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I Dieci Comandamenti, seconda puntata: Benigni sacerdote di Dio Padre ‘Costituente’

Roberto Benigni chiude I Dieci Comandamenti con uno sguardo più laico sull’esegesi biblica e con un ‘discorso all’umanità’: “La vita è un mistero, cercate la felicità che avete nascosto da qualche parte”.

pubblicato 16 Dicembre 2014 aggiornato 2 Settembre 2020 20:45

I Dieci Comandamenti, Parola di Benigni: la seconda e ultima puntata dell’evento tv con Roberto Benigni su Rai 1 offre un ritmo serrato. Sette i comandamenti ripercorsi da Benigni, che affianca aneliti di amore universale e celebrazione della grandezza di Dio a un’analisi più laica delle Tavole delle Leggi, viste nella loro dimensione sociale e regolamentativa della vita civile, 2000 anni fa come oggi.

E’ un po’ come se Benigni stesse continuando La più Bella del Mondo: dall’esegesi della Costituzione Italiana all’esegesi delle leggi della convivenza umana. Dal particolare al generale. Dio come un Padre Costituente. I Comandamenti come gli articoli della Costituzione, che sanciscono la convivenza dell’umanità, al netto dell’appartenenza religiosa.

Una lettura forse ‘esasperata’ la mia, ma guidata da due considerazioni. La prima è nell richiamo iniziale alla sospensione dell’incredulità. “Noi stasera ci lasciamo andare. Noi stasera crediamo in Dio, tutti”  permettendo così a chiunque (disposto a farlo) di entrare nel racconto. La prima legge della narrativa, in pratica. Credere in Dio non è necessario né per seguire il racconto, né per ‘applicare’ le leggi.

La mia seconda considerazione è nella conclusione, in quel suo appello alla ricerca della felicità, quel suo inno alla vita da vivere intensamente, qui e ora. Non c’è un’eternità ultraterrena: “Saltate dentro all’esistenza ora. Perché se non trovate niente ora, non troverete niente mai più. E’ qui l’eternità, non ce n’è altra!“. Ma anche la chiosa con Whitman è sintomatica, a mio avviso, di una lettura sociale, antropocentrica e non teologica, dei Comandamenti. Che poi Benigni abbia ormai abbracciato uno stile ‘ecumenico’ nel fare tv è un’altra storia.

A spingermi verso una visione meno ‘catechistica’ del lavoro di Benigni rispetto a quella descritta nella prima puntata è anche la scelta della tradizione/traduzione più vicina all’Ebraismo (ma riportata anche nella Bibbia CEI), il richiamo al Talmud, la lettura della Bibbia e le ‘frecciatine anticlericali’ verso una Chiesa bigotta e oscurantista che ha manipolato e travisato interi Comandamenti (Non commettere adulterio, Non desiderare donna e roba d’altri) in virtù di pruderie che niente hanno a che fare con la Parola del Signore. Un atteggiamento (mi sia concessa l’iperbole) più ‘luterano’ che cattolico/cristiano.

Al netto del sentire religioso e spirituale di Benigni e del suo pubblico, quindi, si crede in Dio per accettare il racconto. Tutto quindi si inserisce in questa cornice. E se le prima puntata è stata dedicata alla parte ‘divina’ delle Tavole, ai primi tre Comandamenti che hanno strettamente a che fare con ‘l’immagine’ di Dio, la seconda ‘scende’ verso l’immanente, verso le regole che governano non più i rapporti tra Dio e gli uomini, ma tra gli uomini stessi.

E la musica cambia. Cambia il ritmo, con sette Comandamenti densi di implicazioni e di collegamenti all’attualità che si succedono con andamento più o meno coinvolgentei. Si procede un po’ a onda, ma il tempo scorre. Benigni sa farsi ascoltare anche se si procede attraverso la retorica della pace nel mondo, della fraternità, dell’uguaglianza, ma anche lungo l’analisi storico-sociale delle Leggi: dal divieto di adulterio come salvaguardia della dinastia al non desiderare come forma di fuga dall’invidia; dal Non dire falsa testimonianza come principio cardine della costruzione dei rapporti umani al Non rubare, mezzo per il raggiungimento della dignità.

