Francesco Sarcina a Blogo: “Amici, il selfie a Sanremo, il perbenismo italiano e… il colbacco”
Il professore di Amici 14 non ha dubbi: “Il talent show ha salvato la discografia”. E ci va durissimo sul rapper Briga…
Chiamo all’orario concordato. Francesco Sarcina mi risponde dopo qualche squillo e mi chiede gentilmente di richiamarlo “tra 15 minuti”, perché sta per mettersi in viaggio. Seguo le sue indicazioni, quando lo richiamo mi ringrazia per questo. Ma gli spiego:
Sono io a doverti ringraziare, perché in questi minuti di attesa ho trovato un’immagine bellissima. Di te con lo splendido colbacco in testa mentre fai lezione ad Amici.
Lui ride e nega che sia un accessorio da personaggio televisivo: “Lo indosso anche adesso, fa freddo, che devo fare?”.
L’intervista al giudice di Amici 14, con un passato da frontman de Le Vibrazioni e un futuro da solista, in attesa del nuovo secondo album il cui primo singolo (“scritto col cuore per il cuore”) dovrebbe essere rilasciato ad aprile prossimo, può iniziare:
Come sta andando l’esperienza ad Amici?
È la mia prima esperienza televisiva. Non avevo mai partecipato ad una trasmissione a pieno regime, dandomi giornalmente. Mi trovo bene, è un po’ diverso dalla vita del rocker che va in giro tra studi di registrazione, tour e aerei, ma è bello. Anche perché il mio lavoro tornerò a farlo, Amici è un di più. Penso che oggi sia importante non porsi limiti e fare tutto. Prese nel verso giusto sono tutte belle esperienze che possono darti conoscenza. Sto imparando tanto.
Dal punto di vista televisivo cosa hai imparato?
Ho imparato ad essere più diretto perché non hai molto tempo e devi elaborare velocemente il concetto. Ma sto imparando anche dagli allievi che stanno dimostrando forza d’animo non indifferente, nonostante le pressioni alle quali sono sottoposti. I tempi sono cambiati. I miei dieci anni di esperienza oggi sono compressi in 5 mesi. È molto faticoso e i ragazzi sono molto bravi a sopportare. Mi rivedo un po’ in loro. Amici è un trampolino di lancio che dà però anche la possibilità ai ragazzi di fare un percorso, seppur minimo. In altre trasmissioni sei cotto e mangiato in 3 mesi.
Come sei diventato professore di Amici? Hai avuto timori quanto te l’hanno proposto?
L’anno scorso dopo essere andato ad Amici a fare il super giudice della sfida tra i Dear Jack e i Canova, me lo ha chiesto la produzione. Mi ero divertito, lo avevo fatto con semplicità e spontaneità. Con la produzione ne abbiamo parlato. La cosa mi ha sicuramente lusingato, perché vuol dire che hanno visto qualcosa in me. Però dall’altra parte – conoscendo la trasmissione – mi chiedevo che cosa potessi c’entrare io. Ma in realtà c’hanno visto bene loro. Il pugno nell’occhio di vedere un Sarcina così fa anche sorridere. Sono un cane sciolto, ma a livello professionale sono il più vicino ai ragazzi. Qualche anno fa bussavo alle porte dei discografici per arrivare al successo. La scommessa l’hanno fatto loro (la produzione, Ndr). Il timore di non essere televisivamente interessante c’era… ma io non lo so… io non mi guardo mai come vengo in televisione. Lo faccio solo quando ho il dubbio che sia andato male qualcosa.
Fino ad ora lo hai fatto?
Sì, uno lo fa anche per capire quante caxxate dice…
E quante ne hai dette finora?
Un po’. Ma perché sono naturale, non mi impongo di essere un qualcosa che non sono.
Sarà per questo che ogni tanto ti sei lasciato andare al dialetto pugliese.
Sì, tutta la mia famiglia è pugliese. Ogni tanto mi esce un po’ di Puglia (ride, Ndr).
Nel corso della telefonata il concetto di sincerità lo ribadisce a più riprese Sarcina secondo il quale “ad ogni modo la verità e la lealtà pagano sempre”. L’intervista poi entra nel merito.
Durante una registrazione di Amici hai rinfacciato a Rudy Zerbi, ex Presidente Sony Italia, i no a Le Vibrazioni da parte delle case discografiche. Come andò?
