Harry & Meghan, The Crown è più credibile (e la storia non insegna…)
Harry & Meghan, l’H&M del luxury Royal Family brand: pretestuosa, ma cheap. La mancanza di autocritica non aiuta il racconto (e la causa).
Harry & Meghan è stato uno dei contenuti più attesi di Netflix nel dicembre 2022 e avremmo voluto ‘liquidare’ la pratica prima della fine dell’anno, ma non ci siamo riusciti. Diciamo però che i duchi del Sussex hanno iniziato questo 2023 in maniera piuttosto spumeggiante, con un nuovo progetto Netflix – Live to Lead – Fare la differenza – prodotto con la loro casa di produzione e una biografia in uscita per Harry, le cui indiscrezioni hanno l’aria di essere benzina sul fuoco per i rapporti con il resto della famiglia Windsor. E così, prima di dedicarci ai nuovi progetti della coppia, torniamo sul ‘luogo del delitto’, ovvero su quella miniserie in 6 puntate nella quale Harry & Meghan (gli H&M della famiglia reale, anche per quel mix di albagia e cheap che ormai sembra il loro marchio di fabbrica) hanno raccontato la propria verità nel documentario prodotto con e per Netflix. Il motivo per il quale i duchi del Sussex si sono fatti seguire per circa due anni dalle telecamere della produzione (o meglio della co-produzione che coinvolge anche la loro Archewell production) è stato proprio quello di far sapere al mondo chi sono, cosa fanno, quanto si amano e soprattutto far conoscere al pubblico cosa hanno vissuto e provato in seno alla Famiglia Reale e perché hanno deciso di fare un passo indietro. Insomma, la propria versione dei fatti contro le bugie pubblicate dai tabloid, cavalcate dalla tv e, a loro dire, favorite dalle gelosie maturate all’interno della stretta cerchia reale (ovvero padre, fratello e cognata, almeno da quello che danno a intendere).
La protagonista è solo Meghan
Un “Questi siamo noi, non credete a tutto quello che dicono di noi da gente razzista e gelosa” che dura 6 ore e costruito essenzialmente sulla parola di Meghan: è lei la protagonista, con sua madre, le sue amiche e poi suo marito; è lei ad avere il maggior tempo nelle interviste e nelle testimonianze; è di lei che si disegna il profilo umanitario con l’ausilio di testimonial di peso e di colore a evidenziare la rivoluzione che il suo arrivo nella Famiglia reale ha determinato e come questa occasione sia stata sprecata dai Windsor. Una risorsa sprecata, come si definisce lei stessa in questo lungo racconto nel quale le accuse verso la famiglia reale – mai dal tutto esplicite – arrivano solo da Harry, mentre Meghan non commenta trattandosi di fratelli, padri, nonne che solo accidentalmente sembrano essere due eredi al trono diretti e la Regina. Proprio la Regina, peraltro, è l’unica a non essere mai accusata, neppur velatamente di nulla: nel racconto di Meghan è l’unica ad averla davvero accolta, accudita, consigliata. Se anche non fosse stato così, parlarne male non sarebbe stata una grande idea…
Nel gioco delle parti, dunque, Meghan è la vittima sacrificale di cui si tessono le lodi, di cui si ribadisce l’indipendenza, la forza, la capacità di rivoluzionare un ruolo; di lei si mettono in evidenza gli sforzi per adattarsi a un ambiente ostile, che ha perso il padre per causa del suo matrimonio (non perché il padre sia un avido approfittatore e abbia capitalizzato la ‘fortuna’ della figlia), il sacrificio di rispondere a un’Istituzione che controllava ogni aspetto della sua vita (e chi immaginava che si facessero le prove per l’annuncio del fidanzamento di un principe di Inghilterra, vero?) e la sofferenza di vedersi sezionata sui tabloid. E qui sicuramente c’è l’atto di accusa più forte dopo la morte di Diana nel tunnel dell’Alma verso una stampa che non ha regole. E su questo ci si augura che il doc possa avere effetti.