 

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La chiusura invece torna sui temi ormai cari a Benigni: l’amore ‘universale’ che attraversa tutto il racconto e che culmina nel comandamento più squisitamente cristiano (nel senso di caro a Cristo) dell’Ama il prossimo tuo come te stesso. L’amore – già faro dell’esegesi dantesca (soprattutto del Paradiso), dell’interpretazione dell’Inno di Mameli, della Costituzione – non può che chiudere la lettura dei Comandamenti. Si torna sul terreno più noto e più caro alla retorica del Benigni da prima serata.

I Dieci Comandamenti tornano quindi ad essere un ‘manuale educativo’, un Codice comportamentale, una guida per vivere al meglio un’esistenza che si dà come finita, terrestre, mortale nella concezione di Benigni. La vita è breve, rendiamola bella. Per farlo abbiamo la Parola di Dio da ‘sfruttare’ come guida.

L’analisi teologica della Bibbia la lascio ad altri. Non entro nel merito. E’ anche vero che la formula dell’esegesi, cara al Benigni tv, si nutre della ‘distrazione’, ‘dell’ignoranza’ (nel senso che ignora) del pubblico. Anche per questo potrà avere a lungo successo.

Il modello del racconto, però, è a mio avviso quello già conosciuto con La più Bella del Mondo. Avverto una differenza tra questo spettacolo (perché tale resta) e la costruzione più lirica della lettura di Dante – che resta l’ambito in cui Benigni mi convince di più – e dell’Inno di Mameli. Ho apprezzato, qui, il lavoro di recupero della traduzione/tradizione non bigotta dei Comandamenti. Questo richiamo ‘civile’ mi porta ad allontanare l’immagine del Benigni ‘sacerdote’ tout-court, pronto al Vaticano, al pulpito cardinalizio. Quel paio di riferimenti ai preti bigotti mi fa risentire l’eco, lontanissimo, di ‘quel che fu’ il Benigni di Wojtylaccio.

Il modello esegetico, però, non penso possa essere applicato ad libitum senza stancare. Non tutto può essere declinato nelle forme dell’esegesi televisiva, ormai manifestazione principale di Benigni in tv. Spero non arrivi ai Vangeli. Ma credo ci si arrivi.

La (ricerca della) Parola di Benigni resta un piacere. Stucchevoli, inveci, certi manierismi linguistici e interpretativi che fanno sì personaggio ma fanno anche ricalco di se stessi. E certe cose davvero non si possono più sentire.

Su una cosa però non si discute: Benigni sa fare il suo mestiere. Peccato che non sia più quello che ‘crocifiggeva’ i democristiani, che si divertiva a scardinare il linguaggio tv e le liturgie televisive. Ora ha creato un proprio format, un proprio linguaggio, una propria liturgia e la celebra fino in fondo.

Benigni | I Dieci Comandamenti | Seconda puntata | Diretta

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23.18 Rientra anche in studio per raccogliere il lungo applauso, che non vuole smettere. Due ore intensissime, mi sia concesso.

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23.17 Standing ovation.

23.15 “L’unica cosa che possiamo fare è inchinarci alla vita, come ha fatto Whitman”, con cui saluta il pubblico.

23.14 Alla fine di queste due serate l’unica cosa che si capisce è che tutto solo un gran mistero. La vita è molto più i quello che possiamo capire. Se l’avessimo potuto capire sarebbe finita da tanto tempo.

23.14 “Saltate dentro all’esistenza ora. Perché se non trovate niente ora, non troverete niente mai più. E’ qui l’eternità, non ce n’è altra!”

23.12 Tutto è amore. E amore coincide con la felicità. Cercatela ora la felicità. Ce l’hanno data a tutti noi, ma era un regalo così bello da averlo nascosto. E molti non si ricordano dove l’hanno messo. Mettete tutto all’aria. C’è la felicità! E’ lì! E anche se lei si dimentica di noi, noi dobbiamo ricordarci di lei”.

23.11 “Il problema fondamentale da 2000 anni è amarsi. Ma ora è un’urgenza. Affrettiamoci ad amare…”.

23.10 Ma la legge più rivoluzionaria, dice Benigni, è quella che impone di amarsi e il diritto di essere amati. Vuole che tutti si sentano amati, che conoscano l’amore.

