Giuseppe Brindisi a TvBlog: “Ho perso 10 chili e cambiato look. Zona Bianca? Mi è dispiaciuto fermarmi”
Intervista a Giuseppe Brindisi: “Ho perso 10 chili con il digiuno intermittente e la dieta chetogenica. Sono un narcisista, con la vecchiaia questo difetto aumenta”. Su Zona Bianca: “Sono stato costretto a lasciare il mercoledì. La domenica è il giorno peggiore”
“Ho perso dieci chili. Mi sono reso conto che mi stavo appesantendo e ho pensato che potesse essere corretto provare a dimagrire per stare meglio, anche fisicamente”. A parlare è Giuseppe Brindisi, storico volto delle reti Mediaset che, da qualche mese, ha deciso di proporre una nuova immagine di sé. Una vera e propria metamorfosi, come l’ha definita qualcuno. “Dietro questa scelta c’è molta vanità – racconta il giornalista a TvBlog – per paradosso sto monitorando molto la mia alimentazione proprio ora che ho quasi interrotto l’attività fisica. Fino ad un anno fa correvo 4-5 volte a settimana, pensa che avevo addirittura pensato di partecipare alla maratona di New York”.
Il segreto di Brindisi, così come quello di tanti altri personaggi noti, si chiama ‘digiuno intermittente’, abbinato alla dieta chetogenica, basata sulla quasi totale eliminazione dei carboidrati: “Digiuno per sedici ore e mangio nelle altre otto. Ritardo il pranzo, non mi pesa molto. Se la sera prima ho cenato alle 22, in genere rimangio alle 14”.
La novità include anche un look decisamente rinnovato. Via la cravatta, camicia sbottonata, capello a spazzola e un filo di barba, minuziosamente curata. “Ad un certo punto mi sono detto: ‘perché non farla crescere un po’?”. Sono un narcisista e con la vecchiaia questo difetto aumenta”.
E’ stato consigliato in famiglia?
No, no! Mia figlia è nella fase adolescenziale in cui mi contesta tutto. Qualsiasi cosa io faccia è sbagliata. Mia moglie invece era abbastanza perplessa, ma alla fine credo che non sia dispiaciuta. Per quel che riguarda i capelli confesso che l’ispirazione me l’ha data una app che genera il proprio avatar. L’ho provata, è venuta fuori una bella foto e mi sono adeguato.
I maligni sostengono che il suggerimento sullo ‘svecchiamento’ sia partito dall’azienda.
Smentisco. Anzi, a Mediaset c’è chi vorrebbe che non portassi la barba. Se ci fosse stato ancora il Cavaliere, mi avrebbe chiamato per rimbrottarmi. Non la amava molto, così come i baffi. Però negli ultimi tempi si era addolcito sull’argomento.
Attualmente è in pausa con Zona Bianca, dopo due anni e mezzo di programmazione no-stop. Qual è il suo bilancio complessivo?
Siamo nati nell’aprile del 2021. Immaginare un percorso migliore sarebbe stato difficile. Siamo partiti dal nulla, risollevando la serata del mercoledì dove Rete4 un po’ soffriva. Grazie allo scoop di Lavrov abbiamo fatto girare il nome di Mediaset in tutto il mondo come nessun altro. Siamo andati talmente bene che ci hanno spostato alla domenica. Poi abbiamo praticamente occupato tutti i giorni della settimana, tranne il sabato, che tra l’altro resta un mio obiettivo.
Oddio, un talk pure al sabato?
Perché no, è un territorio inesplorato. Certo, ci vorrebbe un prodotto diverso, più nazional-popolare e meno politico.
Suppongo che per lei il giorno ideale di Zona Bianca resti il mercoledì.
Sì, ci sono nato e me lo sono coltivato. L’ho lasciato una prima volta per ragion di Stato, mi è costato ma va bene così. Poi l’ho riavuto ma sono stato costretto a lasciarlo di nuovo. Credo che la domenica sia il giorno peggiore della settimana e quest’anno lo sarà ancora di più. Ci sarà di tutto, da Fazio a Report, dal calcio alla fiction di Rai 1. Ma va bene, sono un soldatino e ne vado orgoglioso.
Teme che la lunga pausa possa azzerare i buoni risultati che avevate raccolto in estate?
Rivendico di aver portato sempre a casa gli ascolti che mi venivano chiesti, ovunque sia stato collocato. Pure in questo caso, dopo la parentesi estiva, siamo tornati alla domenica e abbiamo totalizzato il 5 e il 6,6%. Nelle prime sue due puntate Del Debbio non si è allontanato da quelle cifre, pur con due grandi ospiti come il premier Meloni e Salvini. Sono ovviamente contento per il mio amico Paolo, ma sono soddisfatto anche di ciò che ho fatto. Mi sarebbe piaciuto non fermarmi, ma per una volta approfitto del fatto che siano gli altri a scaldarmi la sedia (ride, ndr). L’ho sempre scaldata io agli altri, adesso approfitto del lavoro di Paolo. Anche se quando tornerò tutti i canali concorrenti saranno accesi.
Fu un errore andare all’inseguimento di Giletti?
No, al contrario è stato esaltante. Giletti, nel bene e nel male, ha trent’anni di televisione alle spalle e una storia professionale rispettabile. Il grande pubblico è suo, non mio. Io sono quello che a Mediaset ha condotto tutti i tg esistenti, ma un conto è condurre i telegiornali, un altro è fare Domenica In e tante prime serate. Non posso affermare di aver vinto la battaglia, ma mi vanto di averla pareggiata. Abbiamo sofferto solo due mesi, in corrispondenza degli scoop di Non è l’Arena su Baiardo e Matteo Messina Denaro. Dopodiché me la sono sempre giocata. Insomma, se l’azienda mi chiede di sfidare Giletti perché ce n’è bisogno, io accetto volentieri. Vado sempre a caccia di nuovi stimoli e quel duello è stato appassionante.