Tornando al doc, tutto dunque ruota intorno alle critiche e alle accuse a Meghan che hanno, almeno dopo l’iniziale luna di miele con la stampa, due matrici: il razzismo della stampa – e del paese – e le gelosie degli altri membri senior, ciascuno con un proprio team di comunicazione pagato per far uscire il proprio cliente con le prime pagine migliori sulla stampa inglese e internazionale. E quando c’è da distogliere l’attenzione sulle proprie magagne, cosa c’è di meglio che dirottarle altrove? Questo fa capire Harry accusando di fatto il padre di aver fatto trapelare i suoi progetti di trasferimento all’estero per metterlo in cattiva luce, il fratello di mettere l’Istituzione prima della famiglia (seguendo gli insegnamenti di nonna, verrebbe da dire) e l’intera famiglia di aver creduto a voci e gelosie piuttosto che dare loro l’occasione di farsi conoscere. Il ruolo di Harry nella narrazione, dunque, è quello di essere garante della parola della moglie in quanto membro della Famiglia Reale e soprattutto in quanto figlio di Diana; lui, inoltre, è l’insider che può insegnare a tutti a guardare il mondo superando la lente del razzismo ‘inconsapevole’ che deriva dall’essere bianchi, occidentali e privilegiati. Missione, questa, meritevole e senza ironia: peccato però che tutto finisca per essere un “noi contro loro” senza contraddittorio.
Il momento più ‘cringe’? Quando Meghan racconta dello steward che le se è avvicinato sul volo che la portava definitivamente via dai suoi compiti di Royal Senior per ringraziarla per quanto fatto, per lo sforzo e per il sacrificio impiegato. Anche se fosse vero, il modo in cui è stato raccontato rende il tutto molto ‘fictional’.
The Crown è più credibile
È anche per questi ‘inserti’ adatti alla costruzione di un dossier per la beatificazione che il tutto appare molto lontano dall’essere un documentario. La totale assenza di ombre, di autocritica – se non di Harry verso Meghan per non aver compreso subito il suo malessere -, la completa derubricazione delle accuse mosse alla duchessa circa i comportamenti prepotenti e scortesi – cui non si fa diretto cenno – a voci infondate, figlie dell’ossessione dei tabloid e di una cospirazione contro la duchessa – rende il tutto davvero too much. Certo, la premessa è che si tratta della loro versione dei fatti, e siamo d’accordo. Ma ci sono tanti modi per raccontarsi: quella scelta dai duchi lascia allo spettatore, anche il più ben disposto, qualche dubbio. in questo, un fotogramma a caso di The Crown è molto più credibile della sola intro della prima puntata, nonostante sia fiction pura. Perché? Perché intanto è il punto di vista di un ‘terzo’, l’interpretazione di qualcuno che non è nella Famiglia. Romanzo per romanzo, almeno The Crown è dichiaratamente una serie ‘ispirata’ ai fatti, ma non documentale.
La lezione di Diana è servita?
A vedere Harry così schietto, così accorato, così innamorato di Meghan e così lacerato dalla morte della madre – che resta l’origine di molti dei suoi mali, come racconta in prima persona – sembra però che la lezione di Diana non sia servita. “Sono figlio di mia madre“, dice nel doc e questo tratto – che è il suo orgoglio e la sua debolezza per alcuni versi – emerge con forza nel racconto. Il punto è che proprio quella schiettezza di Diana – anche con i media – ha finito per rappresentare uno dei suoi più grandi errori: ci riferiamo alla storica intervista rilasciata a Martin Bashir per Panorama della BBC nel 1995, intervista che abbiamo poi scoperto essere stata ottenuta con un raggiro e che rappresenta uno dei momenti più interessanti della tanto (ingiustamente) bistrattata quinta stagione di The Crown. Da quell’intervista, che seguiva la pubblicazione di “Diana – La vera storia” di Andrew Morton (poi titolato Diana – In their own words, dopo la rivelazione della partecipazione diretta della principessa del Galles) e lo speciale tv di Jonathan Dimbleby sul principe del Galles, nel quale Carlo confessava il suo adulterio (“ma solo quando ormai la situazione era irrecuperabile”), scaturì l’atto definitivo, ovvero il divorzio di Carlo e Diana, caldeggiato, a quel punto, dalla Regina stessa e sancito nel 1996.
Ecco, da una parte l’intervista a Oprah Winfrey, dall’altra la biografia di Harry – a breve in libreria ma che sta già facendo discutere per i vari attacchi al fratello William -, unita a questa miniserie, cui si aggiunge l’intervista che il duca ha concesso a ITV (e che vedremo a breve su Real Time) sembrano innescare quella stessa valanga che travolse Diana. La libertà ha un costo, fanno capire i duchi nel loro speciale, e la verità è la missione cui tengono. Auguriamo loro tutto il meglio. E magari anche un po’ di ‘furbizia’ nel costruire il prossimo speciale: lasciare un po’ di spazio alle accuse può aiutare la narrazione, anche tv.