23.08 “Diciamo che il prossimo è quello che ci è stato imposto e che fa di tutto per farci trasgredire. Ma Ama il prossimo tuo è per la Bibbia stessa la legge regale, che contiene tutto. Il resto sarebbe solo un commento a questo.

23.07 E sul concetto dell’amore sterminato di Cristo (che chiedeva di amare il proprio nemico) siamo tornati al catechismo della prima serata.

23.06 Ma qual era il comandamento preferito di Gesù? “Ama il prossimo tuo come te stesso”, ovvero il comandamento dell’Amore. Il comandamento che non potrà mai essere superato.

Benigni e I Dieci Comandamenti, seconda puntata: Decimo, Non desiderare la roba d’altri

23.05 “Non è un caso che sia l’ultimo: Dio Tuo sono le prime parole, Tuo Prossimo sono le ultime. E pare che le abbia confezionate proprio per dirci ‘Io sono il tuo prossimo’.

23.04 E siamo all’ultimo: “Desiderare la roba d’altri è il comandamento più vuoto, più triste. E’ volere essere qualcun’altro, voler rinunciare alla propria unicità, farsi ‘mangiare’ dall’invidia.

23.03 Pare che Dio ci chiederà conto anche di quello che non ci siamo goduti, di quello che legittimamente avremmo potuto avere. Sono fregata.

Benigni e I Dieci Comandamenti, seconda puntata: Nono, Non desiderare la donna d’altri

23.01 “Con i Dieci Comandamenti c’è la scoperta della coscienza. Dio ci ha dato coscienza della coscienza. E con Non desiderare Dio ci chiede di capire cosa c’è nel nostro cuore per orientarci al meglio”.

23.01 Gli ultimi due comandamenti sono così racchiusi nella versione ebraica “Non desiderare la casa del tuo prossimo; non desiderare la moglie di lui, né il suo schiavo e la sua schiava, né il suo bue né il suo asino né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo”.

22.59 “Siamo limitati nella nostra natura, ma limitati nella nostra natura. In De-Sidera ha in sé il principio che quello che abbiamo non ci basta. Ma non solo noi. Tutto il cosmo è una tensione di crescita e creazione.

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22.56 La forza e la novità di questo comandamento è il verbo ‘desiderare’. Ma il desiderio è al centro dell’arte, della letteratura, ma direi anche della vita.

22.54 Non desiderare la donna d’altri non vuol dire che si fa peccato a guardare una donna o a pensare qualcosa di fronte a una bella donna. Non è una condanna alla bellezza e al fascino. Vieta invece di desiderare la moglie del prossimo nel senso che vieta una strategia per ‘rubarla’, conquistarla, farla propria. Perché all’epoca la donna era proprietà del marito.

22.53 E siamo al nono e al decimo comandamento, che erano un tempo un’unica cosa. Invece nella numerazione cristiana, che non ha accettato come autonomo il divieto all’idolatria, si è scelto di dividere questo ultimo comandamento.

Benigni e I Dieci Comandamenti: Ottavo, Non Dire Falsa Testimonianza

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22.51 “Il potere non vuole che si veda e si conosca la verità. Il potere mente, sempre. Vuole che ce ne dimentichiamo. E invece noi dobbiamo cercarla. E per cercarla dobbiamo dirla. E dicendo la verità si diventa belli. Perché verità è bellezza, bellezza è verità”.

22.50 Il che non vuol dire imporre di dire sempre la verità. Se così non fosse non si potrebbe vivere. Ci sono invece situazioni in cui è eroico non dire la verità, come chi subisce torture per non tradire gli altri, casi in cui proprio per amore degli altri non bisogna dire la verità. La differenza tra la bugia e la menzogna… (Rivolto alle generazioni post talent che pensano che sparare cattiveria sugli altri sia onorevole perché ‘è quello che penso e io sono onesto. E non è questa l’onestà).

22.49 Ma è soprattutto mettere in evidenza il potere della parola. Vieta l’inganno, l’ipocrisia, la finzione, l’omertà, il giudizio superficiale, la malevolenza, la malizia, la pettegolezzo, la bugia, la calunnia, la menzogna per demolire gli altri manipolando la verità.

