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Dieci anni senza Giorgio

Giorgio Faletti moriva il 4 luglio 2014 a soli 63 anni. Cinema, libri, musica, televisione: è stato tutto e di più, artista ingordo e curioso, che non si è mai fermato di fronte agli steccati. Anzi, li ha puntualmente oltrepassati

pubblicato 3 Luglio 2024 aggiornato 4 Luglio 2024 10:07

Dieci anni senza Giorgio Faletti. E la prima reazione collettiva è “già dieci anni?“. Due lustri che sono volati, nel corso dei quali l’attore e scrittore è stato a più riprese omaggiato e ricordato, senza che però fosse possibile evitare il secondo quesito, legato a quanto ci avrebbe potuto ancora regalare se quel maledetto 4 luglio del 2014 un tumore non se lo fosse portato via.

Lo avremmo ammirato nuovamente in qualche film, avrebbe pubblicato altri mille romanzi, sarebbe magari riapprodato a Sanremo, come interprete o autore. Cinema, libri, musica, televisione. Giorgio è stato tutto e di più, artista ingordo e curioso, che non si è mai fermato di fronte agli steccati. Anzi, li ha puntualmente oltrepassati, abbattendo il pregiudizio, le malelingue, i sorrisi di chi non credeva che l’interprete di Vito Catozzo o Suor Daliso potesse sorprendere nei settori più svariati. Lui, star del Drive In, spiazzò tutti una prima volta presentando nel 1994 ‘Signor Tenente’ al Festival di Sanremo.  La canzone, che si aggiudicò il Premio della Critica, era stata scritta in un pomeriggio d’estate. “Aspettavo degli amici, la buttai giù come se qualcuno me la stesse dettando. Fu lo spartiacque della mia carriera”.

Due anni prima sul palco dell’Ariston ci era salito al fianco di Orietta Berti, con la quale eseguì ‘Rumba di Tango’. Qualcuno aveva storto il naso, così come quando nel 2002 sbarcò in libreria con ‘Io uccido’, best-seller da 4milioni di copie vendute.

Faletti affrontò i giorni dell’inaspettato exploit da una stanza d’ospedale, per quello che fu un primo duro faccia a faccia con la malattia. “L’ictus mi ha insegnato a non rimandare nulla”, affermò una volta tornato in pista. “Non vieni avvertito, l’ictus arriva e basta”. E infatti vennero subito partoriti altri gialli: ‘Niente di vero tranne gli occhi’, ‘Fuori da un evidente destino’, ‘Piccoli inutili nascondigli’, ‘Io sono Dio’, ‘Appunti di un venditore di donne’, ‘Tre atti e due tempi’.

L’incrocio con Pippo Baudo e Sanremo si ripeté, seppur indirettamente, nel 2007. Stavolta preferì rimanere dietro le quinte, donando a Milva ‘The show must go on’, splendido brano rivolto agli “artisti falliti”. E se nella serata dei duetti la ‘pantera di Goro’ optò per Enrico Ruggeri, nella testa e nel cuore del pubblico l’accoppiamento ideale fu un altro.

Nel frattempo si era riproposto sul grande schermo con l’apparizione cult in “Notte prima degli esami” nel ruolo della ‘carogna’ Antonio Martinelli, prof apparentemente spietato che stringe al contrario un forte legame con il suo studente, interpretato da Nicolas Vaporidis. I due bissarono l’esperienza qualche tempo dopo in “Cemento Armato”, ma qui Faletti abbandonò i panni del buono per dare il volto ad un feroce criminale.

Mille facce, mille anime. L’ultima in ordine di tempo? Quella di pittore. Sapeva di esagerare e lo rivendicava: “Non vedo perché dovrei scegliere. La cosa peggiore che puoi fare a te stesso è porti dei limiti. A volte le cose succedono per caso, ma bisogna sentirsi liberi mentalmente. Dipingere mi ha sempre incuriosito“. Nell’annunciare affranto l’interruzione della tournée, pochi mesi prima della morte, Faletti confidò: “Purtroppo l’età è nemica della gioia”. Quell’età, anagrafica, che lui ha provato per un’intera vita ad allontanare, mantenendo un animo da eterno Peter Pan. “Sulla mia tomba vorrei che scrivessero ‘qui giace Giorgio Faletti, morto a 17 anni’”.

Sulla carta, quel 4 luglio di anni ne aveva 63. Comunque troppo pochi.