Giancarlo Magalli a TvBlog: “Voglio tornare in tv, potrei accettare un’offerta di Mediaset. Mi è dispiaciuto lasciare Il Collegio”
Intervista a Giancarlo Magalli: “Sto bene. Avrei potuto fare Il Collegio senza sforzi, mi è dispiaciuto. Lingo? Mancò la continuità. Con la Rai c’è un legame fortissimo, ma se arrivasse la proposta di Mediaset…”
Pronto a ricominciare, dopo aver percorso un lungo tunnel che sembra mostrare un ritorno alla luce non lontanissimo. “Manca solo l’ultima tac, le terapie sono terminate”, racconta un sollevato Giancarlo Magalli a TvBlog. “Sono stati mesi pesanti, un anno da dimenticare, ma adesso sto bene. Siamo alla fine di questa esperienza, serve solo la conferma definitiva”.
Il percorso è stato tortuoso, costellato da ripetute docce fredde. Dapprima un’infezione, poi la scoperta di un linfoma. “Venni trasferito in ospedale in ambulanza, il ricovero è stato abbastanza impegnativo. Mi hanno dato farmaci forti che mi hanno buttato molto giù. Certe sensazioni non le avevo mai provate in vita mia. Avevo le allucinazioni, vedevo cose strane. Una volta guarito ho approfondito alcuni aspetti ed è venuta fuori la seconda problematica. L’infezione in un certo senso è stata utile perché ha fatto emergere una patologia più grave. Il linfoma è un tumore che si può curare e pare che io sia guarito, ma bisogna accorgersene in tempo”.
Se Magalli si è fermato, la televisione è andata al contrario avanti. L’auspicio, ora, è quello di risalire su un treno in corsa, sperando che non tutti i posti a sedere siano occupati. “Sto bene. Esco, giro, guido, mangio. Faccio una vita al 90 per cento normale. La normalità perfetta tuttavia la riconquisterò quando ricomincerò a lavorare. I miei programmi nessuno me li ha tenuti da parte. Mi è dispiaciuto trovarmi senza una trasmissione e vedere che tutto quello che facevo sia stato dato ad altri. Il direttore Coletta mi ha promesso il suo interessamento, mi auguro che si trasformi in qualcosa di concreto. E’ stato sempre molto gentile ed affettuoso con me”.
Ha in mente un programma che possa fare al caso suo?
Non c’è un progetto specifico, ho solo la voglia di tornare a lavorare. Certamente non parliamo di un impegno quotidiano, non ce la farei fisicamente, né mi andrebbe. Gradirei una cosa carina, divertente, non faticosissima che mi consentisse di ripartire.
Nei mesi di convalescenza ha visto molta tv?
Grazie a Dio no, avevo già molti problemi. In alcuni momenti è stata una compagnia importante, ho visto un sacco di film e serie sulle piattaforme, sono le cose migliori. Quando sei fermo a letto devi pur fare qualcosa. Seguivo inoltre i telegiornali e qualche talk, ma con una certa riluttanza.
L’esclusione dalla televisione le ha perlomeno permesso di vivere lontano dai riflettori questa fase complicata.
Nella disgrazia è stata una coincidenza positiva. Mi sono accorto di essere ammalato poco dopo aver terminato ‘Il Cantante Mascherato’. Non avevo problemi, però mi stancavo molto. E’ stata un’esperienza faticosa. Io e mia figlia pensavamo di fare tre puntate al massimo, invece siamo arrivati fino alla fine. Per fortuna non conducevo più ‘I Fatti Vostri’, non avrei potuto continuare a lavorare nelle condizioni in cui ero. Mollare il programma un anno prima è stata una fortuna, non ho danneggiato nessuno.
Avrebbe dovuto mollare pure Il Collegio.
No, avrei potuto farlo senza sforzi, mi è dispiaciuto non proseguire. Una puntata in genere la narravo nel pomeriggio in due ore, quasi in tempo reale, non mi sarebbe costata fatica. Sarebbe stato meglio per loro se l’avessi fatto (ride, ndr)! Ho partecipato a cinque edizioni su sette e sono sempre andate bene.
L’ultima ha mostrato un po’ d’appannamento. Ritiene che il format sia usurato?
Ha perso mordente, è normale. E’ accaduto a tutti i reality. Il ‘Grande Fratello’ il primo anno rappresentò un avvenimento epocale, poi di volta in volta i concorrenti hanno capito il gioco. Arrivavano con la parte già cucita addosso.
Pensa che sia accaduto lo stesso ai ragazzi?
Tendono a ripetersi, ci sono sempre gli stessi caratteri: il secchione, l’insofferente, il cattivo. Quando ti accorgi che dell’indisciplinato si ricordano tutti, allora la volta dopo vai là a fare l’indisciplinato. ‘Il Collegio’ rimane comunque un’ottima idea che ha funzionato su tutte le generazioni. E’ stato seguito da nonni, genitori e figli. Mi ha fatto piacere farlo. Purtroppo tutti i decenni temporali sono stati affrontati: i ’50, i ’60, i ’70, gli ’80 e i ’90. L’edizione di quest’anno era un po’ una ripetizione. Non c’è più nulla da raccontare, sono rimasti solo gli anni del fascismo, ma non si possono affrontare perché durante il fascismo la scuola era di dottrina. Storicamente parlando sarebbe anche interessante, però o racconti quegli anni per com’erano davvero e quindi il tutto potrebbe apparire apologetico, o non lo affronti per com’era realmente e allora diventa un falso storico.
