“Quando mi hanno chiamata per propormi di stare in studio, ho subito pensato che mi stessero per richiamare su qualcosa di sbagliato che avevo fatto” ci racconta al telefono Francesca Martelli. La giornalista, dallo scorso settembre volto in studio di Agorà insieme a Roberto Inciocchi, è passata da essere inviata della trasmissione ad occuparsi dello spazio dell’ex “moviolone”.
Nel suo curriculum sono scritti i nomi di tante trasmissioni televisive: Tagadà, Sono le venti, Ogni Mattina, Ore 14. Ognuna di queste ha formato in qualche misura Francesca Martelli, come lei stessa ha avuto modo di raccontare. Ora, a distanza di un anno e mezzo, siamo tornati ad intervistarla per capire come stia vivendo questa nuova nuova avventura professionale all’interno di Agorà, dove è arrivata nell’estate del 2021, rimanendo stabilmente per tutte le successive edizioni invernali ed estive.
Quando ti è stato proposto, come hai accolto questo passaggio, che ti porta ora ad essere impegnata quotidianamente in studio?
È una nuova sfida, che ho accolto bene fin da subito, nonostante non fosse un passaggio programmato. A Tagadà avevo già fatto un po’ di studio, così come a Sono le venti di Peter Gomez. Qui, però, sono in studio dall’inizio alla fine della puntata e devo dire che questo ruolo è stato per me una bella sorpresa.
Che cosa stai imparando da questi primi mesi di lavoro in studio?
Sicuramente mi rendo conto di stare allargando il campo rispetto agli argomenti di cui mi occupo. Dopo l’attacco terroristico di Hamas dello scorso 7 ottobre, abbiamo iniziato ad occuparci costantemente di esteri, che spesso non trovano spazio in tv. Inoltre nella seconda parte di ogni puntata ci occupiamo di argomenti che esulano dalla politica. Con la redazione, quindi, facciamo un lavoro di recupero di filmati dalle teche Rai o di riproposizione di servizi di colleghi che ci aiutano ad affrontare un determinato tema. Con questo lavoro, sento di star mettendo dei mattoncini in più che mancavano fin ad ora nella mia formazione.
Essendo in studio, con buona probabilità cambia anche la percezione su quanto gli ascolti influenzino la trasmissione. In una stagione non particolarmente fortunata di Agorà, con dati in calo rispetto alla scorsa edizione, come state lavorando, confrontandovi quotidianamente con i dati Auditel?
Non sarei sincera se ti dicessi che prima non consideravo ugualmente i dati d’ascolto. Da quando lavoravo a La7 sono abituata ad alzarmi al mattino e confrontarmi con gli ascolti del giorno prima. Io ho sempre controllato, ad esempio, anche l’andamento della curva, per capire cosa è stato fatto bene e cosa invece si può migliorare. Per me quest’anno la vera differenza è nell’essere sempre a Saxa Rubra, mentre spesso l’anno scorso capitava che fossi fuori, anche durante le riunioni. Assistere al confronto di persona ti permette di non perdere alcune sfumature che si possono non cogliere quando invece si è collegati al telefono.
Roberto Inciocchi ad inizio stagione disse riguardo agli ascolti: “I risultati arrivano quando si va tutti nella stessa direzione, il conduttore da solo conta poco”. Viste le difficoltà registrate dagli ascolti in questi mesi, hai la percezione che il gruppo di lavoro non sia andato sempre nella stessa direzione?
Questo è solamente il mio terzo anno ad Agorà, ma posso dire che ogni volta che cambia conduttore, sia nell’edizione invernale che in quella estiva, c’è una parte di Agorà, quella legata al marchio e ad un certo metodo, che resta e c’è una parte nuova che deriva dalla conoscenza di chi arriva alla conduzione. È necessario, quindi, del tempo per allineare anche da un punto di vista emotivo queste differenze. In questo Roberto, che veniva da un’esperienza diversa, è stato bravo a mettersi in ascolto. Ora direi che siamo entrati in una fase diversa: con l’avvicinarsi delle Regionali, oltre che delle Europee, il passo è più deciso, in quanto siamo più rodati e si è creata maggior sintonia.
Portando lo sguardo al termine di questa stagione, dal giorno dopo la fine di Agorà dove ti vedi?
Forse è un po’ presto per rispondere a questa domanda. Ho delle certezze che riguardano la passione per il mio lavoro e per seguire la politica. I mesi che mi attendono da qui alla fine della stagione li vorrei utilizzare per ampliare le mie conoscenze. Sono consapevole di ciò che nel mio lavoro mi riesce, ma allo stesso tempo, essendo una persona molto autocritica, mi rendo conto dei tanti mattoncini che ancora devo aggiungere al mio percorso professionale.
Sara Mariani, dopo anni da inviata di Agorà, è passata alla conduzione di Agorà Weekend. Ti piacerebbe in futuro poter fare un percorso analogo al suo?
Sicuramente quanto è successo a Sara rappresenta una bella notizia per tutti noi che ci definiamo “giovani giornalisti”, anche se poi abbiamo ormai superato i trent’anni. Mi piace vedere che sia in Rai che su altri reti si investa su un ricambio generazionale. Per ora, però, è prematuro pensare di arrivare già alla conduzione.