Huff, un telefilm psico-onirico
E’ giunto il momento di fare outing: tra i fanatici di Lost e gli adepti di House io mi professo un fedelissimo paziente di Huff. Ogni settimana mi piace entrare in punta di piedi nel suo studio psichiatrico per poi seguirlo a casa, spiarlo nelle sue pillole di vita quotidiana, capire cosa c’è dietro la
E’ giunto il momento di fare outing: tra i fanatici di Lost e gli adepti di House io mi professo un fedelissimo paziente di Huff. Ogni settimana mi piace entrare in punta di piedi nel suo studio psichiatrico per poi seguirlo a casa, spiarlo nelle sue pillole di vita quotidiana, capire cosa c’è dietro la vita di un metodico analista alle prese coi problemi degli altri.
Il segreto di questa serie, che cattura i telespettatori della tarda serata Doc di Italia1, sta proprio nel dietro le quinte di una professione tanto affascinante quanto controversa, che richiede molto più della semplice deontologia medica. Il sangue freddo non si insegna, soprattutto se un ragazzo omosessuale si fa saltare il cervello nel bel mezzo di una seduta minando tutte le tue certezze professionali.
Huff conquista chiunque sia dotato di spirito di osservazione e ami guardare al di là delle cose, con una regia impeccabile che si fa apprezzare per il filo rosso onirico e gli squarci notturni.
Gran parte del telefilm, infatti, è ambientato in interni quasi mai illuminati dai raggi del sole, con luci soffuse e tonalità cupe. Una simbologia fortemente ricorrente, che rilassa e al contempo ne turba la visione, è quella che riguarda la cosiddetta fase ‘prima di addormentarsi’, che vede nel prendere sonno il compimento di una giornata faticosa come l’inizio di pensieri inquietanti.
A tutto questo si aggiunge un racconto mai convenzionale, a colpi di battute taglienti, relazioni spinose e dialoghi che rasentano il crudo cinismo. Qualche volta ci scappa anche una sboccatura di troppo, ma sempre coerente rispetto alla fisionomia dei personaggi e al loro rapporto con la realtà.
E un altro punto di forza del prodotto in questione è proprio l’originalità dei singoli caratteri che riempiono la vita di Huff, come la granitica coniuge Beth in perenne lotta con la suocera Izzy sempre di troppo con la sua astiosa invadenza. Poi c’è il vispo figliolo Byrd, un adolescente dal quoziente intellettivo spiccatissimo, sempre con la battuta pronta e al contempo traviato dalle prime trasgressioni sessuali. E infine, a proposito di licenziosità, come dimenticare il triviale Russell, un uomo che fa del cameratismo e dei doppi sensi erotici l’arma vincente del suo status lavorativo, che lo vede avvocato di successo e circondato da belle donne nonostante sia sovrappeso?
Huff è uno dei cocktail più riusciti di scandaglio psicologico e suspence tutta giocata sulla dialettica e raggiunge il suo culmine quando, al termine di ogni episodio, lo psichiatra riscopre le radici della sua missione andando a trovare in clinica il fratello “malato di mente”.
Per questo, stupisce il fatto che in Italia, come spesso accade, sia arrivata con più di due anni di ritardo, quando in America si è già conclusa e l’effetto hype è decisamente svanito.
Huff, infatti, è una serie statunitense arrivata alla seconda stagione su Showtime con 26 episodi e trasmessa dal novembre 2004 al giugno 2006.
Il protagonista è Hank Azaria, attore reduce da diverse esperienze seriali (Casa Keaton, Will il principe di Bell Air, Innamorati Pazzi, Friends) e da film più o meno noti (Pretty Woman, I perfetti innamorati, L’inventore di favole, Palle al balzo). Ma in realtà è meglio conosciuto come doppiatore, visto che nel corso della sua carriera ha vinto i prestigiosi Emmy Awards proprio in questo campo e ha inoltre dato voce a numerosi personaggi di fantasia del cartone animato I Simpson.
Non resta che seguire con trasporto i non troppi episodi che ci rimangono, sperando ina una messa in onda istantanea della seconda e ultima serie.
In qualità di guest star, infatti, per tre episodi, troveremo la nota attrice Sharon Stone nei panni di Dauri Rathburn, paziente del dottor Huffstodt.