Filumena Marturano: “Perdono, tenerezza, fragilità, dipendenza le parole chiave di una trasposizione che non vuole ideologie”
Le dichiarazioni di Vanessa Scalera e Massimiliano Gallo, protagonisti della Filumena Marturano diretta da Francesco Amato, in onda il 20 dicembre su Rai 1.
Una nuova versione tv di Filumena Marturano è pronta a debuttare martedì 20 dicembre alle 21,25 su Rai 1 come terzo capitolo della Collection del Teatro di Eduardo prodotta da Picomedia per Rai Fiction. A presentare questa trasposizione tv – che arriva a 12 anni da quella firmata da Massimo Ranieri sempre per Rai 1 di cui è stato protagonista con Mariangela Melato – ci hanno pensato il regista Francesco Amato e gli interpreti Vanessa Scalera e Massimiliano Gallo che hanno accettato la non facile sfida di vestire i panni di Filumena Marturano e Don Domenico Soriano. Sfida che – come vi anticipiamo nella nostra recensione – a nostro avviso è stata ampiamente vinta.
Al centro della trasposizione il grande lavoro di scrittura, adattamento, preparazione e interpretazione messo in atto dal cast tecnico, guidato dal piemontese Francesco Amato (aspetto quello della provenienza geografica che ha incuriosito soprattutto i ‘puristi’ dell’opera eduardiana, come se solo i partenopei avessero la sensibilità per cogliere l’universalità della scrittura e delle tematiche eduardiane) e composto in sceneggiatura anche da Massimo Gaudioso e Filippo Gili, mentre sul fronte artistico alla coppia di protagonisti va aggiunta quella composta da Nunzia Schiano e Marcello Romolo, magistrali nell’interpretazione di Rosalia e Alfredo.
Ovviamente l’attenzione è tutta rivolta alle modalità con le quali regista e protagonisti si sono approcciati a un testo non solo denso come quello di Filumena Marturano ma così consolidato nell’immaginario collettivo nelle trasposizioni dello stesso Eduardo.
“Ho ricevuto la proposta di lavorare su Filumena Marturano e ho accettato con piacere – esordisce senza esitazioni il regista Francesco Amato – Non ho avuto dubbi sul cast: così come anni fa mi sono affidato a Vanessa Scalera e Massimiliano Gallo per portare in tv Imma Tataranni, così mi sono rivolto a loro in questa occasione, di concerto con Picomedia e Rai. Sono due attori formidabili, oltre ad essere miei amici, il che ha reso la lavorazione molto facile”.
Dopo cinque anni di lavoro comune sui set tv, il terzetto ha creato un’alchima tangibile, nella serie tv così come nella trasposizione eduardiana, per la quale il regista dichiara di aver usato, insieme agli altri autori, l’adattamento cinematografico di De Filippo del 1951 come punto di riferimento:
“Lo abbiamo scelto proprio per ‘scorporare’ da questa versione l’impostazione teatrale e intercettare un linguaggio cinematografico capace di trovare degli elementi di contemporaneità in questa messa in scena. L’abbiamo trovato anche nell’idea di una dipendenza sentimentale tra Soriano e Filumena: i punti di partenza, dunque, sono stati il testo cinematografico di Eduardo e l’idea che tra Domenico e Filumena ci fosse una forte dipendenza”.
Nel disegno dei personaggi, però, si ritrova anche un tocco per certi versi inedito, come quello della tenerezza che emana da Filumena e Domenico:
“Abbiamo lavorato molto su quello e sul perdono: se inizi a perdonarti, come fa Filumena arrivata ormai a 48 anni e Domenico a 52, allora la tenerezza arriva di conseguenza. E’ il perdono che porta alla tenerezza. Filumena e Domenico perdonano soprattutto se stessi, riconoscendo i propri fallimenti. E soprattutto, alla fine, fanno tenerezza perché si guardano e di fatto si perdonano a vicenda”
dice Vanessa Scalera, cui fa eco Massimiliano Gallo:
“Volevamo rappresentare la fragilità di questi personaggi: lavorando sul testo di Eduardo, scavando in esso abbiamo trovato tanto da dire e soprattutto tanta fragilità, che si manifesta sia in quell’eterna giovinezza inseguita da Domenico che nell’attualità straordinaria del personaggio di Filumena”.
Un lavoro che si è ispirato al cinema, ma che affonda le sue radici nel teatro, come hanno ben spiegato i protagonisti.