Anche Una parola di troppo rientra nell’elenco dei programmi che avrebbe continuato volentieri a condurre?
Pure lì non è stata colpa della malattia. L’accordo con la Rai era di trenta puntate ed eventualmente ulteriori trenta, che non sono state mai fatte. I risultati c’erano, a mancare erano i soldi, nonostante i costi della scenografia e del software fossero stati ammortizzati. A quel punto il programma è stato offerto a La7 che se l’è preso. In Rai sarebbe potuto andare bene se avesse goduto di una programmazione regolare e quotidiana.
A tal proposito riscontrò delle difficoltà?
In origine saremmo dovuti andare in onda dal lunedì al venerdì, invece ci fermammo subito al giovedì visto che al venerdì c’era un prodotto branded. Poi un’altra puntata ce la toglievano quasi tutte le settimane, o per le discussioni parlamentari, o per lo sport. Mancava la continuità, i programmi campano di affezione e noi non abbiamo potuto crearla. Su La7 ‘Lingo’ gode di una programmazione regolare, tutti i giorni e c’è persino la luminosa in sovrimpressione che ricorda l’appuntamento.
In compenso, non ha nostalgia de I Fatti Vostri.
L’ho lasciato due anni fa, dopo vent’anni non ce la facevo più a mandare avanti un impegno quotidiano. Non avrei mai voluto vederlo morire per via della mia assenza. Sono contento che continui e che continui ad andare bene, anche se Salvo (Sottile, ndr) dice che fa il doppio rispetto a me. Non è vero!
Le sue ultime stagioni, condizionate dall’emergenza covid, furono complicate.
Fu faticoso e impegnativo. Non avevamo pubblico, l’orchestra aveva gli uomini contati e la squadra tecnica era ridotta. Non solo: molti reparti erano stati chiusi. Eravamo senza sartoria, trucco e parrucco. Dovevamo venire vestiti e truccati da casa. Inoltre mancavano gli ospiti ed eravamo costretti a realizzare quei collegamenti maledetti. Non si sentiva mai niente. Ad ogni modo, portammo il risultato a casa e ci orientammo sull’informazione sul covid. Siamo stati utili e non saltai nemmeno una puntata.
Alla trasmissione probabilmente serviva un rinnovamento, è d’accordo?
I ricambi non fanno mai male se sono fatti bene e se la persona che viene è di valore. Sulle reazioni ci saranno sempre versioni differenti: c’è chi afferma che non lo guarda più da quando non ci sono e chi sostiene che fosse l’ora che io abbandonassi.
E’ stato difficile riaffacciarsi in pubblico dopo i mesi della malattia?
Le prime volte la gente mi guardava con gli occhi sbarrati. Avevo perso ventiquattro chili ed ero malfermo, leggevo lo stupore nello sguardo delle persone. Ero io il primo a scherzarci: ‘Vi do cinque minuti per commentare come sono conciato, così non ne parliamo più’. Mi rendevo conto di avere un aspetto diverso. Poi tutto passa. Ho ripreso i chili, fortunatamente non tutti, e l’energia è tornata.
Pochi giorni fa l’Italia ha salutato Maurizio Costanzo. Un suo ricordo personale?
Maurizio era un amico e mi ha sempre dimostrato stima. Mi invitava spesso al ‘Maurizio Costanzo Show’ e gliene sono grato. Teneva sempre un rapido briefing con gli ospiti per valutare gli interventi. ‘Di’ quello che ti pare’, mi diceva ogni volta. Si fidava molto, era una bella dimostrazione di fiducia e rimaneva sempre contento. In uno degli ultimi articoli che scrisse rispose ad una spettatrice che gli parlava di me. Sostenne il mio rientro in tv, reputandomi un personaggio fondamentale. ‘Magari non in Rai, anche a Mediaset andrebbe benissimo’. Mi fece piacere.
Un salto a Mediaset lo prenderebbe realmente in considerazione?
Io ho sempre lavorato in Rai, sono forse l’unico insieme a Renzo Arbore. Non ricordo altri che non abbiano fatto almeno una volta il salto. In Rai ho realizzato migliaia di puntate di televisione e resta l’azienda che privilegerei. C’è un legame professionale fortissimo. Ma questo non vuol dire che direi di no ad un’offerta di Mediaset se questa si rivelasse interessante. Mediaset nel tempo è molto cambiata.
In che senso?
Nel senso che oggi non c’è più molta differenza con la Rai e se una piccola differenza c’è va a vantaggio di Mediaset, che ha da sempre gli stessi dirigenti con cui si può portare avanti un rapporto personale. In Rai i volti cambiano ogni due anni. Bisogna sempre ricominciare da capo, confrontandosi con persone nuove che magari non conoscono la tua storia. La Rai comunque resta il primo amore e non si scorda mai.