Da lettere classiche al giornalismo d’inchiesta di Report. È sicuramente un percorso non convenzionale quello che Giulia Presutti ha compiuto per arrivare a ciò che fa oggi. Giornalista classe 1990, attualmente inviata di Estate in diretta, dopo una stagione ad Agorà, si racconta per la prima volta a TvBlog, partendo subito da un annuncio: “Dopo l’8 settembre torno a Report”.
Come hai scoperto la vocazione per il giornalismo, dopo un percorso di studi apparentemente molto lontano?
Io pensavo di diventare filologa. Mi piaceva molto l’antichità ed ero quindi convinta di rimanere all’interno dell’ambito accademico. Nell’ultimo anno di studi però avevo capito che la vita da topo di biblioteca non mi si addiceva. Così ho deciso di non tentare il concorso per il dottorato, ma quello per entrare nella scuola di giornalismo di Perugia. Ho dovuto studiare molto, soprattutto perché, non avendo mai studiato nulla che avesse a che fare il giornalismo, mi sentivo in difetto.
Durante il periodo alla scuola di giornalismo di Perugia, hai avuto l’opportunità di vedere un filmato-inchiesta da te realizzato, Il cielo sopra il Laurentino, tramesso da DiMartedì. Come nacque questa occasione?
Durante la scuola di giornalismo avevamo dei precisi compiti da svolgere, ai quali potevamo aggiungere dei progetti a latere da portare avanti secondariamente. Io, da ribelle, mi ero un po’ fissata nel volere realizzare qualcosa sul Laurentino 38, perché mi ero appassionata al tema dell’emergenza abitativa. Per andare a fare le riprese saltavo anche le lezioni e mi facevo accompagnare da mia madre. Alla fine era molto soddisfatta del risultato che ero riuscita a portare a casa, anche perché credo che fosse dagli anni ’90, quando aveva realizzato un reportage Riccardo Iacona, che non si vedesse qualcosa in tv su questo quartiere di Roma. Mandai il servizio alla redazione di DiMartedì e loro decisero di trasmetterlo.
In quegli stessi anni hai fatto due stage, entrambi nella redazioni di reti all-news. Come ti sei trovata rispettivamente a Rai News 24 e a Sky Tg24?
A Rai News mi sono divertita tantissimo. Lì ho fatto il mio primo stage e quindi non sapevo ancora fare nulla. Mi hanno fatta però lavorare: ho scritto pezzi e dato con quelli il mio contributo alla macchina. Molte persone che ho conosciuto lì le ho poi ritrovate negli anni a seguire. A Sky, invece, ho trovato indubbiamente una macchina molto strutturata, in cui perciò serviva un po’ più di tempo per farsi notare.
La tua prima esperienza televisiva dopo questi due stage è stata Nemo. Come sei arrivata a lavorare per questo programma e che ricordi oggi leghi alla trasmissione?
Avevo fatto la volontaria al centro Baobab di Roma, dove ci si occupava dell’accoglienza di migranti. Per questo motivo feci un collegamento insieme ad altri volontari con Piazzapulita. In quell’occasione conobbi diversi autori che lavoravano al programma, fra cui Valentina Petrini, che sarebbe stata poi la conduttrice di Nemo. Per questo, quando nacque il programma, mandai il curriculum. Feci un colloquio, mi presero e lavorai poi con Valentina, aiutandola come redattrice nel realizzare reportage sugli esteri. Siamo state a Mosca, ci siamo occupate dell’assedio di Mosul e abbiamo fatto davvero cose meravigliose.
Report, dove sei arrivata nel 2017, è stata la palestra professionale in cui probabilmente ti sei più formata. Che cosa ti ha dato negli anni l’esperienza di lavoro al programma?
Mi ha insegnato che il giornalismo d’inchiesta è un giornalismo più lento, dove ci si ferma, si riflette e ci si prepara prima di andare a girare un’inchiesta. Report è quel programma in cui quando fai un’intervista devi essere più preparato tu dell’intervistato, un aspetto che mette sempre una notevole pressione addosso. In generale posso dire che Report mi ha insegnato a cercare di andare oltre, al di là della superficie delle cose.
Nell’ultima stagione hai affrontato un cambiamento. Sei passata a ricoprire il ruolo di inviata, prima, nella stagione invernale, ad Agorà, poi, nei mesi estivi, ad Agorà Estate ed Estate in diretta. Che cosa ha significato per te questo cambiamento? Perché è avvenuto?
Dopo cinque anni di Report, pensavo che mi mancasse la capacità di stare sulla notizia. Non me ne sono andata da Report perché ero scontenta del programma, anche perché non se ne avrebbero ragioni dato lo standing della trasmissione per ascolti e qualità. Mi rendevo conto però che non avevo mai fatto una diretta, non avevo mai montato un pezzo velocemente e soprattutto non avevo mai coperto una notizia a livello di cronaca. Ad Agorà sono approdata per questo e mi è stato permesso di farlo, grazie anche a una professionista come Monica Giandotti, che stimo tantissimo. Mi ha fatto assistere ai grandi eventi e raccontarli con una profondità che si avvicina, sommando i vari tasselli quotidiani, a quella che si ha quando si realizza un’inchiesta. Anche a Estate in diretta sto imparando tantissimo: ho trovato una squadra che ti accompagna molto e ti fa sentire apprezzata. Nunzia De Girolamo, ad esempio, non l’ho mai incontrata, ma quando vado in diretta riesco a farlo con sicurezza e tranquillità, che derivano dalla gentilezza che sia lei che Gianluca (Semprini, ndr) mi fanno percepire.
Come mai ora hai deciso di tornare a Report?
Quando ho capito che Monica non sarebbe rimasta alla conduzione di Agorà, ho preferito tornare a Report, dove ci attende una stagione che rappresenta una grande sfida: non solo ci si sposta alla domenica, ma avremo anche tanti minuti in più. Con Sigfrido, quando me ne sono andata, non abbiamo mai smesso di sentirci, anche perché ha compreso le ragioni che mi hanno spinto a fare questa scelta. Quindi questo ritorno lo abbiamo voluto insieme.
Per il tuo futuro, adottando una prospettiva più ampia, cosa immagini? In che ruolo ti vedresti? Quale sogno hai nel cassetto?
Faccio già quello che è il mio sogno nel cassetto, ovvero l’inviata, che per me rappresenta il top di gamma per un giornalista. In futuro mi piacerebbe diventare un riferimento per credibilità per le persone.
In occasione della tua prima diretta, tramite un post Instagram, hai ricordato Sandro Petrone, giornalista del Tg2 scomparso nel 2020. L’hai definito “amico” prima ancora che “maestro”. Che rapporto vi legava e perché hai pensato a lui proprio in quel giorno?
Sandro era il mio professore alla scuola di giornalismo e a quei tempi ci ho litigato tanto perché lui voleva cercare di liberarmi dai miei pregiudizi e voleva aprirmi a temi diversi da quelli sociali, ai quali io, testa calda, avevo deciso di dedicarmi in maniera esclusiva. Proprio mentre frequentavo la scuola, Sandro si ammalò e per qualche tempo all’inizio si allontanò dalla scuola. Noi non sapevamo nulla e per questo lo andai a cercare. Lui mi disse della sua malattia e da quel momento ci siamo molto avvicinati. Gli ultimi anni li abbiamo trascorsi da amici. Lui era un grande professionista perché era una persona con il cuore aperto alle storie che raccontava.