“Abbiamo lavorato molto sugli aspetti teatrali: siamo stati a lungo in una stanza a provare le posizioni, con lo scotch sul pavimento, e siamo arrivati sul set sapendo esattamente come muoverci nello spazio. E poi io e Massimiliano veniamo dal teatro, Francesco dal cinema: un matrimonio perfetto”
ha spiegato la Scalera. Alcune specifiche le dà anche Amato:
“Ci siamo preparati parecchio prima di girare: l’ultima settimana prima delle riprese abbiamo fatto le prove in location con i costumi. Questo ci ha permesso di girare con la serenità di sapere cosa dovevamo fare ma anche di cogliere le emozioni nel momento stesso in cui accadevano. Ci ha dato anche la libertà di modificare le idee che avevamo avuto durante la preparazione delle scene: giusto per fare un esempio, abbiamo discusso a lungo sulla scena finale. In un primo momento avevo pensato che quella chiusura di Eduardo, con quel chiarimento con Filumena, quell'”Avevi ragione tu, Filume’… I figli so’ figli!”, fosse troppo retorica, troppo patetica. Massimiliano non era d’accordo e facendola mi sono reso conto che Eduardo aveva ragione: lo abbiamo fatto avvicinando anche fisicamente Filumena e Domenico. Va detto che abbiamo affrontato questo film con una prossimità di corpo che ovviamente nel film con Eduardo e Titina non era possibile”.
Proprio la scena finale è tra quelle che gli interpreti hanno amato girare, insieme a quel litigio ‘post-mortem’ di Filumena: un momento davvero intenso e ben riuscito nella messa in scena, anche grazie a un uso della macchina da presa che ha cercato di ricostruire, non senza difficoltà, un’epoca in una città che non dà molte possibilità per farlo open air. Lo spiega Amato:
“Ho preso a modello un certo cinema asiatico che ha la punta più alta in Wong Kar-wai, che si serve ad esempio di primi piani e di sfondi fatti anche di muri scrostati alle spalle… Fare film d’epoca richiede farsi delle domande sullo stile, soprattutto a Napoli, perché la città ha pochissime tracce degli anni ’50. E così ho cercato di trovare il paesaggio visivo nel primo piano dell’attore e nel muro alle sue spall, ho cercato la profondità con una molteplicità di quinte e con l’uso del riflesso. Se ci fate caso, il 50% delle immagini contengono degli specchi: questo anche per allargare il campo, là dove non è possibile magari espandersi troppo”.
Se la messa in scena ha sfruttato gli strumenti teatrali e lo sguardo cinematografico, l’interpretazione è stato l’altro ingrediente sostanziale per il funzionamento di questa opera. E di certo le attese del pubblico, il confronto con lo stesso Eduardo e con le grandi attrici che hanno interpretato il ruolo, oltre al testo stesso, hanno avuto un peso non di poco conto nella loro preparazione.
“È un ruolo straordinario, enorme – dice Vanessa Scalera – Una volta avuta la proposta, il primo sentimento è stata la paura, quindi è seguita la felicità. Francesco mi ha aiutata perché anche lui ha sentito una responsabilità enorme. Mi ha aiutato a dimenticare, per quanto possibile, le interpretazioni precedenti, soprattutto quella di Sophia. Spero di essere una Filumena possibile e non improbabile. La guida di Francesco è stata fondamentale: ci ha messo proprio l’anima… ha diretto in noi anche le virgole, come si fa a teatro. Anche le pause, così fondamentali nel teatro, sono state guidate perché la pausa è la regina del teatro. Soprattutto nei monologhi, come quello della Madonna delle Rose: io ad esempio credevo di dovermi mangiare il tempo e lui non me l’ha concesso mai”.
“Questo progetto lo abbiamo affrontato perché siamo noi tre: questo ci ha dato sicurezza. E quando siamo in scena io e Vanessa accordiamo gli strumenti: per noi è un piacere fare la nostra prestazione attoriale. In qualità di attori siamo chiamati a fare il nostro lavoro: l’importante farlo con dedizione e onestà intellettuale”
ha aggiunto Gallo. Sul lavoro complessivo di trasposizione e interpretazione, il regista ha puntualizzato alcuni elementi fondamentali.
“Abbiamo tenuto testa a questo testo e alle aspettative senza prenderci troppo sul serio. E riteniamo di aver fatto una cosa personale, scardinandoci dai predecessori. Credo che l’attualità di questo testo sia nella relazione di dipendenza tra i due protagonisti. E poi questo è un testo anomalo di Eduardo che solitamente attribuisce alla famiglia rancori ed esasperazioni: questo, invece, è un testo di amore rispetto alla famiglia che non so quanto sia attuale, ma per me lo è. È l’unico testo che avrei potuto fare, perché è un grande melodramma sempre attuale”.
A proposito di attualità, tutta la storia ruota intorno ai figli difesi da Filumena, prima che nascessero e nel corso della loro crescita: quanto c’è di ideologico nella scelta anti-abortista in questa versione? Su questo, Amato è molto netto: non c’è nessun intento ideologico di stampo anti-abortista. Anzi, è stato l’unico punto discusso e guardato con particolare attenzione al montaggio:
“Sulla questione dell’aborto, ci siamo fatti delle domande soprattutto quando il film era montato. Io non ho vissuto Filumena come una proto-femminista né mi sono fatto domande ideologiche sulla questione dell’aborto. Poi mi sono reso conto che questo film poteva essere letto con un messaggio: il nostro non è un messaggio antiabortista e ho cercato di montare il film perché la scelta di Filumena non fosse una scelta ideologica ma umana, personale, di quel periodo”.
E speriamo che nessuno strumentalizzi Filumena. Ed Eduardo.