Home Interviste Giovani e droga, il regista Alberto D’Onofrio: “Un film senza filtri, i tossicodipendenti in comunità mi hanno dato fiducia”

Giovani e droga, il regista Alberto D’Onofrio: “Un film senza filtri, i tossicodipendenti in comunità mi hanno dato fiducia”

Giovani e droga questa sera su Rai2 il film documentario di Alberto D’Onofrio: “Il messaggio per genitori e adolescenti è che la droga è ovunque”

7 Ottobre 2021 12:26

Questa sera, giovedì 7 ottobre, su Rai2 alle 21.20 torna un documentario della serie Giovani e (Giovani e ricchi, Giovani e Londra, Giovani e sport, Giovani e sesso, Giovani e religione, Giovani e influencer, Giovani e famosi) di Alberto D’Onofrio, stavolta dedicato al delicatissimo tema della droga (“è un argomento caldo in questo periodo, lo so, invito i politici ad ascoltare gli adolescenti, che sono il primo obiettivo dei pusher, e a permettere che si esprimano per esempio sui referendum“). Giovani e droga è un film inchiesta a cui hanno preso parte le comunità di San Patrignano, La Torre del gruppo Ceis di Modena e Anglad di Roma.

Un film senza filtri, non edulcorato, un racconto crudo. Ho pensato da subito che fosse importante raccontare i giovani tossicodipendenti non come degli zombie incapaci di ragionare; per questo ho cercato giovani che fossero usciti da quella situazione terribile, che avessero iniziato un percorso nelle comunità e che avessero voglia di raccontarmi il prima, il durante e il dopo.

Giovani e droga, infatti, propone con una prospettiva corale il racconto – reale – di tutte le fasi del percorso di disintossicazione, dalla scoperta della famiglia alla consapevolezza di essere diventati tossicodipendenti (il primo approdo di solito è il SerT), passando per la decisione di farsi curare nei Cod (Centro di osservazione e diagnosi) o in una comunità dove per almeno un anno non puoi vedere né famiglia né amici.

Alcune comunità all’inizio mi hanno detto di no, le capisco. Temevano che il documentario diventasse più importante del percorso del ragazzo; altre comunità erano disposte a farmi entrare, a farmi girare e a farmi intervistare educatrici e medici, ma con i tossicodipendenti a volto coperto. A me non andava bene: io volevo che i tossicodipendenti fossero i protagonisti. Per fortuna sono riuscito ad ottenere la disponibilità delle comunità e dei ragazzi. Mi sono conquistato la loro fiducia. E alla fine sono arrivati gli ok. E io le ringrazio, perché mi hanno aiutato in tutti i modi.

Qual è il messaggio che il grande pubblico televisivo farà suo dopo la messa in onda di Giovani e droga?

Tutti i ragazzi hanno avuto un coraggio enorme a mostrarsi col volto scoperto. Un coraggio che consente agli adolescenti che vedono il film di capire davvero la loro storia, di capire che si sono esposti per aiutare gli altri. E questo vale sia per lo spettatore che non si è mai drogato, sia per quello che si droga. Il messaggio più forte è per gli adolescenti. Ma anche per le famiglie: attenzione, la droga è ovunque. Anche se non la cercate, la droga prima o poi arriverà, qualcuno ve la offrirà. E questo succederà tra i 12 e i 14 anni. Questo raccontano i protagonisti di Giovani e droga. Il bivio non è solo la discoteca. Il bivio è a scuola, è per strada, è sui social, è ovunque.

In Giovani e droga c’è un giudizio di merito sulla comunità di San Patrignano e sulla figura di Vincenzo Muccioli, temi tornati sulle pagine dei giornali dopo Sanpa di Netflix?

Io non prendo mai posizione nei miei documentari. Io creo un contraddittorio, la mia voce fuori campo si sente, è co-protagonista del film. Io racconto una storia del presente, Sanpa una del passato. Muccioli viene citato più di una volta nel mio documentario, da persone che raccontano di essere grate al fondatore di San Patrignano.