Homeland l’ottava stagione chiude la storia definitivamente (?) “non ci sarà mai un reboot senza Carrie”
Il rapporto tra Saul e Carrie e il dubbio sulla lealtà dell’agente dopo mesi in prigionia saranno tra i temi dell’ottava stagione
L’ottava stagione di Homeland sta per arrivare. Domenica 9 febbraio debutta negli Stati Uniti su Showtime, in diretta concorrenza con gli Oscar trasmessi in chiaro, ennesima testimonianza di come contro-programmazione, palinsesti, ascolti negli USA stanno sempre più perdendo importanza tra streaming e on demand. In Italia per vederla su Fox dovremo aspettare un mese, con il debutto fissato per il 9 marzo, lunedì sera dopo The Walking Dead atteso il 24 febbraio.
L’ultima stagione è tempo di bilanci e Alex Gansa produttore della serie ha parlato a TVLine dei temi dell’ultima stagione e del suo futuro, perchè oggi c’è sempre il rischio che dopo una chiusura ci sia un futuro. Non per Gansa: “Per me è chiudere un libro, parlare in modo definitivo delle attività dell’anti-terrorismo nei vent’anni dopo l’11 settembre. La storia, per questo, per me finisce qui”. L’altro produttore Howard Gordon è più aperto alle prospettive future ed è convinto che anche Gansa prima o poi “cambierà la sua idea. Siamo tutti drogati di storie” e se dovesse arrivare la storia giusta non è detto che non andremo avanti. Sicuramente per proseguire ci sarà bisogno del coinvolgimento di Claire Danes nei panni di Carrie perchè su una cosa entrambi concordano “Carrie è Homeland” non potrà mai esistere un reboot senza Carrie. E speriamo che nel corso del tempo queste dichiarazioni non dovranno essere smentite.
Homeland era assente in tv da ormai quasi due anni. “La decisione di chiudere con l’ottava stagione è stata presa subito dopo la quinta“, ha spiegato Gansa che ha aggiunto come con il rinnovo per più stagioni è arrivato un grosso investimento finanziario “per far andare avanti lo show. Faceva guadagnare tutti”. Non bisogna però mai esagerare e quindi la decisione di chiudere è arrivata di comune accordo, dopo discussioni anche con i protagonisti Claire Danes e Mandy Patinkin.
Il fatto che le stagioni 6 e 7 siano state girate sul suolo americano, dopo periodi trascorsi in Sud Africa e a Berlino, ha aiutato tutti a prendere la decisione di proseguire, perchè stare a lungo fuori non fa sempre piacere.
Certo i ritardi nell’ottava stagione “hanno fatto pensare come sarebbe stato meglio chiudere con la settima“, ha scherzato Howard Gordon. A causare i ritardi la gravidanza di Danes e poi “le riprese in Marocco ci hanno portato via più tempo di quanto penassimo, non riuscivamo a realizzare tutto quello che volevamo lì, così siamo dovuti tornare negli Stati Uniti e allestire una nuova struttura produttiva, e questo ci ha portato via molti mesi. Davvero sembrava una stagione eterna.”
Come già anticipato nei mesi scorsi da Danes l’ottava stagione ha molti collegamenti con la prima “c’è una sorta di simmetria” ha spiegato Gordon “soprattutto nelle premesse della prima stagione, tra il patriottismo di Brody e il fatto che potesse essere un traditore. Quest’anno è Carrie che dopo mesi in prigionia e senza le sue medicine, torna all’improvviso e c’è chi pensa che non è più chi era prima e che potrebbe aver stretto degli accordi mentre era in Russia.”
Gansa sottolinea però un altro aspetto al centro della nuova stagione, il legame tra Carrie e Saul “Homeland è stata realmente creata come riflessione sul rapporto tra Saul e Carrie, tra il mentore e la sua protetta e questo è il centro dell’ottava stagione“. Saul, diventato consulente per la sicurezza del President, recluta Carrie per aiutarlo a definire una tregua con i talebani ma tra i due “resta ancora della tensione. C’è tanta fiducia, lealtà ma al tempo stesso c’è del conflitto.”
La speranza per noi spettatori è che l’ultima stagione di Homeland così tanto attesa sia anche la giusta chiusura di una serie di questo livello.