Giobbe Covatta: “Costanzo per me è stato uno zio. Era di una simpatia sfrenata e di una cattiveria…”
Giobbe Covatta a Tintoria ricorda Maurizio Costanzo: “Fuori dal palco era di una simpatia sfrenata e di una cattiveria… ma era consapevole di farlo anche per gioco e divertimento”
Giobbe Covatta ricorda Maurizio Costanzo. Ospite al podcast Tintoria, l’attore ha ripercorso la sua carriera, a partire dagli esordi al Derby di Milano, a cui poi è seguita la popolarità nazionale grazie, appunto, allo sbarco al Maurizio Costanzo Show.
“Con Costanzo è finita l’infanzia di questo mestiere e sono entrato nell’età adulta”, ha spiegato Covatta. “Non andavo a fare quello che mi pareva, c’erano delle aspettative. Io sono molto indisciplinato, lavoro sempre con mia moglie. Sono totalmente cialtrone”.
Covatta ha raccontato come fu selezionato per lo show di Canale 5: “Costanzo aveva una serie di redattori ed erano suddivisi per settori. Ognuno aveva una specializzazione. Andavano in giro per l’Italia, nei localini. Una di loro mi venne a vedere e mi fece chiamare”.
La certezza di avere svoltato il comico la ebbe dopo una dichiarazione di Costanzo, al termine di una puntata: “Questa è una trasmissione fortunata perché a volte capita di incontrare persone come Giobbe Covatta. Mi dissi: ‘è fatta, dovrei averla sfangata’. E da quel momento feci 200 puntate. Costanzo per me è stato uno zio. Fuori dal palco era di una simpatia sfrenata e di una cattiveria… non riusciva a parlare bene neanche della Madonna. Era una cosa terrificante, ma era consapevole di farlo anche per gioco e divertimento”.
Covatta ha svelato di aver incrociato più volte Silvio Berlusconi durante le sue esperienze a Mediaset: “Quando ci andai Berlusconi non era ancora in politica, era molto presente e rompeva le balle a tutti quanti. Era molto attivo, entrava nel merito delle cose. L’ho conosciuto anche abbastanza bene. All’epoca era un imprenditore che faceva televisione. Ricordo che una volta a Rete 4, in una riunione, un capostruttura disse: ‘noi siamo una televisione popolare, i nostri inserzionisti vendono le pentole a pressione, i materassi. Il nostro compito non è migliorare il nostro pubblico, perché se lo miglioriamo non compreranno più le pentole a pressione. Dobbiamo fare in modo che il nostro pubblico resti così’. La televisione era uno strumento che serviva a migliorare coloro che ne fruivano, fino a che è diventato uno strumento che serviva a peggiorarli per poter vendere qualcosa. È stato un passaggio devastante dal punto di vista culturale”.