vita anche alla donna da lui amata (e che forse gli nascondeva un segreto) si trasferisce a Milano e, un po’ controvoglia, fa nascere un’agenzia investigativa con l’amico Palitha (Hassani Shapi).
Una formula che, come abbiamo già avuto occasione di scrivere, ricorda molto i telefilm di una volta e che porta in tv un’improbabile coppia che però funziona e che riesce a creare il giusto mix tra investigazione e comedy. Come ci è arrivati a questa formula?
“A me la serie è stata offerta quando aveva già nel Dna questa inclusione di generi che si mischiano”, ci spiega il regista Rolando Ravello. “L’idea è nata più per merito di Edoardo insieme a Renato (Sannio), Ugo (Ripamonti) e Michele (Pellegrini), che sono i tre sceneggiatori. Io sono entrato dopo, con questo non mi voglio tirare fuori dal lavoro sulla sceneggiatura: abbiamo collaborato tutti insieme, però non voglio neanche prendermi meriti che non sono miei”.
“Sì, le cose sono andate così, però poi c’è l’impronta del regista, è lui che decide quale accento porre”, specifica Leo, “in questo caso la vera sfida era quella di stare in un equilibrio in cui dramma, romanticismo e commedia fossero presenti in ugual misura e almeno da questo punto di vista ci sembra una scommessa vinta”.
Ravello, però ci tiene a precisare un dettaglio che chi ha seguito la prima puntata avrà sicuramente notato:
“C’è un terzo personaggio nel film, il camioncino con cui vanno in giro Palitha (Hassani Shjapi, ndr) e Luca. È come fosse la macchina di Starsky & Hutch, ma rivista e corretta, un camioncino d’epoca, un 1100 del 1940-50 sgangherato! Per fare gli inseguimenti con un camioncino degli anni ’50 non è proprio semplice”.
Edoardo Leo a Sanremo hai tenuto un bellissimo monologo sull’importanza degli artisti e della loro arte di fronte agli orrori dell’attualità. “Siamo i primi a non dover considerare la poesia, la letteratura, il cinema, i romanzi qualcosa di superfluo”, ci dice l’attore. “Non facciamo solo intrattenimento: l’arte è una cura, è una salvezza. Una poesia di qualcuno che non conosci a volte ti fa sentire meno solo; quando leggi il testo di una canzone in un momento in cui stai male e scopri che quella canzone parla di te… Vuol dire che c’è qualcuno che ha provato le tue stesse cose e che ti ha dato le parole per descrivere il tuo dolore. È una cosa fondamentale ed a questo servono i film e anche le serie tv. È anche vero che dire che l’arte è libera è una specie di ossimoro: anche la Cappella Sistina è stata fatta su commissione… Il problema non è tanto un discorso di libertà, ma un discorso di spazi. Certo è che, come ho detto a Sanremo, che un buon indicatore del livello di democrazia di un paese è vedere come tratta i propri artisti: spesso siamo il primo bersaglio”.
Ravello non solo è d’accordo, ma lancia anche un appello:
“Bisogna proprio smetterla di far passare ancora il messaggio che la cultura e l’arte sono superflui, degli optional inutili. Il mondo della cultura è quello che cementa un popolo, che lo tiene unito, che lo fa sentire vivo, che ti dà qualcosa in cui riconoscerti. Se continuiamo a ritenere la cultura qualcosa di non necessario, non ci si può poi lamentare se il cittadino non si riconosce all’interno del proprio Stato”.