Non avrai altro Sanremo al di fuori dell’Ariston
La forza di Sanremo è quella di non essere mai stato uno show da stadio. La logica da Eurovision o da finalissima da X Factor non è mai appartenuta al Festival
Fuga dall’Ariston. Potrebbe essere il titolo di un film. E’ in realtà la speranza di tanti, che ogni anno tornano ad ipotizzare (ed invocare) l’addio del Festival dallo storico teatro.
Capienza di appena 1900 posti, palco minuscolo e scenografia condizionata. I motivi per fare le valigie ci sarebbero tutti, magari nella speranza di approdare in una struttura più ampia, funzionale, moderna.
Tuttavia, la vera forza di Sanremo è da sempre quella di non essere uno show da stadio. E’ una manifestazione che vive di paradossi: decine di milioni di spettatori sintonizzati davanti alla tv e pochissimi fortunati seduti sulle poltroncine rosse. La magia è tutta lì. In una sala da cinema che da casa sembra immensa, ma che dal vivo stupisce per le sue dimensioni ristrette. Salvo poi generare sudori freddi quando arriva il momento dell’esibizione.
La cornice fisica di Sanremo è sempre stata ridotta, fin dal suo concepimento. Nel 1951 tutto partì dal Casinò Municipale, col pubblico impegnato a cenare mentre gli artisti cantavano. D’altronde, la kermesse non fu pensata come ‘grande evento’. L’obiettivo originario, infatti, era banalmente quello di incrementare l’afflusso turistico in città nei mesi di bassa stagione.
Il passaggio all’Ariston arrivò nel 1977 e già lì parve un salto di qualità. Nel decennio più buio per Sanremo, non fu troppo complicato mettere in atto l’operazione, accolta semmai come un segnale di rinnovamento in un’epoca in cui gli italiani avevano voltato le spalle al Festival.
Due sole location in 73 edizioni. Anzi tre. Sì perché nel 1990, in occasione del quarantesimo anniversario, il carrozzone si spostò eccezionalmente ad Arma di Taggia, a sette chilometri dal centro di Sanremo. Un appuntamento tecnicamente ‘in trasferta’, a causa dei lavori di ristrutturazione in corso all’Ariston, messo in piedi in un gigantesco impianto capace di ospitare fino a 3500 persone e con un palcoscenico di 700 metri quadrati. Numeri imponenti, che però andarono a braccetto con la freddezza che si portò dietro quel Festival, affatto sanremese, non solo in campo geografico.
Insomma, Sanremo è soprattutto identità. Vive di punti fermi e abitudinarietà, dell’idea del cinema di paese che diventa il set per antonomasia. La logica da Eurovision o da finalissima da X Factor non è mai appartenuta al Festival. Quella è altra roba. Sanremo è Sanremo.