Giancarlo Magalli: “Felice di tornare al Collegio, ci tenevano a riavermi. Il politicamente corretto è una grande rottura”
Magalli a Blogo: “Fantastico del 1997 la mia più grande scommessa. Vengo da sempre preso in giro per altezza e pinguedine, mi sarei dovuto suicidare”
Salvagente in caso di mare mosso, supplente quando i conduttori ‘titolari’ mollavano o finivano addirittura all’ospedale. La vita professionale di Giancarlo Magalli è stata legata per molti anni all’incertezza, all’ingresso in corsa, alla necessità di mettersi alla guida di auto progettate per altri piloti. Pronto chi gioca?, Fantastico, Giorno dopo Giorno, Bye Bye Baby, Luna Park, I Cervelloni. Una lista lunghissima che alimenta nel conduttore romano il senso di orgoglio: “Proverei disappunto se avessi fatto solo quello, invece ho alternato – afferma Magalli a Tv Blog – fare il tappabuchi non fa piacere, ma mi hai nominato cinque-sei titoli, alcuni nemmeno li ricordavo. Ad ogni modo nell’elenco c’è pure roba prestigiosa come Fantastico”.
Padrone di casa per fatalità, autore per passione. Tra le menti di Pronto, Raffaella? e in seguito di Pronto, chi gioca?, Magalli si ritrovò a sostituire da un giorno all’altro Enrica Bonaccorti, ricoverata per un aborto spontaneo. “Essendo l’autore della trasmissione ero l’unico che potesse farlo. Conoscevo testi e tempi, mi buttai e andò bene. Da allora sono rimasto sempre in video”. Una volta compiuto il grande passo, tornare indietro è difficile, anzi impossibile: “Certamente condurre dà più soddisfazione, per un fatto economico e di popolarità. Ho sempre pensato che il lavoro di autore ci sarebbe comunque stato, sarei potuto tornare alle origini. Purtroppo oggi non è più così”.
In che senso?
“Nel senso che gli autori come lo ero io all’epoca non esistono più, non sono più richiesti. I programmi si comprano, si acquistano i format e poi si adattano. Non è il mio lavoro. Immagina di avere tra le mani un foglio di carta con su scritta un’idea e di portarla al dirigente di turno, è un iter che non c’è più. Negli anni settanta funzionava così. Meglio allora tenersi da conto il ruolo di presentatore”.
Se fosse un allenatore di calcio potremmo accostarla a Claudio Ranieri, ‘aggiustatore’ di situazioni complesse. Le piace come paragone?
“Più che un campionato, noi conduttori disputiamo un Giro d’Italia. Il nostro è un percorso composto da tante tappe e, come mi disse il mio amico Pippo Baudo, il Giro se lo aggiudica non chi vince tutte le tappe ma chi realizza la media migliore. Questo è stato sempre il mio obiettivo, poi senza dubbio qualche errore si compie. Se realizzi quattro programmi in carriera non sbagli, se ne fai cinquanta c’è la possibilità che due-tre ti vengano male”.
Un altro suo amico era Alighiero Noschese. E’ vero che il primissimo videoregistratore lo vide a casa sua?
“Verissimo, nella sua abitazione all’Eur aveva attrezzature super professionali che non possedevano nemmeno alla Rai. Le usava per migliorare le sue imitazioni. In un registratore memorizzava la voce dell’imitato, su un altro metteva la sua e le paragonava in diretta. A questi si aggiungeva un videoregistratore a nastro con monitor in bianco e nero e qui ci registrava i vari programmi per raccogliere le caratteristiche e i tic dei personaggi. Era un perfezionista assoluto”.
Torniamo alla tv. La più grossa scommessa?
“Fantastico, nel 1997. Accettai l’incarico il mercoledì e il sabato sera ero al Teatro delle Vittorie. Decisi di condurre uno show che era stato creato su misura per Enrico Montesano. Rinnovammo completamente il programma, dalla prima all’ultima parola. Fu una bella sfida vinta”.