In puntata Rudy sosteneva di vedere in un ragazzo (Gabriele, Ndr) un proseguo discografico e in un altro no (Luca, Ndr). Io gli ho detto che non poteva fare questo discorso perché non è vero. I discografici non sono in grado di guardare un futuro discografico di un’artista, soprattutto oggi che fanno solo i conti. La discografica non può esistere senza artisti, mentre un artista può esistere anche senza la discografica. Poi, certo, ci sono discografici che lavorano bene. A Zerbi volevo solo dire che l’esempio lampante ero io: i pezzi che ho fatto e che sono diventati famosissimi, che poi sono stati ripresi, sezionati e copiati non da altri artisti, che sono stati primi in classifica anche per 14 settimane, li feci ascoltare ai discografici per anni. Ma nessuno fu in grado di produrli. Solo quando mi sono autoprodotto e sono finito primo in classifica, si sono fatti avanti. Quello che diceva Zerbi non è vero: spesso i discografici non vedono cose che realmente potrebbero funzionare, ma le vedono solo quando già funzionano. Poi io a Rudy gli voglio un mondo di bene, c’è stima e simpatia tra di noi.
Sei un telespettatore assiduo?
No, non guardo tv. Zero. Guardo solo film. La tv non l’ho mai guardata.
Credi che il genere televisivo del talent show abbia distrutto o aiutato la discografia?
Non ho una grande cultura in fatto di talent. Però secondo me il talent ha salvato la discografia. Internet l’ha distrutta, perché ha aperto una finestra dove tutto è disponibile gratuitamente. Quando fai un disco hai bisogno di fondi, che con Internet sono venuti meno. Le discografiche si sono mangiate tra di loro. Infatti oggi ne sono rimaste tre. Il talent dà la possibilità di focalizzare alcuni artisti. Lo fa per la gente e e per la discografica. Dà popolarità prima ancora che esca il disco, quindi gli facilita il lavoro. Non a caso le discografiche sono legate ai talent. Se non ci fossero i talent di cosa vivrebbero le discografiche oggi?
Veniamo al caso Briga. La mia sensazione è che il contesto televisivo ti abbia un po’ frenato e che se fosse stato per te la vicenda sarebbe stata trattata con maggiore severità. Sbaglio?
Io non vorrei nemmeno fare il nome Briga perché non voglio fare ulteriore pubblicità a uno che se ne è fatta col suo modo di fare. L’arroganza non è un bell’esempio. Io arrivo dalla strada, io di fronte ad una persona così mi sarei alzato e sarei andato proprio dritto, testa a testa. Sono anche un papà, il rispetto è fondamentale. Io la mancanza di rispetto la faccio pagare. La punisco. Poi ci sono dei meccanismi diversi. Lui è molto intelligente e ha capito come farsi breccia lì in mezzo. Oltretutto è bravo; ma non è l’unico ed il solo. È pieno di artisti come lui. Il rap è un mondo che frequento. Gli atteggiamenti sono quelli, sono tutti così: se ne fregano, ‘bella zio’, ‘vaffancul0’.
Quindi tu vorresti capire quanto sia autentico il suo atteggiamento?
Il rap nasce in America da un’esigenza sociale vera. Da persone di colore con seri problemi sociali, erano emarginati. Mi chiedo quanto ci sia in chi fa rap oggi quella cultura. Sei un bianco, in Italia, probabilmente di buona famiglia. Allora quanto ci sei e quanto ci fai? Ma non voglio entrare in polemica perché non voglio fargli pubblicità. Se non fossimo in un contesto televisivo la mia reazione sarebbe diversa. Molto diversa (ride, Ndr). Nella realtà le parole ad un certo punto non servono più. Ma in un contesto televisivo, siccome sono l’ultimo arrivato, non mi sono permesso di andare oltre. Ho solo detto che quel modo lì di fare dimostra una grande insicurezza. Questo lo penso; non sono un pischello di 20 anni, sono uno che qualche disco e qualche singolo di successo lo ha fatto; ho macinato qualche migliaio di concerti, sono un padre di famiglia, certe cose io le vedo. A me non la raccontano. Ma questo vale per tutti, non solo per Briga.
Mi è piaciuto molto il discorso che hai fatto in puntata. Semplifico, ma suonava più o meno così: ‘ora ti senti figo, ma la merd@ che stai tirando in giro un giorno ti tornerà in faccia’.
Certo. Ora che hai successo e sei figo puoi permetterti di fare lo stronxo con tutti. Ma poi gli stronxi li puoi incontrare quando sei in discesa. Oggi fai Amici, ma se domani lo fa uno più bravo di te, te lo mette nel cul0, scusa il francesismo. Per questo devi costruire qualcosa che duri nel tempo. Se vuoi rispetto devi portare rispetto.
Ascoltandoti ho come la sensazione che tu, anche per ragioni caratteriali, non possa durare molto a lungo in quel contesto. L’esperienza ad Amici è limitata a quest’anno o potrebbe essere ripetuta?
