Home Interviste Giuseppe Cruciani a TvBlog: “Ballando con le stelle e Grande Fratello? Ipotesi mai esistite. Vergognosa la cacciata di Facci”

Giuseppe Cruciani a TvBlog: “Ballando con le stelle e Grande Fratello? Ipotesi mai esistite. Vergognosa la cacciata di Facci”

Intervista a Giuseppe Cruciani: “Mai contattato per Grande Fratello e Ballando. I talk? L’obiettivo è fare ascolto, Del Debbio il più bravo a creare affezione. Vergognosa la cacciata di Facci. A Saviano avrei dato una striscia quotidiana”

3 Agosto 2023 17:13

Un unico grande amore di nome radio, dove da oltre tre lustri conduce, modella e trasforma La Zanzara, programma che ormai lo identifica in tutto e per tutto. Giuseppe Cruciani ha chiuso la stagione con lo stesso entusiasmo dei primi anni. Anzi, forse con ancora più gioia, perché discutendo con lui sembra lontanissima la percezione di appannamento, noia e appagamento.

Eppure, nel 2019, pareva che il giocattolo fosse in procinto di rompersi, con l’annuncio di una possibile ultima stagione che però coincise con l’esplosione della pandemia, che ridisegnò umori e valutazioni. “Non so dirti se è stato il covid – confessa Cruciani a TvBlog – sicuramente quella fase storica ha generato un grande interesse per i podcast e anche per noi, che siamo un podcast ibrido. Il fatto di aver portato avanti posizioni distanti tra me e Parenzo durante il coronavirus è stato motivo di pericolo, ma al contempo è stato positivo per il prodotto. Pensavamo di essere giunti al punto di rottura e di stanchezza. Al contrario, dal covid in poi abbiamo accumulato nuovo vigore e risolto alcuni equivoci”.

Il riferimento è alla conduzione a tre?

Quel momento è stato proficuo, poi è finita come sappiamo. Mi riferisco piuttosto al tipo di programma che volevamo. Il covid è stato la svolta. Attenzione, non sto valutando quel periodo positivamente, mi riferisco esclusivamente alla radio. Per quel che riguarda il confronto delle idee si è creata una spaccatura profonda che abbiamo recepito e che è stata la premessa per le annate successive. Posizioni forti e contrastanti, personaggi nuovi che ogni stagione si alternano e la mia attenzione verso il mondo di figure non convenzionali hanno creato quella che è oggi La Zanzara, differente da tre, cinque, otto, dieci anni fa. Non so se questa sia la versione definitiva, ma somiglia a ciò che ci piace.

Un voto all’ultima stagione?

Sul fronte dei risultati dell’Fm e del podcast il voto è ottimo, se uno valuta la fidelizzazione la definirei straordinaria. L’ho trovata una delle migliori sotto il profilo del feeling e del mood, anche se faticosa. Mood significa tutto, compreso il mio rapporto con David. Sono in conflitto di interessi, dato che sto parlando del mio programma, ma sono sincero. Qualora le cose fossero andate male, lo avrei detto. A volte siamo arrivati a fine stagione con rapporti compromessi e situazioni da risolvere. Stavolta no.

Parenzo da settembre sarà impegnato quotidianamente a L’Aria che tira. Come verrà gestita questa situazione?

Il rapporto tra me e David va oltre queste cose. Se lui è felice di quello che fa, io sono felice. Lavorare con convinzione ed euforia è una cosa fondamentale. Ci aggiusteremo come sempre, nessuno di noi ha intenzione di rottamare qualcosa che funziona. E poi c’è uno staff che abbiamo rinnovato un paio di anni fa e che produce alla grande.

Ama ripetere che nel lavoro e nella vita i paletti sono importanti. Quali e quanti sono quelli fissati da Radio 24?

I paletti sono nella natura delle cose. Li pone l’editore, pochi per fortuna, e altri ce li mettiamo da soli. Tempo fa ragionammo su come affrontare il tema del sesso. Tutto si risolse positivamente grazie ad un racconto che è stato soprattutto psicologico. Ricordo che siamo stati i primi a scoprire mediaticamente il fenomeno Only Fans. Lì dentro c’è tutto: giovani, prostituzione virtuale, libertà, conflitti in famiglia. Uno spaccato della società.

E le parolacce?