22.47 Ciò non toglie che l’Ottavo regola la vita civile. Noi partiamo dal presupposto che gli altri dicano la verità, dalla signora che ci dice l’ora agli orari dei treni. Siamo

22.44 Non dire bugie non sembrava un grande peccato. Ma in realtà si riferisce soprattutto alla giustizia e al Tribunali: “Non dire falsa testimonianza contro gli altri”. In fondo i processi, pubblici e all’aperto, erano basati solo dalle parole del testimone. Certo non potevano esserci riscontri scientifici o tecniche di indagini.

22.43 Siamo all’ottavo, con il Non Mentire. Dio proprio non può vedere i falsi, i bugiardacci… E la Bibbia inizia col serpente che mente.

Benigni e I Dieci Comandamenti: Settimo, Non Rubare

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22.42 Il settimo comandamento insegna che è gloriosa l’onestà. Punto. Ci comanda di essere liberi di vivere, che è la più divina delle libertà.

22.40 Rubare l’anima oggi? Rubare l’esistenza oggi? “Non dare lavoro. Senza lavoro non si è liberi di vivere”. O anche organizzare turni di lavoro impossibili, che tolgono il respiro, gli affetti. “Questo è rubare l’anima, rubare la vita”. “L’uomo più ricco del mondo è quello che possiede se stesso”: si scade nel luogo comune.

22.38 “Non rubare è la salvezza dell’anima e del mercato”. “Si può rubare con la corruzione, la concussione, con le fatture false, ma anche con i falsi invaliti, gli evasori fiscali, chi si fa timbrare il cartellino, l’usura, i veleni sversati nella terra sono furti perché ci rubano il mondo”. Ma è furto anche lo Stato con le tasse troppo alte. Insomma, democristianamente un po’ di là e un po’ di qua.

22.37 Ovviamente il furto è sviscerato con l’attualità. “Una delle forme del furto è quello di impoverire gli altri, soprattutto nella finanza. Pensiamo alla Parmalat. Non si ritiene più un reato, un peccato, non rispettare le regole del mercato.

22.36 “La condizione è la restituzione del maltolto. Ora ho sentito che il Governo ha approvato una legge per cui chi ruba e viene preso deve restituire la refurtiva. Ma come? Finora non c’ha mai pensato nessuno? La Bibbia parlava di restituzione raddoppiata o quadruplicata”.

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22.31 Come nasce? Nasce per condannare il furto di persone. La tratta degli schiavi e delle prostitute. E poi si è esteso.

22.27 Tanto semplice ma alla fine il più trasgredito.

22.27 Settimo, Non Rubare. “Questo Dio l’ha scritto proprio in italiano. E’ un comandamento ‘ad personam'”.

Benigni e I Dieci Comandamenti: Sesto, Non Commettere Adulterio

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22.25 Ma è anche un modo per tutelare la donna. E per rafforzare il principio, prende un celebre commento al comandamento dal Talmud,uno dei testi sacri dell’Ebraismo.

“State molto attenti a far piangere una donna perché Dio conta le sue lacrime! La donna è uscita dalla costola dell’uomo, non dai piedi, infatti non doveva essere calpestata; non è uscita nemmeno dalla testa per essere superiore all’uomo; ma dal fianco per essere uguale, un pò più in basso del braccio per essere protetta, e dal lato del cuore per essere amata”.

Qua ci stava bene la pubblicità.

22.23 Benigni vede un senso profondo di legame con gli altri, di non tradire i rapporti.

22.20 Benigni lo contestualizza in termini storico-sociali: gli uomini abusavano delle donne ed era costume. Era una forma di ‘gestione sociale’, di regole di vita civile. “Il senso ultimo non è proteggere il matrimonio, ma l’amore”. E qui, Benigni, mi cadi. Per come l’hai dipinta è una questione anche di ‘regole di ingaggio’ nelle guerre, una forma di rispetto per sé e per i propri figli. Ma lui poi gira sulla ‘fedeltà tra due persone che si amano’.

22.18 Il principio è che un uomo sposato non poteva fare sesso con una donna sposata. Il principio era quello della generazione della discendenza. Con l’adulterio c’è la mancanza di responsabilità sui figli. E’ una regolamentazione dei diritti dell’uomo e della donna, una sorta di legge di famiglia.

22.17 “Nessuno pensa sia proprio un peccato. Ci sono dei terapisti che la prescrivono nei matrimoni noiosi”. Ma si entra nel dettaglio.