Alla vigilia dichiarò: “E’ un intervento a cuore aperto su un paziente con 60 di pressione. E’ dura anche per me che sono abituato a interventi delicati”. Se lei è Ranieri, Fantastico fu il suo Leicester.
“Forse sì. Fu una sfida difficilissima per una serie di problemi. Il motivo che generò la fuga di Montesano rimase, ossia La Corrida come rivale. Corrado era riuscito a portare il pubblico su Canale 5 e Montesano non resse l’impatto. Non accettava di soccombere a dilettanti che facevano le pernacchie. Non volli cambiare gli autori, ci mettemmo subito a lavorare. Al mio fianco avevo Milly Carlucci, bravissima e disponibilissima”.
Nella prima puntata arrivò in studio in ambulanza.
“Esatto, con Milly che mi aspettava all’ingresso. Mi piacciono le sfide. Il terrore della Rai non era tanto sul fronte del varietà e dei suoi contenuti, ma nella necessità di ottemperare agli obblighi con il Ministero delle Finanze. Fantastico era abbinato alla Lotteria Italia, era un appuntamento importante che verteva su accordi e contratti precisi. Riuscimmo nell’impresa e arrivammo al 6 gennaio”.
Un programma di cui invece si pente?
“Mi gioco la nonna, me ne pento e me ne dolgo. Non andò bene, però ho delle attenuanti. Il format era tedesco, credevo di poterlo modificare, ma mi comunicarono solo successivamente che non si poteva. Era vincolato, c’erano giochi orribili, la concezione era macchinosa. Per montare e smontare i giochi si arrivava anche a pause di due ore. Senza contare che durante il programma la produzione litigò con la Rai. Un caos, e noi ci finimmo in mezzo”.
Per quell’esperienza rinunciò a Tale e Quale Show.
“Avrei dovuto formare la giuria con Claudio Lippi e Loretta Goggi. Era la prima edizione e dissi a Carlo (Conti, ndr) che avevo questo programma e che si registrava a Milano. Rifiutai una trasmissione bella per farne una brutta. Negli anni non sono più riuscire a rientrare”.
E’ noto per essere un amante di battute, anche ciniche. Percepisce il rischio di essere soffocati dal politicamente corretto?
“E’ una grande rottura di scatole, non si può dire una cosa che ti viene subito l’ansia. In questi giorni ho Edoardo Vianello ospite a I Fatti Vostri, l’ho preso in giro per il testo dei Watussi: ‘Guarda che se dici ancora altissimi negri rischi di fare la fine di Fausto Leali’. Quando fu scritta non era scorretto come termine, non è che adesso puoi cambiare ‘negri’ in ‘popolo di colore’. Occorre distinguere il politicamente corretto dal ridicolo”.
Ci sono categorie su cui non è possibile fare ironia?
“Ci sono categorie sulle quali non si scherza a cuor leggero: la Chiesa, la religione. Ma ad esempio anche la parola ‘zingaro’ viene considerata offensiva. Vanno valutati contesto e intenzioni. La mania del politicamente corretto fa sì che persino alcune espressioni innocenti vengano guardate con sospetto. Io mi adeguo, per quanto posso. Nessuno mi ha mai tacciato di offendere le minoranze, però c’è sempre qualcuno pronto ad inalberarsi a nome di qualcun altro”.
Si parla tanto di body shaming sui social e della derisione del corpo altrui. Il suo fisico è stato oggetto di scherno per anni, eppure è sopravvissuto.
“Sono stato preso di mira non solo per la mia altezza, ma anche per la mia pinguedine. La verità è che non me ne è mai fregato niente. Spesso in trasmissione racconto di ragazzi bullizzati. Non sono storie di giovani picchiati, bensì di persone che si sentono dire ‘brutto ciccione’ dai compagni di classe. Io mi sarei dovuto suicidare a otto anni. Ero ciccione e me lo dicevano. In quei casi o ci ridevo o li mandavo a fanculo, e si andava avanti. Non ricordo nessuno della mia generazione andato dallo psicologo per questo motivo. O al giorno d’oggi i ragazzi sono più sensibili, o chi offende è diventato più mascalzone”.
