“The Apprentice è un format difficile, ha avuto successo solo in America e in Inghilterra. Prima di accettare mi sono consultato con Donald Trump. Non pensavo che anche da noi avrebbe avuto tanti spettatori. Luciano Benetton era il primo a chiamarmi il mercoledì mattina per chiedermi perché avessi buttato fuori quello e non l’altro. Berlusconi ne era pazzo. Ma lo seguiva anche gente che non potrei definire amica. Giornalisti del Fatto Quotidiano, classici radical chic”.
Questo è una dichiarazione cult di Flavio Briatore a Vanity Fair, che però dedica più ampio spazio al suo Apprendista in corso. E’ un Francesco Menegazzo “pettinatissimo”, come ammette lui stesso su Facebook alludendo a un servizio photoshoppato, quello in esclusiva su Vanity Fair di questa settimana. Ve lo ricordate il vincitore della prima edizione di The Apprentice (che riparte con la seconda a gennaio 2014 su SkyUno)? Vi eravate domandati che fine avesse fatto? E’ lui stesso a svelarlo in un’intervista a Sara Faillaci, che inizia il pezzo con un interessante aneddoto. A quanto pare il piccolo Nathan Falco, di tre anni, ha imparato a dire: “Francesco, sei fuori”.
Menegazzo lavora dal 7 gennaio a Montecarlo, nell’ufficio della FB Management di Briatore. Lavoro a tempo determinato per cui ha lasciato l’assunzione a tempo indeterminato, in un istituto bancario a casa sua, in provincia di Treviso:
“Appena arrivato Briatore mi ha affidato il ruolo di controller, cioè il compito di verificare flussi e costi delle varie attività del mondo Billionaire. Oggi però lavoro quasi solo sul Kenya. Il Billionaire Resort, un complesso residenziale di lusso a Malindi, è quasi pronto. Io faccio da tramite tra gli architetti italiani e l’impresa locale, oltre a promuovere la vendita degli ultimi appartamenti”.
Peccato che il contratto “da sciogno” abbia la data di scadenza annuale:
“Lo metto in conto. Il futuro devo meritarmelo sul campo. Male che vada, avrò fatto un’esperienza che apre la mente”.
Briatore per ora rassicura Vanity: “Ho intenzione di riconfermarlo. Ho bisogno di gente brava”. Intanto Menegazzo si gode il suo stipendio a sei cifre, vale a dire 100.000 euro l’anno, ma dice che la vita è cara e preferisce risparmiare per mettere qualcosa da parte:
“Mi piacciono i bei vestiti, soprattutto Prada. Però li compro all’outlet, non a prezzo pieno. E in ufficio non vado mai in giacca e cravatta, se non per qualche incontro particolare, ma sempre in ordine, perché lui guarda tutto”.
E certo, chi se la scorda la giacca vista culo. A proposito di Flavio Briatore (che sempre a Vanity rivela di aver coniato lui ‘Sei fuori’ come variante al ‘Sei licenziato americano, troppo duro in Italia’), ecco cosa pensa Menegazzo del Boss:
“E’ il capo che immaginavo per concretezza e audacia: a malapena mi conosceva, però mi ha da subito portato con lui a riunioni dove c’erano informazioni riservate. Mi cazzia quando non ricordo dei dati. Mi chiede a bruciapelo: ‘Quanto hanno fatto il mese scorso da Cipriani?’ E, se mi vede esitante, parte subito: ‘Hanno fatto tot e tot. Se lo so io che seguo cento cose, perché non lo sai tu che ne segui tre?’. Il fatto è che lui ha una memoria imbattibile”.
Però scopriamo un Briatore dal volto umano:
“Mi ha stupito invece scoprire che il suo stile di vita è molto più semplice di quanto si pensi: l’ufficio è carino ma non grande. Non c’è nulla di superfluo. Il lusso per lui è solo una nicchia di mercato che ha scelto per fare affari. E in questo mi trovo benissimo con lui. Se devo viaggiare per loro, sono io a chiedere di andare in economy, la business è solo uno spreco di soldi”.
E bravo Menegazzo, che vi consiglio peraltro di seguire su Twitter. Ha una lingua biforcuta, ma al tempo stesso molto sagace. Anche se col social network ha avuto anche brutte esperienze:
“Per non somatizzare ho dovuto sviluppare un modo razionale di reagire alle cose. E per fortuna. Ha idea delle cattiverie che mi sono arrivate su Twitter quando ho vinto? L’accusa di aver usato la morte di mio padre per impietosire la giuria. In realtà io ne ho parlato solo per spiegare perché, da Londra dove mi ero trasferito, sono tornato in Italia”.