22.16 “Non si possono avere rapporti sessuali fuori dal matrimonio. Ed è ancora valido. Lo ha scritto proprio Dio di persona. E’ una delle ’10 parole’ scritte da Dio. Oggi lo scriverebbe ancora? Oggi in fondo la Lussuria non è un peccato, è una statistica…”

22.14 “Questo comandamento se lo sono inventati i preti. Roba da far causa alla Chiesa! Roba da fare una class action co imiei amici. Potevamo stare bene, fare la vita dei Papi…”. E qui riconosco il principio del ‘Woytilaccio…”

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22.10 E ovviamente si va subito al passaggio per cui quando lui andava al catechismo (?) a 12/13 anni (?) il sesto voleva dire una sola cosa, che riguarda i maschietti. “Chi ha cambiato questo comandamento ha rovinato generazioni! Pensavamo che Dio stesse lì a controllarci sempre e che fosse la cosa che Dio odiasse di più”.

22.09 “La Chiesa lo ha manomesso: non solo ci ha fatto pensare che ogni cosa che riguardasse il sesso fosse peccato, tanto da rendere sesso e peccato sinonimi, ma poi ha parlato di una castità, spirituale e fisica, che nella Bibbia non c’è”.

22.06 Siamo al sesto, Non Commettere Adulterio. Se non ve lo ricordate, avete ragione. Nella tradizione/traduzione cattolica da quattro secoli è “Non Commettere Atti Impuri” (o il misterioso ‘Non fornicare’). La tradizione cattolica lo divideva in adulterio e castità (“quella che i preti si passano di padre in figlio” dice Benigni).

Benigni e I Dieci Comandamenti: Quinto, Non Uccidere

22.04 “Dobbiamo credere che sia possibile un mondo in cui non si uccida mai. E col Quinto comandamento, Dio ci chiede di scegliere tra la vita e la morte”.

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22.02 Il passaggio tematico è omicidio, pena di morte, guerra, estinzione. “E non abbiamo ancora scelto di non estinguerci: una guerra mondiale oggi ci distruggerebbe”. Ma a noi la guerra ci piace, l’umanità l’ha sempre amata.

22.01 Perché alcuni Stati conservano la pena di morte? “Per dirci che in fondo siamo crudeli… che siamo assassini anche noi”.

21.59 Perché si insiste sul delitto del fratello? Per sottolineare che chiunque si uccida è un proprio fratello. E ciascuno di noi è unico. Chi uccide qualcuno uccide qualcosa di irripetibile. “Dio sa contare sempre fino a uno” dice Benigni a proposito dell’omicidio: non importa quanti siamo i delitti. Uno è sempre unico. “Chi uccide, uccide se stesso. E il peggiore è chi permette che si uccida”: e si passa all’attacco sulla pena di morte.

21.56 Diciamo che siamo partiti bene, come umanità: come ci è stato dato il libero arbitrio la prima cosa fatta è stato l’omicidio. Caino e Abele, insomma. I quali non avevano mai parlato: i rischi dell’incomunicabilità.

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21.54 Allora come oggi: “Il secolo scorso è quello più omicida. E’ quello in cui è nato ‘il crimine verso l’umanità'”. E se nel quarto ci sono margini di poesia, qui si entra nella retorica.

21.52 Se il Quarto era la dissolvenza tra divino e umano, qua si entra nello strettamente umano. E si inizia con Non Uccidere. E le Tavole della Legge è il primo codice che contiene in maniera esplicita questo divieto. Non è un caso che, racconta Benigni, che sia quello che, paradossalmente, ha incontrato più resistenze. Quasi come se si ledesse il ‘diritto all’omicidio’.

Benigni e I Dieci Comandamenti: Quarto, Onora il Padre e la Madre

21.46 “Bisogna regalare ai genitori i nostri giorni, il nostro tempo, quello che si dice di non avere mai… Ma allora quale tempo in più ci regala Dio? Quello che noi regaliamo e che doniamo agli altri, che ci torna indietro decuplicato. Cerca dentro di te i giorni che non credevi di avere, cercali… io te li ho dati”. E qua mi sento colpita nel vivo.