Non mi pongo limiti. Quello che deve accadere accade. Vedremo. A me piace quello che faccio. Il prossimo anno magari mi chiedono di continuare o magari io vado in tour in America o magari decido di fare l’eremita perché mi sono rotto di tutto. Non possiamo saperlo.
Com’è Maria De Filippi?
Pazzesca, fenomenale. Sto imparando più da lei in questi mesi che in tutti gli anni di lavoro. È la regina vera. Combattente. Non sta lì a mangiare il croissant, ma una che lavora. Ha tutto bene chiaro in testa; è un genio, ha una mente pazzesca.
Prima di affrontare il tema Sanremo, Sarcina rivendica il fatto di aver portato lui ad Amici i The Kolors, l’unica band rimasta in gara:
Li ho portati io, perché li ho visti io in giro suonare. E ho pensato che in quel momento ad Amici mancasse qualcosa che spaccasse. Happiness, felicità, la musica deve fare anche saltare e ridere.
E ribadisce anche il concetto sulla discografia:
Non ha prodotto grandi cose nella storia della musica italiana e spesso ha messo prodotti di scarsa qualità. Rovinando la musica e la cultura italiana. E rovinando intellettualmente il popolo, che si abitua a sentire un certo tipo di musica e segue quell’onda.
Passiamo a Sanremo. Quest’anno hai provato a partecipare al Festival?
No, non mi è passato assolutamente nella testa.
Se ho capito bene l’esperienza dell’anno scorso non è stata entusiasmante per te.
L’ho vissuta in maniera positiva, tranquilla, non come una gara. L’ho vissuta come la vetrina in cui portare il mio primo disco. L’unico problema è che fino all’ultimo sembrava che non mi volessero lì. Mi ha dato fastidio. Le canzoni presentate erano assolutamente sanremesi, ma nella parte artistica del Festival volevano fare gli intellettualoidi, i sinistroidi. Che sono concetti che musicalmente non capisco nemmeno cosa vogliano dire oggi.
Quindi questo è stato il problema.
Sì, però una volta dentro ho pensato solo a me stesso. Mi sono ammazzato di interviste, perché Sanremo si fa per questo. Salire sul palco è stata una liberazione perché finalmente facevo quello che faccio da quando sono nato: cantare. Mi sono divertito. Anzi, sul palco ho fatto anche il pirla scattando il selfie. Andando anche un po’ a pisciare sull’istituzionalità di Sanremo.
Sei stato il primo a fare il selfie.
Sì, poi sono arrivati quelli di Hollywood. Chi è il pirla, io che sto facendo lo stronxo o tu che limiti una cosa che è nell’aria? Ho anticipato una roba che c’era nell’aria. È bello far vedere al pubblico in una prospettiva diversa di quello che guardano in televisione.
Mi stai dicendo che qualcuno all’interno del Festival ha avuto da ridire?
Certo.
Chi?
Non è importante. Qualcuno all’interno di quell’edizione di Sanremo. Ma io lo sapevo e non mi spaventa. Il perbenismo e il bigottismo non mi piacciono. L’Italia è il Paese in cui la mattina vanno in Chiesa a pregare, a farsi vedere e poi il giorno dopo a putt@ne e travestiti. E poi rompi i cogli0ni a me per una foto sul palco? Io posso permettermi di essere quello che sono e questo fa incazzare gli altri che vivono nascondendosi e mascherandosi. Si ha paura del giudizio.
A Sanremo 2015 tiferai per qualcuno?
Sono un po’ come Pippo Baudo per i Dear Jack… ‘li ho scoperti io’. Mi sento molto legato a loro; ci sono dentro anche io, in piccola parte, ma mi ci sento dentro anche io. Ma non tifo per nessuno, io tifo per me stesso… devo fare il nuovo disco. Non me ne frega un caxxo (ride, Ndr). In senso buono però. Sono molto curioso di ascoltare tutti i brani. Anche della mia collega Grazia Di Michele e dei miei amici I Soliti Idioti. Quindi per par condicio non tifo per nessuno.
Cosa mi puoi raccontare del tuo nuovo album?
È molto intenso, è ricco di sonorità. È un album che non ho mai fatto in vita mia. È molto femminile: guarda il lato femminile delle cose e di me stesso. Femminile in senso artistico. E quindi mi fa sentire molto maschio dall’altro canto. È un gran bel disco, in alcuni momenti visionario, ma racconta molto i rapporti umani. Il primo disco da solista era molto individualista. Questo è molto aperto. È un disco accogliente, che ti abbraccia, che ha calore, che ti avvolge. Femminile perché la femmina è colei che accoglie.