Da noi c’è grande libertà, viene consentito il turpiloquio, ma non si deve trascendere. Non tolleriamo ad esempio l’istigazione alla violenza, quando accade interrompiamo subito la telefonata e azzanniamo l’ascoltatore. E’ inoltre bandita la bestemmia, che ha a che fare con un fastidio fisico, verbale. Il resto è praticamente sdoganato. Gli insulti per noi hanno un valore di descrizione di una persona e ormai fanno parte del format, sono quasi lo statuto. Sta a noi decidere fino a dove e per quanto tempo consentirli. Qualche volta siamo noi stessi a rimproverarci dopo la diretta per quello che abbiamo detto. E’ tutto talmente genuino e originale che le situazioni nascono casualmente. Non si decide a monte di pronunciare un tot di parolacce a puntata. Il turpiloquio spesso nobilita la discussione, dà un senso concreto a quello che si vuole dire. Ovviamente va gestito ed usato con razionalità.

Oltre alla radio, c’è tanta tv. A partire da Dritto e rovescio.

Ritengo che Del Debbio sia il più bravo a creare affezione attorno ad un prodotto. Non lo affermo perché gli sono amico e per il fatto che sono ospite fisso da lui, credo davvero che sia così. Lo noto circolando per strada, gode di un consenso e di un affetto di cui nemmeno lui si rende conto. E’ roba rara. Viene visto dalla gente come un grande gattone istrionico che ogni tanto esplode. Il pubblico, il suo pubblico, un po’ si identifica, un po’ ne subisce il carisma.

Il programma ha dedicato oltre dieci puntate al problema delle scippatrici rom. Non si rischia così di banalizzarlo?

Ha attirato molte critiche da parte dei benpensanti che la reputano una questione marginale che porterebbe ad una criminalizzazione della categoria. Invece per me è stata una grande idea autoriale. Quei blocchi hanno sempre funzionato e si basavano su fatti concreti. Puoi pensare che un talk non debba occuparsi dei furti in metro, ma chi decide di cosa deve occuparsi un talk? Non c’è un ente supremo. Un talk deve fare ascolti. Punto. Si può discutere della sua durata, senza tuttavia mettersi sul piedistallo. Quando un tema funziona viene reiterato, è normale, è quasi un obbligo. Non farlo equivale a castrarsi.

L’effetto è quello di una soap opera.

Effettivamente è così. Una soap che dura dieci mesi. Del Debbio è come Ridge di Beautiful che tu conosci a tal punto da farlo diventare una persona di casa. Accendi la televisione e sai che lui c’è.

Definisce spesso i talk uno spettacolo dove tutti i protagonisti hanno un ruolo in commedia.

Confermo. Non bisogna dargli grande importanza. I talk vengono investiti di una grossa responsabilità nella discussione pubblica, ma io so come vengono costruiti. L’obiettivo di tutti, dal primo all’ultimo, è fare ascolto. Nei talk ci sono grandi rappresentazioni teatrali dove avvengono tante cose. A volte ci sono contenuti più giornalistici, però è chiaro che il core business sono i momenti di discussione. Ciascuno cerca la contrapposizione, chi in una maniera, chi in un’altra. Si possono mettere dentro servizi lunghi, oppure si possono utilizzare come semplici virgole. Ribadisco: ognuno sa benissimo qual è il suo ruolo in commedia.

E il suo qual è?

Sono me stesso. Tutti sanno come la penso, non ho mai dovuto forzare niente. Non mi hanno mai detto ‘fai questo’ o ‘attacca Tizio’. So dove si va a parare, so qual è la frizione che si vuole provocare e qual è il contrasto che si vuole generare. Dico spesso le cose che dico alla radio, con un altro linguaggio e approccio. In radio le intemerate avvengono la maggior parte delle volte contro persone non presenti, in tv mi ci confronto dal vivo.

I talk, quindi, non svolgono una missione informativa?

Sono tra l’informazione e l’intrattenimento, fanno infotainment, tutti. Qualcuno spinge su certe cose, altri si adattano alla personalità e alle idee politiche del conduttore, come è giusto che sia. Bisogna capire cosa si intende per informazione. Se uno vuole informarsi non guarda un talk, gira da un’altra parte. Il talk rappresenta visioni contrapposte come in una grande arena dove si sfidano i duellanti. Si parla di fatti seri, ci mancherebbe, ma non è lo scenario ideale per affrontare argomenti complessi.

Nelle scorse settimane il suo nome è stato associato al Grande Fratello, sia come opinionista in studio che come possibile concorrente.