21.43 Mi sembra di capire che la traduzione sia quella della tradizione ebraica, la versione più letterale, e non quella più sintetica della vulgata cattolica. La si ritrova però anche nella Bibbia Cei.

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21.43 Onorare i genitori non vuol dire ‘obbedire’ ai genitori, ma accudirli, soprattutto quando loro diventano bambini e noi siamo gli adulti. Di renderli gloria, di rispettarli, non contraddirli e non contestarli in pubblico, non ribellarsi troppo, evitare comportamenti che potrebbero farli vergognare”. Da quale testo sta prendendo il commento biblico?

21.41 “Tra politici ‘onorevoli’ e uomini d’onore ormai questa parola ha perso il suo valore, ma nella Bibbia ‘Onore’ si usa solo per Dio. E Dio la estende ai genitori…”

21.39 L’immagine del piccolo Roberto che a 6/7 anni fa catechismo a Vergaio e spiega il Quarto comandamento (“Se vuoi bene al babbo e alla mamma Dio ti fa vivere di più”) mi stride un tantino con la densità di tesserati al PCI tra Prato e dintorni…

21.35 Che vuol dire? “Onora la vita”. E questo è l’unico comandamento senza ‘non’, senza divieti, ma soprattutto con una ricompensa, un premio. “Onora il padre e la madre affinché si prolunghino i tuoi giorni sulla terra che il Signore Dio tuo ti dà”: il premio è la vita che si allunga.

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21.33 “Se questi comandamenti fossero persone io lo telefonerei tutte le sere. E’ tra i miei preferiti”. E’ il primo comandamento della seconda tavola della legge. E la posizione, si sa, non è casuale: si inizia ad andare verso il terreno, quelli che regolano i rapporti ‘orizzontali’, tra le persone. “Comandamento che è punto di incontro tra divino e umano, cielo e terra, come in una dissolvenza cinematografica…”.

21.32 Si parte subito col Quarto Comandamento, Onora il padre e la madre. “Solenne, dolce… oggi però dovrebbe essere esteso a ‘Onore alla nonna e il nonno”. Elogio dei nonni nell’epoca moderna.

21.31 “Forse ieri ho parlato con troppo fervore: oggi uno mi ha chiesto la confessione, uno voleva devolvermi l’8×1000”: si ironizza sulle critiche ricevute dopo la lezioncina di catechismo e le polemiche sul compenso?

21.31 Grazie per ieri sera. UN numero di persone enorme. Vi devo ringraziare. Un numero di persone enorme inaspettato per questo argomento, quasi dieci milioni. Vorrei ringraziarvi uno per uno… vi manderei a casa un geranio, un fiore… 80 euro”. Buonasera Renzi.

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21.28 E ci siamo. Via alla diretta con la solita sigletta di Benigni firmata Piovani. Ed entra in scena il Premio Oscar.

21.25 Si ripartirà dunque dal Quarto Comandamento: Onora il Padre e la Madre.

I Dieci Comandamenti di Benigni, seconda puntata in diretta: anteprima

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21.17 Si parte con un’anteprima che raccoglie i momenti salienti della prima puntata, o meglio le premesse ‘narrative’ di ieri. “Lasciamoci andare, per tutti Dio esiste” dice Benigni. Sintesi dei primi tre comandamenti, illustrati ieri. Quindi secondo stacco pubblicitario prima della no-stop.

21.16 Pubblicità prima della lunga diretta senza break.

21.10 Siamo agli ultimi pacchi di Insinna. E poi via verso Benigni

20.30 “Stasera i comandamenti sono sette. Peccato che nostro Signore ne abbia scritti solo 10, perché sennò si poteva fare una ventina di serate. E poi quelli di stasera sono fortissimi, quelli che ci riguardano un po’ più da vicino” commenta Benigni. E come previsto, gli atti impuri già scatenano ilarità. “Si farà un salto sulla sedia della nostra anima” promette Benigni. “Vederla in questi spettacoli è una grande bellezza” commenta Mollica, che con Benigni è più Mollica di sempre. A tra poco.

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20.28 “Essere abbracciati da 10 milioni di persone è meraviglioso. Posso dire solo grazie”, dice Benigni a Mollica in collegamento col Tg1.