Nei confronti di un uomo è tutto concesso?
“E’ chiaro che dare ad una donna della cicciona è da maleducati, ma si è arrivati al punto che ci si arrabbia pure se dici a una che starebbe bene con qualche taglia in meno o con dei chili in più. Ti querelano”.
A I Fatti Vostri l’oroscopo gode ancora di ampio spazio. Ha senso nel 2020?
“L’oroscopo, almeno dal mio punto di vista, è sempre stato accolto come un gioco. Gli astrologi sostengono di leggere le stelle, danno indicazioni sul futuro. Ricordo che tanti anni fa si spingevano su previsioni specifiche. Io per tutta risposta facevo un programma per verificare e rinfacciare le loro cavolate. Ora le loro previsioni sono molto più generiche”.
Quest’anno al fianco di Paolo Fox non appare nessuno. Come mai?
“Il covid influisce su certe dinamiche. Un conto è essere in cinque seduti uno di fianco all’altro, un altro è disporre una fila lunghissima con un metro di distanza tra singole persone. Non sarebbe inquadrabile. E’ già brutto in tre…”.
L’assenza del pubblico si fa sentire?
“Manca molto, abbiamo tre-quattro figuranti, più l’orchestra. Durante il lockdown non c’era proprio nessuno, adesso qualche cristiano si vede, ogni tanto si sentono risate e applausi. Va un po’ meglio”.
Tra le novità proposte quest’anno ci sono le lezioni di ballo di Samanta Togni. Su Blob sono diventate un appuntamento fisso.
“Non lo sapevo! E’ un blocco che va molto bene, lo notiamo anche dagli ascolti. E’ un momento breve, la scuola di ballo funziona, si insegna qualche passo a chi è a casa. Le donne ovviamente sono più degli uomini. Samanta poi quando balla è uno spettacolo della natura, la ammiro molto”.
A proposito di ascolti, da qualche stagione I Fatti Vostri è diviso in due parti. Una mossa inevitabile?
“Non dipende da me. Credo che la decisione sia dovuta al fatto che la seconda parte fa di più perché a ridosso del Tg2 delle 13, mentre la prima ha un traino più debole. Quindi si cerca di evidenziare la parte migliore”.
I battibecchi in diretta con Michele Guardì non passano inosservati.
“Siamo come due suocere conviventi (ride, ndr). Capita che faccia cose che mi sorprendono, non riesco a non fargliele notare. Ci sono stati anche confronti seri, ma è da molto tempo che non si verificano più. In regia ha una serie di bottoni, a volte preme tasti che non dovrebbe premere, lancia stacchi inutili, sbaglia, fa confusione. Dopo trent’anni il nostro è un matrimonio. Se si è ancora insieme dopo tutto questo tempo non si litiga più”.
Il 27 ottobre ripartirà Il Collegio. Ridarà la voce al reality dopo aver saltato la quarta edizione.
“Il 9 ottobre comincio a registrare gli episodi. Sono molto felice di esserci, i ragazzini riconoscono la mia voce, mi approccio ad un pubblico diverso”.
L’anno scorso cedette il testimone a Simona Ventura spiegando che non sarebbe stato adatto a raccontare gli anni ottanta. Stavolta però il programma sarà ambientato nel 1992.
“Il motivo del mio ritorno è che, bontà loro, ci tenevano a riavermi come voce narrante nonostante in quegli anni non andassi più a scuola da un pezzo”.
Anche la Carlucci ci terrebbe tanto ad averla nel cast di Ballando con le stelle. La corteggia ancora?
“No, ha smesso cinque anni fa. Ha capito che invecchiare è un’aggravante. Risposi di no a 60 anni, come potrei accettare a 70? E’ una questione di mancanza di agilità e di entusiasmo per una cosa che non so fare. Non è snobismo, ma di andare là a fare la figura dello scemo non me la sento. Voglio bene a Milly, non è per cattiveria. Semplicemente, non fa per me”.