Gialappa’s Band: “A Mediaset ci fanno fare solo Le Iene, uno scandalo. L’assenza di Carlo? Siamo come Elio e le Storie Tese”
Parla Marco Santin: “Il nostro contratto con Mediaset scade a dicembre. Non lasciammo la Rai per soldi. Carlo assente? Succede da anni”. E su Magalli…
L’entusiasmo è lo stesso di trent’anni fa, complice anche la nuova avventura su Twitch, ma a questo sentimento Marco Santin ci aggiunge anche una corposa dose di amarezza. “A Mediaset facciamo solo Le Iene, posso dire che è uno scandalo? Rispetto assoluto per un programma che faccio volentieri e di cui sono orgoglioso, però è uno scandalo, considerando la roba che vedo in giro. Non ci fanno fare altro, siamo sottoutilizzati”.
Trentatre virgola tre per cento della Gialappa’s Band, Santin non ha peli sulla lingua. E non ha problemi nemmeno quando si tratta di rispondere alla domanda che quasi tutti i fan ripetono ossessivamente al trio: se le cose stanno così, perché nel 2017 arrivò l’addio alla Rai?
“In Rai facevamo tantissima roba – ammette Santin a Tv Blog – Quelli che il calcio, Milano-Roma, la scheda di Ballarò, il Dopofestival, il commento alle qualificazioni agli europei su Rai4, Rai dire Nius. Sicuramente dimentico qualcosa. Non siamo andati via perché Mediaset ci pagava di più. La verità è che abbiamo mollato perché una volta andati in vacanza ci comunicarono che non c’erano i soldi per ripartire a settembre con Rai dire Nius e che, forse, se ne sarebbe riparlato a novembre. Dopo che eravamo arrivati all’8% in access prime time, partendo dal 3, remando per sei mesi tra clamorose difficoltà. Ci opponemmo, sarebbe significato ripartire da capo. Avremmo perso il pubblico che ci eravamo conquistati, non aveva senso”.
Quindi vi richiamò Mediaset e accettaste.
Attenzione: Mediaset ci offriva programmi, non soldi. Isola, Gf Vip, Iene. Poi arrivarono i diritti per i Mondiali del 2018 e pure il nostro show, Mai dire Talk. Mediaset ci proponeva cose, la Rai in quel momento no.
Tanti progetti che sono andati via via a scemare.
Basta vedere la tv e le produzioni che ci sono. Ma non siamo i soli, è accaduto pure ad altri artisti. Mettici la crisi, la pandemia, quello che vuoi. E’ fuori dubbio che la situazione sia questa. Non sto dicendo nulla contro nessuno, basta osservare cosa c’era prima e cosa c’è adesso. Hanno allungato il Grande Fratello Vip, ad esempio. Fanno meno roba, facendola durare di più, così si ammortizzano le spese.
Ad ogni modo, a settembre tornerete a Le Iene.
Noi abbiamo un contratto fino a dicembre.
Ok, ma fatico a pensare che possiate ricominciare Le Iene e mollare tutto a dicembre.
Non so che dire. Il contratto ce lo hanno offerto così, di un anno e mezzo. Era il periodo successivo al primo lockdown, quando oltretutto Le Iene si fermò per mesi e ripartì senza di noi. Anche per questo motivo ci siamo aperti a Twitch e a mondi nuovi. Andando avanti così, penso che la tv non avrà molti anni davanti a sé, i programmi cominciano sempre più tardi. I ragazzini ormai la televisione nemmeno la accendono. Se devi sottostare a queste dinamiche, meglio guardare altrove.
A proposito di Twitch dire Europei, qual è il vostro primo bilancio?
Siamo al giro di boa. Siamo contenti, è una roba con cui non abbiamo mai avuto a che fare, siamo felici dell’esperimento. Mi hanno spiegato molte cose, tra contatti e abbonamenti. Siamo felici dei numeri che stiamo facendo, la nostra pagina ha 30 mila iscritti. La tv sta andando a morire, volevamo misurarci su un terreno nuovo e non ne stiamo uscendo sconfitti, è una buona cosa. Ci piaceva vedere quanta gente sarebbe venuta a seguirci.
Lo considerate un trampolino di lancio per altre esperienze future?
Qualcosa in futuro ci sarà. Twitch è legato a piattaforme che trasmetteranno la Champions League la prossima stagione.
E’ vero che state lavorando gratis?
Verissimo. Lo facciamo a zero lire. L’obiettivo non era quello di muoverci per soldi. Ripeto: volevamo irrompere su un terreno nuovo, con linguaggi nuovi, da boomer quali siamo.
Credete davvero di aver intercettato un pubblico nuovo? Non sono semplicemente vostri seguaci storici che sono venuti a cercarvi?
Credo che un terzo sia pubblico inedito, mentre i restanti due terzi sono nostri seguaci arrivati su Twitch. Di messaggi del tipo ‘come cazzo si fa ad entrare’ ne ho letti tanti (ride, ndr). Ma Twitch è comunque contenta perché ha intercettato persone che non sapevano cosa fosse questo mondo qui.
