Giuseppe Conte, l’evoluzione delle imitazioni tv: da anonimo servitore a superstar
Il premier letto, riletto e studiato dagli occhi dei comici tv: dall’Arlecchino di Crozza agli elaborati deepfake de Le Coliche
È la Sandy Olsson della politica italiana. La sconosciuta venuta da lontano, con un nome da facsimile, bistrattata a destra e manca e con scarse capacità di socializzazione. Timida, sempre un paio di passi indietro ai grandi, a testa bassa e consenziente. Poi succede che gli eventi ti svezzino di colpo: l’anonima bionda australiana di Grease, coi fiocchi tra i capelli, si trasforma in una pantera in latex per sopravvivere nella giungla. A Giuseppe Conte è andata più o meno così. Fatto premier mentre preparava gli esami della sessione estiva, da signor nessun ha dovuto imparare a reggere il palco, cercando di farsi strada tra le Rizzo e i Danny Zucco dei palazzi romani. E i primi ad accorgersene sono stati gli imitatori tv.
4 giugno 2018. A tre giorni dall’inizio del mandato, Giuseppe Conte finisce sotto le grinfie di Maurizio Crozza, che a Che fuori tempo che fa abbozza una caricatura rudimentale del neo-premier. “Fate uno sforzo di immaginazione, io il premier non lo so fare, ma d’altra parte nemmeno lui” dice a Fazio mentre prende gli strumenti del mestiere:
Provo a mettere questa parrucchetta, non è facile […] Sembro un incrocio tra Emanuele Filiberto e Raul Cremona.
Il comico ligure interpreta Conte nel ruolo del “servitore dei due padroni Salvini e Di Maio“, con tanto di costume da Arlecchino di goldoniana memoria. Il dialetto è quello pugliese, ma la voce è ancora lontana da quella che si farà grossa solo qualche mese più tardi. D’altronde, l’unico Conte nel repertorio di allora di Crozza era l’ex allenatore della Juventus. Agghiaccianteea.
Arriva l’autunno, riparte la stagione ed Ubaldo Pantani propone a Quelli che… dopo il il TG una versione concettuale dell’avvocato. Giuseppe Conte è alla scrivania del suo studio, vuota e impersonale, metafora della rilevanza mediatica acquisita nei primi mesi di governo del premier. La trasparenza politica si trasforma in trasparenza ottica: l’imitatore indossa una maschera dello stesso colore dello sfondo, che si amalgama col volto per mezzo del chroma key e lascia l’uomo senza espressione. “Da quando sono con voi la gente in strada mi riconosce. Sono premier? Non lo so, al catasto risulto così, però mi fido poco”, dice il 10 ottobre 2018.
Soverchiato dalle dichiarazioni roboanti di altri leader ben più rumorosi, Giuseppe Conte rimane nel mirino di Maurizio Crozza anche nel suo Fratelli di Crozza. Più che come primo ministro, “Pino” si muove come primo cameriere della buvette di Palazzo Chigi. I tagli al bilancio lasciano spazio ai tagli dei tramezzini da portare al tavolo dei ministri, tra una fotocopia e una preghiera a San Pio. A pochi mesi di distanza dalle conferenze di Matteo Salvini al Papeete, l’immagine di Giuseppe Conte agli occhi dei comici è ancora quella del servo, nemmeno troppo astuto. Poi le dimissioni, il reincarico, le nuove maggioranze e le vecchie opposizioni. Il terremoto estivo che rompe gli equilibri, come la gara di corsa fra Thunderbirds e Scorpions: Sandy sceglie una tutina di pelle nera, Conte mantiene l’abito d’ordinanza, ma cattura comunque l’attenzione di tutto il paese. Da personaggio secondario a protagonista problematico, pur senza cambiare incarico.
E allora, per l’uomo del momento, si affinano le tecniche: Andrea Perroni a Radio 2 Social Club aggiusta il timbro, che si fa più imperioso ed epidittico. Simile all’originale, profondissimo, da statista, con tutti i richiami dialettali foggiani. Se il Conte di Ballantini è assetato di vendetta come quello di Montecristo, Neri Marcorè, a Stati Generali, completa il lavoro mescolando satira, le vocali biascicate di chi parla dopo un paio di gin tonic e un bel nasone. Il Conte di Marcorè è uno scocciato – per non dire scoglionato – amministratore di condominio, un banditore d’aste, inconsapevole del compito a cui sarebbe stato chiamato qualche settimana dopo.
In tempo di Coronavirus, con la televisione chiusa per malattia, la consacrazione è giunta dal web, che ha eletto Giuseppe Conte a re delle parodie home-made. L’imitazione si è trasformata in emulazione, con il premier che è riuscito a superare sé stesso grazie all’ingegno dei social. Una fascinazione seconda solo a quella di Sergio Mattarella, che negli ultimi anni ha riunito un esercito di fedeli, di bimbe, che lo seguono come groupie di una rock band. Meme complessi, come i deepfake de Le Coliche, o elaborazioni multimediali impensabili fino a qualche mese fa, altro che battute riciclate in Impact. L’ultima partorita? Il remix in chiave lo-fi di uno dei discorsi alla Nazione, che in appena due settimane ha raccolto quasi 350.000 su YouTube. Che storia, it’s electrifyin’!