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Fiction e realtà: un passo indietro?

Con questo suo primo post, esordisce come redattore di TvBlog, Paolino, che si è distinto per un paio di post nel recente TvBlogger per l’estate. A lui va il benvenuto di tutta la redazione e, spero, di tutti voi lettori. Sarà per mancanza di creatività, sarà per avvicinare di più il telespettatore, ma da qualche

17 Settembre 2007 22:51

Con questo suo primo post, esordisce come redattore di TvBlog, Paolino, che si è distinto per un paio di post nel recente TvBlogger per l’estate. A lui va il benvenuto di tutta la redazione e, spero, di tutti voi lettori.

Sarà per mancanza di creatività, sarà per avvicinare di più il telespettatore, ma da qualche anno a questa parte le fiction prendono sempre più spunto da eventi realmente accaduti. Una scelta che ha portato molto successo sia in Rai (“L’uomo sbagliato”) che in Mediaset (il recente “Generale Dalla Chiesa” ) e che pare prendere sopravvento anche nella lunga serialità.
A questo proposito, ormai da anni “Distretto di Polizia” (e il suo produttore, Pietro Valsecchi) ammette di avere come punto di forza l’ispirazione, per le proprie vicende, di storie pubblicate dai quotidiani, storie che coinvolgono gente comune ed a volte anche il cast fisso. Tutto questo è utile a far identificare ancora di più il telespettatore con i personaggi rappresentati nel Decimo Tuscolano, e quindi a farlo appassionare di più alle loro vicissitudini (missione riuscita anche quest’anno, se osserviamo i dati Auditel delle prime puntate). Nulla di sbagliato, quindi, se si rende più realistica una storia inventata .

Capita così che, nell’episodio trasmesso giovedì 6 settembre intitolato “L’innocente”, il primo con protagonista Massimo Dapporto,viene raccontata una storia terribilmente simile a un fatto di cronaca degli ultimi anni, di cui ancora oggi i tg riportano gli sviluppi.
La storia era quella di un bambino di tre anni, rapito al supermercato. La madre, corsa al Distretto, chiede aiuto, ed avverte il Commissario Fontana che il piccolo è affetto da una grave forma di asma. Le ricerche, però, falliscono, e il corpo del bimbo viene ritrovato in un bagagliaio. A fine episodio, si scopre non solo che il piccolo è morto subito dopo il rapimento, ma che tra gli organizzatori del rapimento c’è anche il fidato autista del padre.
La trama mi ha subito ricordato la terribile vicenda del rapimento del piccolo Tommaso Onofri di Parma, avvenuta l’anno scorso e di cui si è parlato anche in questi giorni per la probabile presenza del fratellino di Tommy in aula.

Ora, capisco il voler avvicinare il pubblico con fatti di cronaca presi dai giornali, ma era necessario ispirarsi (se così è stato) ad un fatto di cronaca così recente e soprattutto così sentito dall’intera popolazione?
Ed anche se fosse stata una semplice coincidenza, possibile che nessuno si sia reso conto delle analogie e non abbia proposto una sceneggiatura alternativa?
Forse di fronte a certi episodi, sarebbe meglio lasciar passare la voglia di trasporli in tv, concedendo maggiore spazio al giusto dolore e al silenzio. Se la televisione, con la scusa di voler raccontare, sfrutta gli eventi, anche quelli più tristi, a favore del dio share, allora finiremo in un pericolo circolo, in cui non ci renderemo più conto di quello che è vero o di quello che è inventato.
Per non parlare dei protagonisti delle vicende, elevati a personaggi e inseguiti da tutte le trasmissioni di approfondimento, pur di mantenere vivo il circo mediatico (non reggono le motivazioni di Corona a Garlasco, a riguardo). Un passo indietro, forse servirebbe quello, e un po’ più di attenzione verso quello che si racconta, se non si vuole che la “fame di notizie” diventi “fame di rappresentazione”.

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