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GURU: Cazzullo cazziato, Emanuele Filiberto vuole il trono di Fiorello…

Ascolto spesso “Prima pagina”, la rassegna stampa di Radio3Rai, questa settimana affidata al giornalista Aldo Cazzullo del “Corriere”. L’ho conosciuto e ho letto alcuni suoi libri; è bravo , anche aa stendere articoli e interviste per il suo quotidiano. Cazzullo parla dei fatti del giorno e poi fa una pausa, è uno che usa le

pubblicato 23 Febbraio 2010 aggiornato 5 Settembre 2020 18:12


Ascolto spesso “Prima pagina”, la rassegna stampa di Radio3Rai, questa settimana affidata al giornalista Aldo Cazzullo del “Corriere”. L’ho conosciuto e ho letto alcuni suoi libri; è bravo , anche aa stendere articoli e interviste per il suo quotidiano.

Cazzullo parla dei fatti del giorno e poi fa una pausa, è uno che usa le forme educate, e in breve si lamenta per il trattamento subito da Marco Travaglio che sul “Fatto” ha scritto un articolo in cui l’addolorato- perchè si sente offeso- Cazzullo viene accusato di aver lodato Emanuele Filiberto. Poi tira via, nel senso che continua la sua rassegna senza altre recriminazioni.

Poichè il fatto del “Fatto” riguarda il clamoroso (nel bene e nel male) Festival di Sanremo,argomento centrale degli ultimi dieci giorni di passione televisiva, mi ci vorrei soffermare un poco. Non penso che sia necessario dare peso a Travaglio che fa e recita se stesso da anni; si prende molto (troppo sul serio), litiga persino con Michele Santoro a cui deve tantissimo, visto che lo ha preso dalla carta stampata e lo ha fatto diventare una star della tv linguacciuta. Non m’importa stabilire qui se tanta fama è giustificata: i libri li ha venduti, spazia dove vuole, è diventato un personaggio, e su questo non ci piove. Italian style.

Ma ecco il punto. Nel suo articolo “Il principe tronista riconcilia la Repubblica con il proprio passato- Elegante e pacato, ha scelto lo star system”. Cazzullo usa un linguaggio chiaro, sottilmente ironico, utile per capire quel che è accaduto a Sanremo più di quel che hanno scritto altri, altri del mestiere della critica o dell’opinionistica, almeno teoricamente (i cani da guardia della realtà e della qualità tv).

Come forzatura ironica, Cazzullo chiama Emanuele Filiberto “principe tronista”. Principe, per sangue blu e convenzione dinastica, lo è di sicuro, ma “tronista” no. Non amo certi “tronisti” ma molti di essi sono largamente meglio di Emanuele Filiberto perchè sono come sono, perchè la tv è un’opportunità che vogliono sfruttare con quel cinismo tracotante e patetico di chi prova a conquistarsi un “trono” , ossia uno specchio di notorietà, e basta, sapendo che non andrà avanti, sarà costretto a lasciare il “trono” e finire dietro la lavagna come accade o accadeva che ci finiscono perchè non hanno studiato e sono impertinenti.
Emanuele Filiberto, furbo matricolato, viene presentato da Cazzullo con un pizzico di sarcastica acutezza come colui che ha suscitato il sentimento “più dell’amor di patria o dell’identità nazionale, quello dell’orgoglio emotivo per il paese più antico e bello del mondo…Piace del principe il suo attaccamento ai genitori, il modo con cui ha il difeso il padre…e pure il buon gusto universalmente apprezzato con cui ha promesso di non cantare più”. Il principe parlava alla pancia d’antan degli italiani.
Il principe è furbo matricolato perchè ha dimostrato di usare la tv meglio di tanti altri. In mezzo alla baraonda o al cattivo gusto del paese e di tanti divi in tv è stato il solo, scrive il giornalista, a salire sul palco pettinato da cristiano e vestito da manager: camicia bianca, giacca e cravatta, però con i risvolti tricolori”. Inaudito. Il colpo di scena dei risvolti- ecco come si può risalire a mio avviso alla recita, alla verità del tutto- è la prova provata della furbizia; ricorda scene di vecchie riviste o di vecchi film nel momento in cui, per sedare la proteste del pubblico e guarirne la noia, venivano mandate fuori le ballerine seminude avvolte dalla bandiera tricolori o cantanti che eseguivano l’Inno di Mameli.
La brutta canzone “Italia amore mio” è peraltro costruita con una ruffianeria calcolatissima che emerge quando Pupo suggerisce a Emanuele Filiberto di fare autocritica: “Tu non potevi ritornare pur non avendo fatto niente, ma mai ti sei paragonato a chi ha sofferto veramente”. Inaudito: il richiamo alla sofferenza è il grido di “dolore” che il trio sul palco sanremese viene alzato per rimare con “amore”. Il tenorino accanto al principe e a Pupo ha con la sua voce dispiegata il compito di ricordarci che il nostro è il paese del melodramma e io aggiungo,sulla base della storia del nostro spettacolo, della farsa senza “rossore” che deve fare sempre rima con “amore”.
Concludo con le parole di Indro Montanelli, in risposta a chi gli domandava non a caso in tv anni fa di patriottismo e di nazionalismo. Il grande Indro rispose che non aveva nulla nè contro il patriottismo nè contro il nazionalismo; peccato, spiegò, che in Italia il “patriottismo scade molto spesso a retorica insopportabile e il nazionalismo a un provincialismo cretino”.
Parole che applico in calce al Festival che se ne va cantando “Italia amore mio”. Canto che ti vuol restare in gola. Dimentichiamolo in fretta. Il principe potrebbe ricavarne una fiction ed esserne la vittima protagonista.

Italo Moscati