Non c’è stato mai niente, non ho mai ricevuto telefonate, nulla di nulla. Poi se della cosa si è discusso altrove non lo so. Non è mai esistita la mia candidatura come opinionista. Possono scrivere ciò che vogliono, ma non c’era niente di vero.

Sinceramente, farei fatica ad immaginarla chiuso nella casa di Cinecittà, h24.

Infatti questa voce è stata messa in circolazione da chi non mi conosce, non sa come sono fatto e che lavoro faccio. E’ una balla colossale, anche perché conduco un programma radiofonico quotidiano, a cui non rinuncerei mai. Resta il fatto che per me non c’è niente di male nel partecipare al Gf.

ballando con le stelle 2022

Capitolo Ballando. Anche qui è stato messo in mezzo?

Pure qui non c’è stato niente. Nulla si realizza se il conduttore di un programma, cioè la Carlucci, non ti telefona per proporti un progetto. E questo non è avvenuto. Poi intorno a lui ci sono tante persone, agenti, intermediari, autori che fanno il loro mestiere. Al ruolo di giudice a Ballando non ho mai pensato. Nella vita mai dire mai, ma non sarebbe nelle mie corde. Non ho mai ballato e non ho mai guardato cinque minuti di danza in televisione, non saprei da dove cominciare. Riconosco comunque che sia uno show di grande successo, un prodotto top.

Di recente si è parlato di un progetto televisivo insieme a Nicola Porro. Cosa c’è di vero?

Se ne sta parlando, è un’idea che abbiamo da un po’. Qualche volta faccio delle incursioni nella sua Zuppa e stiamo ragionando su come realizzare questo incontro per il pubblico generalista della tv, che è diverso da quello del web.

Il 9 ottobre cadranno i dieci anni dalla prima e ultima volta di Radio Belva. Celebrerà l’evento?

Mi piacerebbe moltissimo mettere in piedi una puntata speciale notturna. Quell’esperienza fu figlia di una totale irresponsabilità. In molti se la ricordano, qualche piccola traccia l’ha lasciata. Il passato a volte aiuta a comprendere molte cose del presente. La vorrei fare soprattutto per me stesso, non credo possa avere un futuro. Il 9 ottobre sarà un lunedì, sarebbe divertente una rievocazione, vediamo. In tv mi sembra complicato possa andare in porto, non penso ci sia qualcuno interessato ad un episodio one-shot. Forse in rete…

Un’altra ambizione è quella del teatro.

Vero, vorrei fare qualcosa che abbia come argomento centrale la guerra al politicamente corretto. Ci sto pensando seriamente.

Ha difeso a spada tratta Filippo Facci dopo la sua epurazione dalla Rai.

E’ stata una pagina vergognosa. Paga il fatto di non avere agenti e amicizie importanti. Questo lo rende più libero e contemporaneamente più fragile. La Rai lo aveva scelto, non giudico in base a cosa, per realizzare la sua pillola quotidiana, poi ci ha ripensato. E’ bastato un articolo perché qualcuno si mettesse paura. In aggiunta, sono state rispolverate storie del passato che erano già conosciute e che nessuno aveva tirato fuori quando era stato ingaggiato. Il problema non è della sinistra che lo ha criticato, fa parte del gioco, ma della Rai. Si è persino rovistato nei rapporti con l’ex compagna. Immagino sia stata la vicenda che ha pesato di più e non si capisce perché uno non possa realizzare un programma dopo essersi separato burrascosamente da una donna.

Pochi giorni fa la stessa sorte è toccata a Roberto Saviano.

Per me Saviano dovrebbe avere una striscia quotidiana. Ci guadagnerebbero tutti: la Rai, la sinistra e la destra, che ne trarrebbe vantaggio. Sarebbe la prima cosa da fare, non capisco perché non ci abbiano pensato.

Le epurazioni non hanno mai regalato consensi. Al contrario, hanno contribuito a creare dei martiri.

E’ un autogol. Il programma era pronto, non comprendo perché non si debba mandare in onda. In Rai funziona così, da sempre, succede con la destra e accadeva con la sinistra. Si gioca col potere, lo hanno fatto tutti. Un comportamento che non porta vantaggi politici, è mera occupazione. E’ un dato oggettivo, quando c’è un cambio di governo vale il detto ‘arrivano i nostri’. In tutti i sensi.