Gli anni spezzati – L’ingegnere, il terzo film-tv fa gli stessi errori dei precedenti: si spiega troppo e si confonde il pubblico
Gli anni spezzati-L’ingegnere racconta una storia inventata al contrario degli altri film-tv della miniserie, ma non riesce ad evitare di essere troppo semplice nel racconto, dimenticandosi di approfondire i temi che sarebbero stati più utili al racconto del film-tv
“Gli anni spezzati” si conclude con un film-tv che lascia cadere le intenzioni delle due fiction delle settimane scorse per raccontare una vicenda inventata ma in un contesto storico reale. “L’ingegnere” mostra la Torino degli anni Ottanta, dove il dirigente della Fiat Giorgio Venuti (Alessio Boni) deve affrontare le tensioni sociali ed i movimenti terroristici ma anche la decisione della figlia Valeria (Giulia Michelini) di far parte di quei gruppi che vogliono ribellarsi alle istituzioni.
A differenza de “Il Commissario” e de “Il giudice” c’è l’intenzione di capovolgere lo schema: dalle storie di personaggi realmente esistiti si passa a personaggi di finzione in un contesto sempre storico. Il risultato, però, non migliora: “Gli anni spezzati-L’ingegnere” ha gli stessi errori degli altri film-tv, con un’eccessiva semplificazione della trama a vantaggio di un pubblico che non vuole fare troppa fatica nel seguire la storia.
Non si trova, in questo modo, la giusta combinazione che permette ad una storia immaginaria di portare il pubblico dentro dei fatti reali e di fargli conoscere un contesto sociale di crisi e tensioni senza modificarne troppo la realtà. La prima parte del film-tv dà eccessivo spazio alla storia privata dei protagonisti, cercando di empatizzare con il pubblico, come già accaduto con “Il Commissario”. Ma, così, si dimentica che anche le vicende storiche hanno molto da dire, e sarebbero state utili nello sviluppo delle dinamiche familiari.
“L’ingegnere” è la storia di un confronto tra un padre ben inserito nella azienda italiana più famosa e la figlia ribelle che finisce per diventare nemica di tutto ciò che il padre difende. L’unico tema interessante della fiction, però, passa in secondo piano a favore di un racconto piatto, che cerca di portarsi a casa il compito senza sforzarsi.
Lo sforzo produttivo, quindi, sembra inutile, se non c’è la passione per una storia che avrebbe potuto sfruttare meglio un parallelismo tra padre-figlia e dipendenti-datori di lavoro. Lo scopo, invece, sembra quello di fare una lezione di storia, senza troppe riflessioni e senza, soprattutto, crederci.
“Gli anni spezzati-L’ingegnere” avrebbe potuto far rialzare la testa ad una miniserie che ha ricevuto tante critiche -soprattutto per “Il Commissario”-, ma ha confermato i difetti dei precedenti film-tv: la pretesa di spiegare qualsiasi periodo storico non porta a risultati se si crede di avere a che fare con un pubblico che non merita altro che una spiegazione continua.