Zona Bianca ha sempre rivendicato una posizione pro-vax.
Orgogliosamente, aggiungo. Ci credevo e ci credo. Ho sposato la linea aziendale che era la linea del buon senso, della scienza, degli esperti. Era la linea più giusta e lo dimostrano gli studi, quelli veri. Mi sono beccato minacce, rivolte a me, a mia moglie e a mia figlia e ho denunciato molte persone. Credo che chi ancora adesso, tra i colleghi, continua a cavalcare l’ondata no-vax, fa un pessimo servizio perché sta allontanando la gente dalle vaccinazioni, a partire da quelle anti-influenzali, che salvano migliaia di vite.
Spesso ospita figure di sinistra che però sembrano più che altro funzionali alla narrazione di destra. Mi riferisco a Piero Sansonetti e Tommaso Cerno.
Li invito di frequente al Tg4 e a Zona Bianca. A loro riconosco una onestà intellettuale difficilmente riscontrabile in altri ospiti. Sansonetti è il vecchio comunista che però non ha difficoltà a sposare posizioni che di sinistra hanno ben poco e la stessa cosa posso dirla di Cerno. Dovremmo tentare di uscire fuori dalle ideologie.
L’esponente di destra attacca in libertà; quello di sinistra incassa e subisce. Poi, alla prima reazione, quello di sinistra viene redarguito e zittito. Si riconosce in questa ricostruzione?
No, il mio talk viene visto all’esterno tra i meno schierati in assoluto. E io ne vado orgoglioso. Qualcuno sui social mi considera persino un comunista, ma io cerco piuttosto di essere il più possibile equilibrato. Non ho alcuna difficoltà ad ammettere di guardare più al centrodestra, ma non sarò mai un estremista reazionario. E disistimo quei colleghi che magari solo per convenienza lisciano il pelo a fascisti e razzisti, è un atteggiamento che mi fa ribrezzo.
Quasi sempre le opinioni diventano più centrali della notizia.
E’ inevitabile. Il talk funziona se hai lo scontro tra opinioni forti. Il fatto diventa lo spunto per una discussione. Al ritorno mi piacerebbe cambiare un po’ la formula di Zona Bianca, magari con meno politica. O con la politica trattata in modo più pop. Ne parlerò ai vertici.
La percezione è che gli ospiti recitino un ruolo in commedia.
Il talk è fondamentalmente questo. Quando costruisci un parterre ti immagini pure le dinamiche. Se parlo di Ddl Zan, penso già a Pillon che si scontrerà con Luxuria. A Zona Bianca cerchiamo di limitare le urla e il trash, ma le dinamiche, al netto del turpiloquio che da noi è bandito, sono chiaramente quelle di Tizio contro Caio. Non raccontiamoci balle. Un talk dove tutti vanno d’amore e d’accordo non funziona, è un’altra roba.
E’ stato il primo a dare spazio al generale Vannacci, che ora spunta ovunque. Al suo ritorno in onda pensa che avrà ancora qualcosa di interessante da raccontare?
Tra le poche qualità che mi riconosco c’è il fiuto. Quando Vannacci venne fuori con quel libro in pochi tra noi credevano alla sua forza mediatica. Invece c’erano tutti gli ingredienti affinché potesse interessare. Rivendico questo ‘ius primae noctis’ (ride, ndr). Adesso va ospite dappertutto, non so quanto potrà durare. Di ciò che afferma condivido praticamente l’un per cento. Sposo la linea del Ministro Crosetto, nel senso che un militare, finché ricopre quel ruolo, rappresenta lo Stato. E se rappresenti lo Stato certe affermazioni non puoi farle. In compenso, sono felice della sua posizione sui vaccini. Era stato idolatrato dai no-vax, ma ho avuto modo di ricordare che nel suo libro si scaglia contro complottisti, terrapiattisti e proprio no-vax.
E’ la prima stagione televisiva che affrontate senza Silvio Berlusconi. Che effetto le fa?
Sono entrato in azienda nel 1990, nell’epoca in cui decideva anche che tipo di carta utilizzare nelle stampanti. Ultimamente non era più così presente, ma è stato lo stesso importantissimo. Manca a noi, manca al mondo imprenditoriale, al mondo politico e a chi ha fatto fortuna parlandone male e ora fatica ad individuare un altro nemico. Berlusconi è stato un gigante, nei limiti dell’uomo, con i suoi pregi e difetti. Manca all’Italia.
Un suo ricordo personale?
Con Berlusconi ho avuto uno splendido rapporto e sono felice del fatto che mi stimasse molto. Dopo tre anni di lontananza per via del covid, tornò per la prima volta in tv a Zona Bianca e in occasione dell’ultimo 25 aprile mi telefonò per ringraziarmi perché avevo ritrasmesso integralmente il suo storico discorso di Onna. Era ricoverato al San Raffaele e si complimentò per il lavoro fatto, per il mio garbo, per la mia consueta cifra stilistica, chiedendomi di continuare nell’opera di ripristino della verità sulla sua figura. Quella telefonata per una fortuita e fortunata serie di motivi me la ritrovai registrata. La custodisco con grande affetto. È stato il suo ultimo regalo.