I ragazzi di Pippo Fava, su Rai 3 una storia esemplare di mafia, giornalismo e libertà
A trent’anni dall’uccisione del fondatore de I Siciliani, Rai 3 ricorda il giornalista con un docufiction firmata da Gualtiero Peirce e Antonio Roccuzzo, uno dei ‘carusi’ della redazione di Fava.
“C’è un’enorme confusione sul problema della Mafia: I mafiosi stanno in Parlamento, i mafiosi a volte sono ministri, i mafiosi sono banchieri, i mafiosi sono quelli che in questo momento sono ai vertici della Nazione. Quelli che chiedono la taglia su una piccola attività commerciale sono piccoli delinquenti, che ormai credo siano presenti in tutte le città italiane…”
Così rispose Giuseppe ‘Pippo’ Fava al collega Enzo Biagi in un’intervista registrata il 28 dicembre 1983 per un programma su mafia e camorra: una settimana dopo, il 5 gennaio 1984, Fava veniva freddato da un killer del boss Nitto Santapaola con cinque colpi di pistola esplosi davanti al Teatro Stabile di Catania.
Bastano forse queste poche frasi a spiegare a quanti non ne hanno mai sentito nominare, o a chi ne ha perso la memoria, chi fosse Pippo Fava e come vivesse il mestiere di giornalista. Ma nel giorno del 30° anniversario della sua morte, Rai 3 trasmette in prima serata la docufiction I Ragazzi di Pippo Fava, tratta dal libro “Mentre l’orchestrina suonava ‘Gelosia’” di Antonio Roccuzzo, che fu uno dei ‘carusi’ di Pippo e ora sceneggiatore con Gualtiero Pierce del film-tv.
Prodotta da RaiFiction e Cyrano New Media e diretta da Franza Di Rosa, la fiction vuole ricordare l’esperienza de “I Siciliani”, rivista fondata da Fava nel 1982 che fece dei rapporti tra Mafia e Politica uno dei suoi principali filoni d’inchiesta. Un impegno civile quello di Fava che aveva già portato nel 1980 alla trasformazione del quotidiano “Il giornale del Sud” in una sorta di giornale ‘militante’ nella lotta alla Mafia grazie anche a una redazione ‘rivoluzionata’ e formata esclusivamente da giovanissimi giornalisti che lo seguirono poi nell’esperienza della rivista alla chiusura del quotidiano, due anni dopo.
Come per Peppino Impastato, ucciso nel 1978, l’imperdonabile errore di Pippo fu quello di seguire “verità, giustizia e libertà”, le parole-chiave della sia missione giornalistica, e di parlare apertamente di Mafia. Ogni inchiesta de “Il Giornale del Sud”, e successivamente ogni numero de “I Siciliani”, era rivolta a denunciare connivenze e traffici illeciti di Cosa Nostra.
Ma il racconto tv non si presenta come un’agiografia di Pippo Fava ‘martire della Mafia’, ma come una sorta di romanzo di formazione: il punto di vista della narrazione è proprio quello dei ‘carusi’ di Pippo, quel gruppo di giovanissimi giornalisti, tra cui il figlio Claudio, che si gettarono nella mischia e impararono il lavoro su un campo reso ancora più duro dalla presenza della Mafia. Un racconto anche ‘sulla linea d’ombra’, sul drammatico passaggio tra l’entusiasmo della gioventù e il cruento passaggio alla maturità, segnato proprio da quel 5 gennaio 1984, quando un killer chiuse la bocca a Fava per sempre. Ma non ai siciliani.
E’ insomma la testimonianza storica a fare la parte del leone in questa docufiction, inizialmente prevista in seconda serata e poi promossa in prime time dopo qualche (giusta) rimostranza. Il direttore di Rai 3, Andrea Vianello, ha dato ascolto alle proteste e ne siamo lieti. E in attesa di vedere il film-tv, vi lasciamo a un estratto dell’ultima intervista rilasciata da Pippo Fava a Enzo Biagi per Film Story da cui abbiamo tratto la citazione iniziale. E trent’anni dopo stiamo ancora ragionando delle stesse cose…