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Genio e Contadina: un canto del cigno?

Non c’è bisogno che sia io a ricordarvelo (a proposito, perdonate la lunga assenza pasquale, improvvisa e non premeditata. A volte è necessario disintossicarsi): il Colpo di genio è andato male. E mentre scrivo gli occhi fanno ancora male a causa di certe cosette che ho visto in onda nella seconda defilippica, puntata di Uno,

11 Aprile 2007 23:41


Non c’è bisogno che sia io a ricordarvelo (a proposito, perdonate la lunga assenza pasquale, improvvisa e non premeditata. A volte è necessario disintossicarsi): il Colpo di genio è andato male. E mentre scrivo gli occhi fanno ancora male a causa di certe cosette che ho visto in onda nella seconda defilippica, puntata di Uno, due, tre Stalla! (nell’immagine, la bellissima Andrea Lehotska, una delle contadine) di cui avrete, probabilmente, seguito la cronaca: un florilegio di seni prosperosi e giochi farlocchi (l’avete notato che i tronchi da segare, per le ragazze erano già segati?).
A conti fatti, sarebbe stato interessante vederli a confronto, questi due programmi. Ma il reality della D’Urso era già stato spostato per “salvarlo”, dunque lo scontro non c’è stato e non ci sarà.
Certi che domani il responso dell’Auditel dirà Milan, è il caso di ragionare su quel che rappresenta questo doppio insuccesso della televisione italiana, un insuccesso superpartes e quantomai rispettoso della par condicio, che accomuna senza far torto a nessuno le due reti ammiraglie.
Che sia un canto del cigno?
Un canto del cigno per le idee vecchie e riciclate (Colpo di Genio vs. Cervelloni), un canto del cigno per un certo tipo di concezione della televisione che non esiterei a definire vecchia (la tetta non fa necessariamente ascolto. Non se manca tutto il resto). Parlavo di questi e altri argomenti con addetti ai lavori, i quali hanno ammesso alcune cosette.

Hanno ammesso, per esempio, che esiste un gap enorme fra chi prende le decisioni e una generazione di giovani – perdonate il termine. In Italia, nel mondo dello spettacolo, si è giovani almeno fino a 45 anni, visto lo scarso ricambio – autori che la televisione l’hanno studiata, l’hanno guardata, digerita e forse anche rigurgitata e che sono pronti – parrucconi permettendo – a mostrare che ci sono ancora margini per idee nuove.
Hanno ammesso che le due realtà dominanti della televisione Italiana (serve ripeterlo? RAI-e-Mediaset) hanno grosse difficoltà a accettare le idee di questi giovani autori e a metterle in pratica. Date un’occhiata ai palinsesti estivi: non ci sono novità, non c’è niente di sperimentale.
Aggiungo io, probabilmente hanno addirittura difficoltà a capire certe idee. A capire che c’è un motivo se c’è il boom di serie tv americane (per esempio: sono fatte bene). A capire che per riconquistare un pubblico in valore assoluto sempre decrescente è necessario diversificare l’offerta e offrire prodotti con una certa valenza contenutistica.
Forse questo canto del cigno farà del bene e sarà complice di un’auspicabile rinascita della post televisione.
Resta solo da capire di quanti altri insuccessi ci sarà bisogno perché questa rivoluzione possa cominciare a tutti gli effetti. Noi, qui, non possiamo che augurarci che manchi poco.