I Fantastici di Pippo: Al Bano racconta a Blogo il suo debutto con Pippo Baudo
La versione di Al Bano rispetto al suo debutto raccontatoci da Pippo Baudo
Dopo aver letto il racconto di Pippo Baudo rispetto al debutto di Al Bano a Settevoci, eccoci giunti alla seconda parte della seconda puntata dei “Fantastici di Pippo”. Al Bano ci racconta la sua versione rispetto a quel debutto, oltre che il suo rapporto umano e professionale con Pippo Baudo.
Al Bano racconta a Blogo il suo debutto con Pippo Baudo
Per anni sono rimasto soggiogato dalla potenza umana di Pippo. Nonostante quel grande successo che mi ha avvolto negli anni, ogni volta che incontravo Pippo, lo vedevo come primo presentatore ed uomo di spettacolo che mi ha aiutato ai miei inizi. Avevo una specie di sacro timore nei suoi confronti. Lo vedevo quasi in “odore di santità” per quel che mi riguardava.
E’ sempre stato e lo è tutt’ora di una correttezza totale. Di una schiettezza unica. A proposito del mio debutto a Settevoci, alla prima puntata andai vestito praticamente come un impiegato di banca, con tutto il rispetto ovviamente per gli impiegati di banca. L’artista deve avere qualcosa di diverso, cosa che io allora non avevo. Pippo mi disse di provare a cambiare la mia immagine. Allora insieme al maestro Pino Massara e alla sua compagna Rossella Cons, andammo in un negozio a Milano, dove comprai, facendomi prestare i soldi della casa discografica Emi, un vestito molto bello in stile ottocentesco.
Mi cambiarono la montatura degli occhiali e da li nacque quell’Al Bano che poi esplose con “Nel sole”. Questo new look lo devo quindi anche all’insistenza di Pippo. Da quel momento smettevo di fare il metalmeccanico, anche se lavoravo nel Clan Celentano facendo un po’ di serate e nasceva l’artista Al Bano, tagliato rigorosamente in due Al-Bano.
Il suo primo Festival di Sanremo coincise anche con il mio primo Festival, ovvero quello del 1968. Poi ci sposammo quasi nello stesso periodo, tante cose sono combaciate nella nostra vita.
Ricordo che una volta mi chiamò in un programma, credo fosse Papaveri e Papere, dove c’era il maestro Canfora, Magalli e la regia era di Michele Guardì, dopo la disgrazia che mi aveva colpito. Era la prima volta che mettevo piede in uno studio, non ce l’ho fatta a cantare e me ne sono andato via. Pippo mi esortava a rimanere e a cantare, ma era più forte di me, non ce la facevo. Ricordo Pippo che mi disse: “La prossima volta non deve più succedere una cosa del genere”. La “prossima volta” fu il Festival di Sanremo del 1996, dove cantai “E’ La mia vita” e ricominciò la mia carriera da solista, visto che Romina aveva rotto il duo.
Di Pippo ho una totale devozione. Ne apprezzo l’intelligenza, il senso artistico, la grande sensibilità. Come non ricordare quell’anno in cui vincemmo a Sanremo nel 1984 con “Ci sarà”. Ricordo la protesta dei metalmeccanici dell’Italsider di Genova. Pippo invitò una delegazione di quegli operai sul palcoscenico del teatro Ariston e fece esporre le loro ragioni davanti a milioni di telespettatori. Ha condotto alla grande in quell’occasione e quella volta non uscì la copertina di Al Bano e Romina che avevano vinto la gara, ma i 6 operai dell’Italsider con Baudo sul palco.
Non ci siamo allontanati negli anni, pur non frequentandoci moltissimo. Io sono spesso in giro per il mondo e anche lui è spesso in giro, ma quelle volte in cui ci vediamo è come se fosse la prima volta: è una festa. Ho fatto qualche anno fa un concerto al teatro Sistina e Pippo era in sala. L’ho chiamato sul palcoscenico, c’era anche Tony Renis, ricordo che abbiamo fatto 20 minuti da brivido, raccontando, parlando, sfottendoci pure ogni tanto perchè un pizzico d’ironia fa sempre bene.
Insomma: Pippo Santo subito! Sempre che i Santi non si arrabbino.
Pippo è stato un grande, è diventato grandissimo e resterà tale!
Al Bano