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GURU: STELLA E SOFRI NEL PARADISO TV…

“Gli ultimi del paradiso”, la fiction di Luciano Manuzzi, andata in onda domenica e lunedì scorsi (24-25 gennaio) su RaiUno con discreti ascolti, aveva avuto carta bianca da due penne illustri , in anticipo rispetto alla messa in onda. Gian Antonio Stella sul “Corriere” prendeva spunto dalle due puntate- le morti bianche, le condizioni di

27 Gennaio 2010 12:45

“Gli ultimi del paradiso”, la fiction di Luciano Manuzzi, andata in onda domenica e lunedì scorsi (24-25 gennaio) su RaiUno con discreti ascolti, aveva avuto carta bianca da due penne illustri , in anticipo rispetto alla messa in onda.

Gian Antonio Stella sul “Corriere” prendeva spunto dalle due puntate- le morti bianche, le condizioni di lavoro- per raccontare da par suo, documentatissimo, i temi e si limitava a questo, tornando con forza su questioni scottanti che ogni giorni producono gravi fatti, spesso abbandonati a se stessi e alla dimenticanza.
Adriano Sofri sulla “Repubblica” faceva qualcosa di diverso. In un lungo articolo, forse troppo lungo, suggeriva altri temi, ad esempio quella degli immigrati italiani dal sud al nord (la vicenda aveva sullo sfondo Trieste); e si soffermava sulla integrazione, beninteso alludendo agli immigrati sul nostro suolo da altre zone del mondo. La partenza dell’articolo mi aveva colpito poichè Sofri tornava a un film di Luchino Visconti, “Rocco e i suoi fratelli”, uscito nel 1960, nella stagione quindi del miglior cinema italiano: aveva un clamoroso successo “La dolce vita” di Federico Fellini e debuttava Pier Paolo Pasolini con “Accattone”.

La citazione di Sofri, al di là delle considerazioni contenute nell’articolo, e al di là del suo giudizio positivo (“Gli ultimi del paradiso” è un bel film), mi hanno spinto a seguire le due serate con grandi aspettative. Devo premettere , prima di dire come la penso, che io stimo sia il regista Mannuzzi, sia gli sceneggiatori Carofiglio (bravo scrittore) e Monica Zoppelli (che firmò anni fa “I cento passi” di Giordana; e che i temi affrontati nella fiction mi stanno molto a cuore.

Ma, ecco il punto, dopo aver visto le due puntate, il ricordo e il riferimento a Visconti mi è sembrato forzato. Non è cosa da poco. Nel film “Rocco e i suoi fratelli” Visconti propone un raccolto alto, forte, magari con eccessi melodrammatici, ma girato con classe, e recitato in modo esemplare da Alain Delon, Renato Salvatori, Annie Girardot.
Inoltre, e vengo a “Gli ultimi del paradiso”, questa fiction non raggiunge mai l’intensità, la forza documentaria e insieme artistica del film viscontiano: ti sembra di entrare in una spirale narrativa ben nota, senza sorprese, riprodotta da altre fiction, in uno sviluppo persino prevedibile nonostante certi colpi di scena che non sono tali e sanno tanto di forzatura affabulatrice (per sedurre lo spettatore senza troppa fatica, e cioè invenzione), con una proposta interpretativa quando mai scontata: sembrava di entrare e uscire da altre fiction, Rai o Mediaset, con atteggiamenti e cadenze addomesticate.
Concludo. Non sono nemico delle fiction, anzi credo che sia un territorio serio, tutto da esplorare, ma veramente tutto esplorare o reinventare. I luoghi comuni o gli effetti plateali o gli ammiccamenti non servono, possono suscitare uno straccio di commozione ma nascondo l’importanza dei temi e dei personaggi proposti. Dunque: lasciamo perdere i confronti arditi e ingombranti,e facciamo sì che la fiction attinga a qualità e stili popolari ma continuamenti rivisitati e reiventati.
Se non si fa questo,cos’è la tv, se non una sciupa argomenti, un grossolano saccheggio di emozioni, un colossale occhiolino al povero spettatore. Che però, è la lezione da imparare, ci cade sempre meno volentieri.
Italo Moscati