Non mancano le enormi difficoltà tecniche, dobbiamo dirlo.
Purtroppo sì. Abbiamo alle spalle un gruppo giovane. C’è grandissimo entusiasmo, però ogni tanto si scivola. Va detto che spesso le grane non dipendono da noi. Vanno aggiunti i problemi di linea, che si possono superare con degli accorgimenti. Peraltro mi dicono che le sporcature su Twitch piacciono. Noi siamo realizzando Twitch dire Europei come se fosse un programma televisivo ed è un qualcosa che su Twitch non esiste. Mi spiace solo quando si sprecano delle occasioni succose per via di problemi evitabili, come la gag di Patrick e della Bertini nella suite.
In quest’avventura siete in due. Manca Carlo Taranto e non è la prima volta.
Sono diversi anni che si sfila da determinati progetti, ma ce lo chiede prima. Alcuni contratti se siamo in tre hanno una cifra, se siamo in due ne hanno un’altra.
Possiamo affermare che sta nascendo una Gialappa’s Band parallela, a doppia conduzione?
Carlo già saltò una stagione di Quelli che il calcio, ma anche delle pubblicità o delle convention le stiamo realizzando io e Giorgio da soli. Io vivo per fare questo lavoro, mi piace. Carlo è diverso, ha altri interessi. Chiese di poter avere le domeniche libere, lo facemmo presente alla Rai e non ci furono problemi. O, per dirtene un’altra, non era nemmeno tra gli autori di Mai dire Talk. Sul discorso di una Gialappa’s parallela, per certi versi potrei risponderti che siamo come Elio e le Storie Tese. Ai concerti Rocco Tanica non c’è, nei dischi invece sì. Carlo non se n’è andato, è a Le Iene. Io e Giorgio avevamo già fatto in due una trasmissione su R101, mentre io in autonomia avevo condotto su Radio 2. E’ normale. Fino a pochi anni fa sembrava qualcosa di impensabile, adesso no. Abbiamo risolto coinvolgendo Giampaolo Gherarducci e Carlo Pellegatti.
Proprio la presenza di Pellegatti sta riscuotendo tanti apprezzamenti. Una rivelazione.
Quello di Carlo è stato uno dei primi nomi a venirci in mente. Sapevamo che era in pensione e lo abbiamo coinvolto. L’intesa che si è creata è stata spontanea. A volte le cose riescono, a volte si sbaglia. Pellegatti ha faticato nella prima puntata, poi ci siamo capiti e adesso va alla grandissima.
Una sera avete avuto anche Giancarlo Magalli collegato da casa sua. Un’intesa perfetta la vostra.
Magalli è una nostra fissa da anni. Cercammo di portarlo a Mediaset ai tempi di Balalaika. Ma il programma cambiò rotta, diminuendo l’intrattenimento e ampliando lo spazio al commento giornalistico. Non se ne fece più nulla. Giancarlo è un uomo esilarante, come lo era Enrico Vaime. Ogni volta che parla mi fa ridere, è bravo e spiritoso. Appena c’è stata l’occasione lo abbiamo coinvolto, anche a Milano-Roma il primo nome che facemmo fu il suo. Ci divertimmo come dei pazzi.
Quando vi accusano di essere sempre uguali a voi stessi vi arrabbiate?
Ritengo sia la critica meno giusta che possano farci e la prova è Twitch. Se fosse così avremmo risposto ‘chi se ne frega’ alla proposta. Interrompemmo Mai dire gol quando ancora eravamo all’apice. Noi manteniamo Mai dire nel titolo, poi realizziamo prodotti diversi. Altri cambiano i titoli, ma propongono gli stessi programmi. Ad esempio, nei commenti delle partite non siamo quelli del 1990. Nei modi di parlare, in quello che facevamo, siamo lontani parenti. Una volta riempivamo i calciatori di soprannomi, avevamo i rumori. Poi sono arrivati i tifosi delle rispettive nazionali e abbiamo cominciato a parlare sempre meno delle partite.
In epoca di politicamente corretto in molti fanno notare che vostre battute, anche di solo quindici anni fa, oggi non sarebbero più riproponibili.
Da un po’ di tempo penso a questa cosa. In effetti, oggi Mai dire gol farebbe fatica ad andare in onda. Penso banalmente alle battute nei confronti delle ‘letteronze’, o le stesse ‘letteronze’ come ruolo. Non so dove porterà tutto ciò.
Per questo è nato il pupazzo Dissocillo.
Certo, è un pretesto. Nelle prime puntate aveva più senso, ora meno. Ma fa sorridere. Appena si dice qualcosa di sconveniente entra in scena. E’ la dimostrazione che non siamo sempre uguali, abbiamo creato un personaggio, una scusa buona per fare comicità.