20.12 Iniziata l’attesa per la seconda e ultima puntata dei Dieci Comandamenti di Roberto Benigni. Dopo la prima puntata i commenti non sono stati particolarmente entusiastici, o almeno non così massicciamente elogiativi come in altri casi. Intanto Affari Tuoi potrà avvantaggiarsi del traino, mentre domani avremo il polso degli ascolti e potremo valutare nel complesso l’operazione ‘biblica’.

I Dieci Comandamenti di Roberto Benigni | Puntata Finale

Roberto Benigni e I Dieci Comandamenti tornano su Rai 1 questa sera, martedì 16 dicembre, alle 21.10 per la seconda e ultima parte del suo ‘show’ esegetico. Un genere tv inaugurato dal comico toscano nel quale può dirsi ‘maestro’ – e di fatto unico ‘sacerdote’ – al netto delle valutazioni specifiche sul singolo programma.

Gli ascolti della prima puntata de I Dieci Comandamenti hanno senza dubbio entusiasmato l’ammiraglia Rai: 9.104.000 telespettatori per uno share del 33,22% che ha fatto della serata di ieri il programma più visto dell’anno, dopo Sanremo, come ha twittato il direttore di Rai 1 Giancarlo Leone.

Inevitabilmente scattati anche i ringraziamenti del direttore Leone.

Stasera vedremo come il pubblico accoglierà la seconda parte del racconto di Benigni.

I Dieci Comandamenti di Roberto Benigni | Seconda Puntata | Anticipazioni

ITALY-CINEMA-BENIGNI Dopo aver analizzato i primi tre comandamenti nella puntata di ieri, Benigni si prepara ad affrontare gli altri sette. Entriamo nel cuore della dimensione etica, e non solo religiosa, del Decalogo di Dio. Dall’obbligo morale di onorare il padre e la madre all’imperativo del ‘Non uccidere‘ (mi aspetto un collegamento con i femminicidi e la figura della Vergine Maria) per arrivare al ‘Non commettere atti impuri‘ e al ‘Non desiderare la donna d’altri‘ (su cui probabilmente si avrà il momento di ‘alleggerimento’). Posso invece immaginare un ‘pizzico’ di satira politica più circostanziata sul ‘Non rubare’, ‘Non dire falsa testimonianza’, ‘Non desiderare la roba d’altri’: qui, al netto dell’introduzione di ieri su Mafia Capitale, ci si può sbizzarrire (ahinoi) con i collegamenti all’attualità politica e alla storia d’Italia. Tutta la forza del racconto, però, starà nelle scelte di Benigni. E le vedremo insieme stasera. Nel frattempo vale sempre una pena per fare un ripassino dei Dieci Comandamenti (e anche del giovane Benigni in Berlinguer ti voglio bene nel video di apertura).

Ascolta Israele! Io sono il Signore Dio tuo: 1. Non avrai altro Dio all’infuori di me. 2. Non nominare il nome di Dio invano. 3. Ricordati di santificare le feste. 4. Onora il padre e la madre. 5. Non uccidere. 6. Non commettere atti impuri. 7. Non rubare. 8. Non dire falsa testimonianza. 9. Non desiderare la donna d’altri. 10. Non desiderare la roba d’altri.

 

I Dieci Comandamenti: dove vederlo in tv e in streaming

ITALY-CINEMA-BENIGNI L’evento ‘Benigni’ va in onda su Rai 1 e Rai HD (501, DTT) a partire dalle 21.10. Nessuna interruzione, se non alla fine del monologo da un’ora e mezza che costituisce il cuore della serata. Altri due break sono collocati prima della puntata e dopo l’anteprima. I Dieci Comandamenti di Benigni si può seguire anche in live streaming web sul portale Rai (www.rai.tv). Non è invece possibile rivederlo on demand, per una questione di diritti (e non è la prima volta). Chi l’ha perso, quindi, non può rivederlo. Ma non temete: prima o poi uscirà un cofanetto DVD… Vi aspettiamo alle 21.10 per il liveblogging di Blogo della seconda puntata de I Dieci Comandamenti di Roberto Benigni. Su Twitter, intanto, l’hashtag ufficiale è #IDieciComandamenti (in TT insieme a #Benigni). Vediamo stasera come Benigni deciderà di declinare il Decalogo di nostro Signore… (Sia lodato Gesù Cristo…)
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