Gene Gnocchi a TvBlog: “Mai rinunciato ad una battuta per timore delle reazioni. Sbagliai con Collina e mi scusai”
Gene Gnocchi parla della sua esperienza a Quarta Repubblica: “Quelle che realizzo da Porro non sono più delle copertine, sono un’altra cosa”. Sulla satira: “Scherzai sulla pelata di Collina, ma non sapevo dell’alopecia”. Sulla Ventura: “Come una sorella”
L’ironia, l’amore per il paradosso e il surreale. Tratti distintivi di Gene Gnocchi, in questi mesi in giro per l’Italia con “Il movimento del Nulla”, spettacolo teatrale che è allo stesso tempo un comizio itinerante del suo immaginario progetto politico. Le idee? Assai chiare: “Il nostro governo sarà ladro anche quando non piove. Non manterremo le promesse, ma noi ve lo diciamo prima”.
Contemporaneamente prosegue la sua avventura a Quarta Repubblica, talk di Rete 4 abbracciato nel 2020 dopo molti anni alla corte di Giovanni Floris. “Quelle che realizzo da Porro non sono più delle copertine, sono un’altra cosa”, spiega il comico a TvBlog, fotografando performance che oramai rappresentano rapide incursioni, spesso ripetitive, basate il più delle volte sulla gag di fantomatici manifesti e libri con titoli in rima attribuiti agli ospiti di turno. “Riteniamo che la cosa funzioni e la reiterazione va in questo senso. Il coinvolgimento non è facile, i temi trattati sono parecchi, poi su certi argomenti è complesso inserirsi. Per questo motivo si cerca di stare più sull’ospite che sui temi. Se si sta parlando del ragazzo ucciso dall’orso non intervengo, idem per la guerra in Ucraina. Ci si concentra più volentieri sulla persona in studio che sulle vicende affrontate. Devi legare la battuta all’ospite, riferendoti alla questione per cui è stato invitato”.
Due collegamenti a puntata ed una manciata di minuti a disposizione, sempre a ridosso della pubblicità. Ma Gnocchi non si lamenta: “Gli interventi che faccio sono più che sufficienti, il tempo è quello e mi va bene. Se poi si fa il raffronto ad esempio con la mia recente partecipazione a Ciao Maschio, va detto che lì c’era un’ora e venti di trasmissione a disposizione. E’ chiaro che lo spazio sia diverso. Chi fa questo lavoro è soggetto ad elogi e critiche, è tutto giustissimo. Secondo noi c’è un buon riscontro e non lo dico pro domo mea, il metro è il giudizio della persona che incroci per strada. A mio avviso è una buona chiave e un modo pertinente e dignitoso di lavorare. Sono chiamato a dare l’apporto ad un programma che non è mio, ma del conduttore. Bisogna tenere presente questo fatto. Devi cercare di dare il sostegno migliore possibile”.
L’idea dei libri sembra una rivisitazione delle rime che stampava sulle t-shirt a Di Martedì.
In realtà le magliette di Di Martedì erano un po’ diverse. La presa in giro era proprio sui politici. Da Porro non ho mai proposto libri o cartelli quando sono venuti in Conte, Salvini o Renzi.
In un’epoca dominata dal politicamente corretto, come è mutato il suo sguardo satirico sul mondo?
Mi occupo di calcio e da quindici anni curo Il Rompipallone sulla Gazzetta. Negli ultimi tempi mi sono reso conto che, con questa tendenza marcata di commenti sui social, le mie battute sono sempre più viste attraverso una lente distorta. Vengono ipotizzati complotti o disegni assolutamente inesistenti. Se scherzi sulla Juventus, per qualcuno fai parte di una lobby anti-juventina, se lo fai sull’Inter appartieni alla lobby anti-interista, e così via. Io faccio battute su tutti, mi sento libero, ma c’è un sentimento retrivo del complotto che alla lunga diventa insostenibile.
Colpa probabilmente anche di una eccessiva permalosità.
Sì, sono molto permalosi. Anzi, più che permalosi sono sempre convinti che ci sia una longa manus che ti guidi. La visibilità della Gazzetta genera queste reazioni, non che mi intimoriscano, però è evidente che ci sia più acredine rispetto al passato. Se una volta affermavo che la Juventus aveva giocato peggio del Canicattì, passavo inosservato. Oggi ti chiamano i tifosi del Canicattì per contestarti.
Subisce mai la tentazione di trattenersi o di evitare una determinata freddura per timore delle conseguenze?
Non mi trattengo mai, non mi è mai venuto in mente e non ho mai pensato di cancellare una battuta perché si sarebbero potuti incazzare alti, bassi, grassi, magri, donne o persone di colore.
Gli Oscar del 2022 hanno segnato uno spartiacque per la satira in tv. Lo schiaffo di Will Smith a Chris Rock ha delineato un prima e un dopo, concorda?
Ho da poco visto il nuovo spettacolo di Rock e negli ultimi venti minuti affronta proprio quella situazione. Se fai una battuta e l’offeso sale sul palco e ti mena, si viene a creare uno spartiacque. Altroché.
Agli Oscar del Calcio, vent’anni prima, lei visse una scena assai simile. Scherzaste sulla pelata di Pierluigi Collina e quest’ultimo si infuriò a tal punto da gettare il premio nel cestino una volta abbandonato lo studio.
Una battuta può venirti male e offendere chi la riceve, non ci piove. Non sapevo che la sua calvizie fosse causata dall’alopecia. Successivamente mi scusai con Collina, non sapevo quale fosse la sua vera condizione. Nella fretta si può sbagliare e noi lo riconoscemmo.
Nel 2023 un siparietto del genere non sarebbe nemmeno immaginabile.
Vero, oggi probabilmente verrebbe stoppato a monte.
Per un filmato scherzoso a Quelli che il calcio si arrabbiò pure il ministro Gasparri, che telefonò in diretta.
La Ventura gli replicò nella maniera più opportuna e forse è più ferrata sulla ricostruzione di quell’episodio. Da quello che ci riferirono, Gasparri era stato avvisato del servizio da altre persone e alzò il telefono senza aver guardato il filmato.
A proposito di Quelli che, fu un errore traslare la medesima formula al Festival di Sanremo?
Non credo che l’errore fu quello. L’edizione del 2004 venne svolta in una situazione complicata. C’era l’ammutinamento dei cantanti, infatti parteciparono in pochi. Eravamo in emergenza, ce la mettemmo tutta. Avevamo una controprogrammazione parecchio importante. Su Canale 5 mandarono in onda Zelig ed Elisa di Rivombrosa. Facemmo del nostro meglio.
Simona Ventura, Amanda Lear, Afef. Se dovesse votare la partner migliore con cui ha lavorato, chi sceglierebbe?
Con Simona ho condiviso otto anni fantastici, è come una sorella. Ha un rispetto sacrale per il lavoro degli altri. Non voleva mai sapere cosa avrei detto, si fidava ciecamente ed è difficile che accada qualcosa di simile in tv, dove i rapporti sono in genere definiti. Al contrario, mi ha lasciato sempre massima libertà e per me è un sinonimo di intelligenza. Afef è una donna deliziosa e anche Amanda è fantastica. Ma se devo scegliere, rispondo assolutamente Simona.