Nasce, televisivamente parlando, con la mitica Tv dei ragazzi, dei primi anni novanta. Si occupa del programma del pomeriggio di Rai1 Big! (prima dell’invasione delle trasmissioni di cronaca) e proprio qui conosce Carlo Conti, di cui diventa fedele e stretto collaboratore. Nel suo carnet professionale, sempre per la Tv dei ragazzi del primo canale della Rai “Solletico“. Poi arrivano i programmi di prima serata di Rai1, sempre al fianco di Carlo Conti: dai Migliori anni, fino a Tale e Quale Show, ma anche il preserale di successo di Rai1 L’Eredità. Spazio e parola dunque al padrone di casa di oggi di “Fuori gli Autori“ Leopoldo Siano.
La dittatura dell’Auditel
La mia grande fortuna di autore è stata quella di formarmi nella TV dei ragazzi. Una vera palestra, in cui ho avuto la possibilità di allenarmi per sviluppare tutte le idee che mi frullavano per la testa. Ho iniziato nel 1990 con “Big!” (nel 1992 ho lavorato per la prima volta con Carlo Conti) per proseguire fino al 2000 con “Solletico”. Ragazzi, è il caso di dire, che tempi! E che divertimento!
Nel periodo della TV dei ragazzi, infatti, si poteva sperimentare tutto e imparavi a fare l’autore a 360°: scrivevi una marea di testi, inventavi giochi, storie, rubriche, seguendo ogni cosa (dal montaggio al trovarobato, dai costumi alle musiche) fino a quando non andava in onda. La missione era quella di attirare l’attenzione non solo di un pubblico di bambini, ma anche quello dei genitori (prevalentemente le mamme) e dei nonni! Bisognava intrattenere incuriosendo, facendoli divertire, appassionare, emozionare, riflettere.
E la cosa più bella era che lo si poteva fare in piena libertà, usando l’arma migliore di noi autori: la fantasia. Ogni contenuto, presentato durante il programma, veniva proposto usando una creatività che esaltava il nostro lavoro. La soddisfazione più grande era quando in studio vedevi i bambini sorridere ed emozionarsi a ciò che avevi pensato per loro. Per un autore come me, che era all’inizio della sua carriera, era un vero successo!
Oggi il successo, invece, e mi riferisco all’intrattenimento e al varietà, è dettato maggiormente dagli ascolti dell’Auditel che hanno la facoltà di determinare l’esito di un programma. La mattina, verso le dieci, inizia il calvario dell’attesa del dato di ascolto della serata. Quando arriva, speri sempre che lo share e i milioni siano alti o, perlomeno, nella media per poter continuare a lavorare senza particolari patemi d’animo.
Se gli ascolti sono buoni, la giornata assume un significato particolare anche se si ha la consapevolezza che “domani è un altro giorno” (non a caso Carlo Conti, dopo aver commentato l’ascolto per sms con un “Alé”, termina il messaggio con il suo fatidico motto “Pedalare coi piedi per terra”). Ma se gli ascolti sono bassi, son dolori perché bisogna correre ai ripari e, il più delle volte, non è sufficiente.
Se un programma parte male, devi solo sperare che non scenda ancora più giù, altrimenti hai smesso di vivere. Ma vi sembra giusto che un autore possa relazionarsi con l’Auditel per lavorare concretamente al miglioramento di un programma? Eppure, è l’unico strumento attendibile su cui poter studiare, minuto per minuto, cosa è andato bene e cosa no. E allora tutti lì ad osservare le curve, non di una bella redattrice, ma sempre dell’Auditel che ti indicano quali sono stati i punti deboli e quali quelli forti del programma.
La televisione di oggi, purtroppo, è questa. La missione, di noi autori dell’intrattenimento, è di lavorare su dei format acquistati all’estero ed adattarli al nostro pubblico, sperando che funzioni. Più che autori, infatti, siamo diventati una categoria di adattatori. La sperimentazione, rispetto alla TV dei ragazzi, non esiste più. Tutto ciò che proponi deve raggiungere degli ottimi ascolti al primo colpo, altrimenti hai fatto cilecca. Spesso accade che il format che hai adattato vada più forte dell’originale e, in questo caso, il successo è anche merito tuo.
Però, la vecchia TV dei ragazzi resta sempre nel mio cuore. Forse è proprio quell’animo infantile che è rimasto in me e l’esperienza maturata in quegli anni che mi permettono di affrontare ogni programma come un gioco, capace di far divertire non solo i telespettatori, ma anche e, soprattutto, me.
Leopoldo Siano